Cisint porta il suo libro Ora Basta a Gorizia, «un Paese senza radici muore»

Cisint porta il suo libro Ora Basta a Gorizia, «un Paese senza radici muore»

Al Caffè Centrale

Cisint porta il suo libro Ora Basta a Gorizia, «un Paese senza radici muore»

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 24 Apr 2024
Copertina per Cisint porta il suo libro Ora Basta a Gorizia, «un Paese senza radici muore»

Ieri sera, l'esponente leghista ha presentato il suo volume al Caffè Teatro. L'uso degli spazi dell'oratorio San Michele ai musulmani «non apprezzato da tanti monfalconesi».

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Dopo averlo fatto nella città che amministra, Anna Cisint ha presentato il suo libro “Ora Basta. Immigrazione, islamizzazione, sottomissione” a Gorizia. L’incontro ha avuto luogo ieri sera alle 18.30 al Caffè Teatro di Corso Italia. Ad introdurre e moderare la presentazione è stato l’assessore Patrizia Artico. Il volume è edito da Signs Books, contine la prefazione del segretario nazionale della Lega Matteo Salvini ed è strutturato sotto forma di intervista alla candidata della Lega alle elezioni europee, curata dal giornalista Lucio Gregoretti.

Nel testo, il sindaco bisiaco pone l’attenzione su cosa e quanto si conosce dei fenomeni citati nel titolo, si chiede in che misura si sia al corrente di alcune basi finanziarie definite “sotterranee” legate ai fenomeni migratori, definisce Monfalcone «paradigma» di un intero Paese che soffre delle stesse questioni che lei pone al centro dell’opinione pubblica. Cisint parla di pericolo integralista con una conseguente emergenza nazionale. Non tace sui casi di violenza che riguardano le ragazze minorenni bengalesi, sul lavoro irregolare e sul tema dei ricongiungimenti familiari. All’incontro di ieri erano presenti una cinquantina di persone e non è mancato il sostegno dei colleghi di partito goriziani.

Partendo con un’introduzione sul lavoro in Cantiere che ha contribuito a tracciare l’evoluzione sociale della città di Monfalcone, Cisint ha parlato della «delocalizzazione al contrario» partita nel 2005, un fenomeno caratterizzato dall’importazione della manodopera. «Ha causato un dumping giuridico e salariale. Questa situazione si è riverberata sulla sostenibilità sociale che è stata superata». Per Cisint si è andati dunque oltre il “limite di guardia”. In città la presenza di comunità straniere ha raggiunto il 31%. «Il comportamento delle comunità musulmane – afferma la candidata – ha assunto un atteggiamento di contrasto con l’istituzione comunale».

Poi, i riferimenti alle classi delle scuole primarie con la maggioranza di studenti non italofoni, ai «tanti tentativi di dialogo falliti» con la comunità bengalese, al welfare «dirottato per il 95% sugli stranieri». «Non è mai corrisposto veramente il sentimento di appartenenza alla città – specifica Cisint – questa è dissimulazione». Sulla condizione delle donne, «è intollerabile vederle camminare dietro all’uomo». «Le situazioni che ho riscontrato personalmente sono inaccettabili – continua l’esponente leghista – ho incontrato delle ragazze minorenni accolte e protette in alcune comunità. In età adolescenziale sono state portate improvvisamente in Bangladesh. Loro non capivano cosa stesse succedendo».

Il riferimento è andato quindi ai matrimoni combinati e ai passaggi dalla tutela del papà alla tutela del marito scelto. «Queste ragazze sono state protette grazie all’intervento delle loro insegnanti di scuola che si erano accorte che più di qualcosa non andava per il verso giusto». Salvate da una vita di schiavitù, queste donne non vogliono tornare dalle loro famiglie e tante altre «vorrebbero andar via da casa perché alcuni fratelli maschi sono peggio dei padri». Scoppiato il caso, il padre di una delle vittime di queste forzature, stupri e violenze, ha lasciato l’Italia per la vergogna che ha provato nei confronti della sua stessa comunità.

Non è mancata una sollecitazione per la modifica della legge sui «ricongiungimenti facili». «Un Paese senza radici muore – ancora Cisint – esse sono un valore, sono importanti e rappresentano il senso di appartenenza». L’Occidente “si sta suicidando”? Per la candidata leghista, la risposta è sì perché «se i passi indietro continuano, si va verso il suicidio della nostra civiltà». Su quelle che Artico ha definito «possibili strade per forme d’incontro con la comunità bengalese» i margini di apertura sono risultati molto ristretti e hanno subito riportato l’attenzione sul subappalto eccessivo che per Cisint è chiaramente «una questione economica per le aziende, ma in realtà il lavoro c’è per tutti». Anche la mancata parificazione contributiva e la piaga della “paga globale” sono stati oggetto di critiche della candidata che ha riferito della «perdita di valore del lavoro».

E sul tema dei centri di preghiera islamici: «Sono stata minacciata di morte perché ho contestato la teocrazia. Quella sulle moschee è ormai una missione per me, una questione di giustizia». In merito al gesto di apertura del parroco di Sant’Ambrogio, don Flavio Zanetti, che ha accolto all’Oratorio San Michele una parte della comunità bengalese per permetterle di consumare l’Iftar - cioè l’unico pasto concesso nel periodo di Ramadan – Cisint l’ha definito «non apprezzato da tanti monfalconesi, il parroco lo sa, l’ho detto con franchezza».

Nel mirino dell’autrice ci sono infine anche i finanziamenti agli Imam provenienti da Marocco, Arabia Saudita e Regno Unito, la loro formazione e l’aumento dell’integralismo perché «per loro, la legge coranica prevale su quella italiana ma secondo me se in sei mesi non impari l’italiano, ritorni a casa tua». Intanto, proprio su questo ultimo tema, è atteso – nelle prossime ore – l’esito dell’udienza del Consiglio di Stato tenutasi ieri a Roma, sull’istanza della nomina di un commissario ad acta per l’individuazione delle sedi di preghiera alternative. La richiesta era stata avanzata dal legale dei due centri islamici cittadini.

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