Cpr di Gradisca, dalle Völkerwanderungen alla Trieste Cosmopolita

Cpr di Gradisca, dalle Völkerwanderungen alla Trieste Cosmopolita

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Cpr di Gradisca, dalle Völkerwanderungen alla Trieste Cosmopolita

Di Ferruccio Tassin • Pubblicato il 09 Nov 2022
Copertina per Cpr di Gradisca, dalle Völkerwanderungen alla Trieste Cosmopolita

Ferruccio Tassin riflette sulla recente emergenza profughi a Gradisca d'Isonzo con un viaggio nella storia del territorio.

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CPR di Gradisca?
Centro di Permanenza per i Rimpatri aria da campo di concentramento; basta guardarlo; tale perfino se gli ospiti fossero mantenuti a cappone e champagne.
Per la vista, le idee, evaporazione di una cultura plurisecolare, bomba sulla “civiltà” dell’Occidente.
Senza andare a Roma mediatrice, alle Völkerwanderungen altomedievali (da noi, le più crude “invasioni barbariche”); senza riferirsi ad Aquileia (sintesi tra Oriente e Occidente, Settentrione e Mezzogiorno), romana, patriarcale, col pensiero al patriarca Paolino, dell’Ubi Charitas et amor ibi Deus est…

Su su, la considerazione della Toleranzpatent, l’esistenza di una Trieste cosmopolita - emporio del “mare nostro” ed a più vasto raggio - fanno pensare, pur senza considerare preesistenze in campi diversi, alla voce mediterranea, al mecenatismo dei triestini, ai conti Cassis Faraone…e poi all’Est, dalle assicurazioni ai grandi lavori, con storia così ampia da trattenere il fiato.
CPR, sigla orribile, nell’asettico non voler definire, evoca i campi di concentramento per gli Jugoslavi della seconda guerra mondiale, frantuma la cultura dell’accoglienza da Nord a Sud, da Est a Ovest, con mentalità da pogrom; scava voragini che tempo e uomini di buona volontà potranno riempire, solo ricominciando, come una tela di Penelope.
A Gorizia, Gradisca, Cormons, presenze ebraiche, legante europeo e mediterraneo; il conte Enrico Calice, di San Pietro di Gorizia, traduttore dalle grandi lingue a quella friulana, ambasciatore a Costantinopoli… Dimenticato persino l’avvenire, e una colpevole sfiducia verso i giovani.
La nostra terra: grandi idee, incontri di popoli, e quelli che si inferociscono quando il pensiero arriva da cento chilometri più in là.
Il ponte è l’immagine, ma le pietre per edificarlo sono scagliate, invece che intrecciate a costruire.
Si uccide la speranza, il concetto delle relazioni internazionali, nella accezione letteraria e scientifica; si schiaffeggia l’interculturalità; la sociologia viene coartata, compressa alla parte teorica; la parola “laboratorio” riservata alla marginalità o allo spettacolo.

Libri per parlare di Giovanni Paolo II, qui nella nostra regione; “dialogo”, storia di popoli insieme…sparsi come il formaggio sulla pasta.
E poi, quelli NO! CLANDESTINI!
Indietro; non rispettano le regole; saranno espulsi.
Precisa identità di vedute tra chi va a sorridere al Papa, chi esibisce rosari e chi fa sparare a Ceuta e Melilla, perché capiscano che devono tornare indietro, che l’Europa ha delle regole.
Torneranno, a migliaia; torneranno; e la cultura dei nostri giovani non sarà valorizzata per risolvere i problemi.
“Se non li accogliamo per amore, ci assedieranno”, profetiche parole del Presidente della Caritas italiana mons. Nervo, pronunciate più di quarant’anni fa!
Università che laureano giovani devono prepararli a comprendere e agire…costruire popoli nuovi, rispettando e mantenendo identità, altrimenti l’incontro tra Giovanni Paolo II e il fisico pachistano, figlio dell’Islam, Abdus Salam, a Trieste, resterà nelle foto, belle da commuovere, così come quelle di Papa Francesco nei Paesi del Golfo; a Gradisca, il CPR: in tre lettere nasconde parole capaci di stuprare la verità.
E loro torneranno, assediando, soprattutto, le nostre coscienze… 

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