Parco Basaglia richiama 1600 visitatori a Gorizia, tour con le Giornate Fai

Parco Basaglia richiama 1600 visitatori a Gorizia, tour con le Giornate Fai

la due giorni

Parco Basaglia richiama 1600 visitatori a Gorizia, tour con le Giornate Fai

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 25 Mar 2024
Copertina per Parco Basaglia richiama 1600 visitatori a Gorizia, tour con le Giornate Fai

Impegnati tra sabato e domenica una decina di narratori del Fai e circa 40 ciceroni delle scuole, tanti i visitatori per riscoprire la storia di Basaglia.

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Sono stati circa 1.600 i visitatori del Parco Basaglia di Gorizia – sede dell’ex Ospedale psichiatrico provinciale – durante le Giornate Fai di Primavera di sabato 23 e domenica 24 marzo, confermandosi come l’apertura con l’afflusso maggiore di tutto il Friuli Venezia Giulia. Di questi, più di mille solo nella giornata di ieri. Commenta questi dati Lucia Pahor, vicecapo della delegazione del Fondo ambiente italiano (Fai): «Certamente ha aiutato il bel tempo: domenica abbiamo dovuto chiudere tutte le file intorno alle 16.30, perché avevamo già tutti i ciceroni occupati».

Una squadra, quella composta da una decina di narratori del Fai e dai circa 40 ciceroni inviati dalle scuole dell’Isontino, piuttosto numerosa e fondamentale per l’accoglienza di così tante persone. «Il nostro obiettivo – spiega sempre Pahor – è riuscire a restituire alla città un luogo che forse non è ancora sufficientemente conosciuto, né frequentato. Eppure, qui si può venire non solo per farsi una passeggiata, ma anche per vedere cose interessanti. Al Centro di salute mentale (Csm) sono spesso allestite delle mostre, a dimostrazione del fatto che il progetto per la sua “rigenerazione urbana” può trovare nuovo impulso».

La soddisfazione per il lavoro svolto in questa due giorni è comunque evidente: «Il nostro piccolo l’abbiamo fatto e siamo molto contenti anche dei ragazzi venuti a fare da cicerone insieme ai nostri volontari». Nell’iniziativa, infatti, sono stati coinvolti studenti delle scuole superiori dell’indirizzo turistico del Pertini di Monfalcone, dell’istituto Brignoli-Einaudi-Marconi e del Polo tecnico di lingua slovena Cankar-Vega-Zois. Questi ultimi, in particolare, hanno contribuito alla realizzazione di visite in lingua slovena.

Ai visitatori, provenienti anche da fuori regione, è stata offerta una panoramica storica delle trasformazioni architettoniche avvenute all'interno del Parco, cominciando dalla fondazione del manicomio “Franz Joseph I” dell'Impero austro-ungarico fino alla sua evoluzione nell'attuale Parco Basaglia. In particolare, i ciceroni si sono soffermati sul significativo lavoro di restauro del padiglione H, ora sede del Csm, esempio tangibile di come la memoria storica si fonda con l'aspetto terapeutico, creando un ambiente unico e significativo.

Il Parco
Le visite sono state curate dall'architetta Martina Di Prisco e da altri narratori, tra cui Franco Perazza. Quest’ultimo, in particolare, ha potuto condividere anche la propria testimonianza diretta sulle attività che si svolgevano all’interno della struttura, avendoci lavorato dal 1978 fino alla pensione, nel 2016, prima come psicologo, poi come direttore del Csm e, infine, dell’intero dipartimento.

«Ci tengo a ringraziare il Fai – ha sottolineato Perazza – per avermi aiutato in questa operazione di sollecitazione per uno sguardo più attento nei confronti di questo luogo e di questa storia». La speranza dell’ex dirigente è che un’affluenza così numerosa indichi che «chi deve fare cominci, in qualche maniera, a valorizzare propriamente il parco Basaglia».

Spiega infatti Perazza che «le tre palazzine più belle dell’area – la Direzione, dove lavorava Franco Basaglia, il reparto “Agitate”, che ancora conserva le stanze di contenzione, e l'ex padiglione del lavoro, cioè l'unico, l'unico edificio rimasto intatto dopo il bombardamento del 1916 – nonostante siano tre perle di un valore architettonico e storico importantissimo non possono essere visitate, perché abbandonate nell’incuria». Proprio il cedimento del tetto di queste, ne ha impedito la visita all’interno.

Il recupero
Eppure, un piano di recupero dell’area c’è. Aggiunge sempre Perazza: «Dal 2017 si attende l’attuazione di un protocollo firmato dalla Regione con l’Asugi e affidato all’Erpac. Tutti dicono che lo faranno, i fondi ci sono, ma il tempo continua a passare senza che si intervenga. È una situazione drammatica che amareggia proprio perché un luogo splendido. Per giunta, richieste in tal senso mi arrivano anche da cittadini sloveni». Forse non è molto noto, infatti, che tra gli ospiti dell’Ospedale psichiatrico, negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, vi erano anche goriziani residenti nella parte della Valle del Vipacco poi passata alla Jugoslavia.

«Tra i visitatori di questo finesettimana – afferma lo psicologo – in molti si sono commossi, perché avevano avuto familiari ricoverati in questa e altre strutture simili. E ce lo hanno raccontato senza avere più quella vergogna che affliggeva una volta le famiglie di persone con disturbi mentali». Muri mentali che, nel caso goriziano, forse unico al mondo, hanno coinciso anche con i muri del confine di Stato che durante la Guerra fredda ha drammaticamente diviso il blocco occidentale dal blocco socialista.

«Un lato del comprensorio fa oggi da confine con la Slovenia. C'è in questo momento una rete che verrà a breve tolta perché non ha più senso». Ricorda, infatti, Perazza il progetto di realizzazione di una pista ciclabile al suo posto che collegherà direttamente la Slovenia con la rete di ciclabili che porta fino a Grado: «Sarà una ciclabile molto trafficata e le persone sicuramente avranno interesse a venire a vedere questo luogo, a conoscere questa storia che è unica in Europa e nel mondo. Dovremmo esserne orgogliosi, perché dimostra che l’area ha un valore, oltre che storico e ambientale anche commerciale».

Foto Tibaldi

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