la presentazione
Così hanno convissuto gli Ebrei italiani e sloveni, una mostra lo racconta in Sinagoga a Gorizia
Il volume sarà presentato il 18 dicembre alle 18 in Casa Ascoli. A moderare l’incontro sarà il docente universitario Marco Grusovin insieme agli autori Lorenzo Drascek e Renato Podbersič
Non sono trascorsi che pochi giorni, dall’inizio dell'Hanukkah – o Chanukkah, tradizionale festa della riconsacrazione - durante la quale in ogni casa ebraica vengono accese le luci per perpetuare il ricordo del miracolo dell’olio e celebrare la vittoria della fede. Mentre nel tepore dell’estate australiana la comunità ebraica è stata duramente colpita da un attacco terroristico, quella in Italia sottolinea segni di intolleranza sempre più diffusi. È contro l’antisemitismo strisciante che ancora una volta Gorizia compie un passo avanti, rafforzando il legame fra le minoranze linguistiche o religiose attraverso la pubblicazione di un volumetto che mira ad approfondire le storie del territorio. Si tratta del libro bilingue “Breve storia degli ebrei a Gorizia/Kratka zgodovina judovstva na Goriškem” che verrà presentato alle 18 di domani – 18 dicembre – in Casa Ascoli e pubblicato in collaborazione con la Società Filologica Friulana.
«Questo è il progetto del Bid Book – spiega il presidente dell’associazione Amici di Israele Lorenzo Drascek – pianificato in occasione della Capitale europea 2025». È dunque nel solco del Bid Book che s’innesta il programma “Gerusalemme sull’Isonzo”, abbracciando le due comunità contigue ebraica italiana e d’oltreconfine per unire nelle diversità culturali. «Il progetto – prosegue - prevede la connessione tra i due poli museali della sinagoga di Gorizia con il suo Ghetto e il cimitero ebraico di Valdirose». Due luoghi unici sul territorio in grado di esprimere la perfetta sintesi fra comunità che coesistono da secoli insieme. A partire dalla Sinagoga, eretta nel 1756 nel cuore del centro storico e orientata verso Gerusalemme, organizzata su due piani per ospitare il culto e lo spazio museale. Cinque ampie finestre quanti sono i libri della Torah illuminano il matroneo e l’armadio del sacro (ha-kòdesh) che un tempo custodiva i rotoli della Torah, letta sul podio rialzato chiuso da una cupola lignea. «Durante l’intero anno – aggiunge – abbiamo offerto visite guidate bilingue ogni prima domenica del mese».
A coronare l’esperienza transfrontaliera sarà quindi la guida presentata dal professor Marco Grusovin - docente di Dinamiche interreligiose dell’università di Udine – insieme agli autori Drascek e Renato Podbersič. Un testo pubblicato e progettato da Kofein Design di Lubiana, accattivante ma anche ricco di immagini e aneddoti, strutturato «con taglio storico». Oltre ad approfondire la storia della sinagoga, il libro spiega le origini del cimitero di Valdirose aggiungendo curiosità sull’alimentazione “kashèr”. «La guida non rappresenta un percorso – specifica – in quanto a disposizione c’è già il portale di Let’s Go Gorizia con i diversi percorsi, oltre a quello di PromoTurismo FVG e del Museo Ebraico di Trieste». L’intento è quindi fornire un approfondimento in chiave storico-culinario della comunità ormai ridotta di numero. In cui spicca da un lato la sinagoga con il suo edificio oggi «isolato dal contesto», come rimarcano gli autori. Dall’altra il cimitero ebraico di Rožna Dolina, dove ancora riposano più di 900 ebrei. Se fino agli anni Settanta lo storico edificio che sorge su via Ascoli era cinto dalle case in una sorta d’abbraccio, l’attuale corte venne realizzata abbattendo una casa, con il portale caratteristico del 1894 eretto su progetto dell’ingegner Emilio Luzzatto. A essere inghiottite dal tempo sono state la casa del rabbino, la struttura del bagno rituale e quella del forno in cui venivano cotte le azzime, il pane semplice fatto di sola farina e acqua senza lievito né sale.
Nonostante sia da tempo scomparso anche il macellaio rituale (shochèt), la sinagoga è ancora attiva e ogni anno la comunità ebraica di Trieste si riunisce «con i pochi ebrei goriziani rimasti per festeggiare in dicembre, con una cerimonia aperta a tutta la cittadinanza, la Festa delle luci (Hannukàh)». Una celebrazione che si protrae per otto giorni e otto notti, durante la quale i fedeli collocano lumi accesi accanto alle finestre, per evidenziare la sacralità della vita del prossimo e i suoi ideali. Di origini ancora più antiche è il cimitero, la cui stele più vetusta sopravvissuta ai secoli risale al 1652. «Il cimitero ebraico di Valdirose – si legge nel paragrafo – è un monumento unico del patrimonio culturale ebraico in Slovenia». Pare che dovesse essere cancellato per consentire un nuovo collegamento stradale, ma lo scempio venne evitato e «oggi è uno dei cimiteri ebraici meglio conservati di tutta l’Europa centrale». Otto capitoli di 65 pagine in formato A5 tascabile, che affronta l’arrivo degli ebrei a conclusione del Milleduecento fino agli anni Sessanta: «Dalla prima presenza ebraica – precisa – si arriva alla Shoah e al periodo successivo, quando la comunità venne chiusa e aggregata a quella di Trieste».
A impreziosire la pubblicazione spicca la parte più folcloristica del “kasherùt”, una serie di normative e pratiche alimentari che indicano le modalità di preparazione degli alimenti. «Cosa si cucinava – domanda retoricamente – a Gorizia? L’intenzione è fornire anche uno spunto culinario-enologico». Dove il “mangiare alla giudìa” prevede esclusivamente il consumo di «animali dal piede fesso (con lo zoccolo diviso in due) e ruminanti macellati secondo la “shechitàh”». Libertà di consumo anche nel caso d pesci con pinne e squame o volatili, eccetto i rapaci notturni. Una tradizione che riecheggia nei ricordi di chi ha deciso di restare nel capoluogo isontino, dove le oche – considerate «il maiale degli ebrei» - starnazzavano nei cortili del Ghetto o lungo gli orti che costeggiavano il torrente Corno. «Ancora oggi – si legge a pagina 30 – petto e prosciutto d’oca, secondo la ricetta dell’ultimo shochet, vengono preparati sotto il controllo del rabbino di Trieste», festeggiando alla fine dell’Hannukàh con dolci fritti e un buon bicchiere di vino, per brindare alla vita.
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