Chiara, giovane di Gorizia rimasta in Israele: «Qui posso dare una mano»

Chiara, giovane di Gorizia rimasta in Israele: «Qui posso dare una mano»

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Chiara, giovane di Gorizia rimasta in Israele: «Qui posso dare una mano»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 27 Ott 2023
Copertina per Chiara, giovane di Gorizia rimasta in Israele: «Qui posso dare una mano»

La ragazza si trova ad Haifa per il dottorato in biologia marina, il suo fidanzato combatte al fronte. Il racconto di queste settimane di conflitto.

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“Ognuna delle parti in causa ha molte ragioni ma anche tanti torti. Non si può sollevare solo una bandiera”. Quando pronuncia queste frasi, Chiara Conti è collegata in videochiamata da Haifa, in Israele, la città che l’ha accolta da quattro anni. Il riferimento, ovviamente, è al conflitto che da settimane è tornato a infuocare il Medio Oriente, contrapponendo Gerusalemme con Hamas. Uno scenario che non si sarebbe mai immaginata di vedere così da vicino, nella sua Gorizia da cui è partita per studiare biologia marina.

Conti è arrivata sulle sponde del Mediterraneo per completare il suo dottorato, decidendo però di rimettere. “Ho trovato una comunità incredibile e accogliente - racconta -, composta da persone di diversa provenienza. Ho imparato anche la lingua, sono diventata un po’ israeliana, e non intendo in senso politico”. Con questa premessa, le sue parole su quanto stanno vivendo attualmente milioni di persone si fanno ancora più pesanti, delineando un perimetro della ragione dove la terzietà di uno straniero fa inevitabilmente i conti con i sentimenti della comunità.

Pur non abbandonando la necessità di un bilanciamento, la giovane classe 1996 non nasconde di essere diventata ormai parte integrante di quella comunità. “Adesso che le attività accademiche si sono un po’ fermate, aiuto a raccogliere aiuti per i soldati al fronte. C’è stata un grande risposta dalle persone, un forte senso di solidarietà verso quei giovani che sono stati mandati al fronte”. Tra loro, c’è anche il suo fidanzato, e la chiamata alle armi riguarda tantissimi ragazzi vista la legislazione dello Stato in materia di riservisti.

L’aria che si respira, comunque, è pesante sia tra gli israeliani che tra i palestinesi: “L’altro giorno, una mia vicina di casa mi ha detto che non prova alcuna pietà per i bambini uccisi a Gaza. Dall’altra parte, una ragazza che conosco e che vive a Hebron (in Cisgiordania, ndr) mi ha scritto che gli ebrei se ne devono andare dalle terre che hanno occupato”. Una polveriera pronta ad esplodere anche negli animi delle persone, mentre le immagini mostrano ogni giorno i bombardamenti che stanno radendo al suolo case e palazzi a Gaza.

Ci sono manifestazioni per chiedere uno stop ai bombardamenti? “C’è qualche protesta in questo senso, ma bisogna tenere conto che diversi edifici vengono distrutti da razzi che Hamas sbaglia di lanciare. Loro, poi, sparano da siti posti vicino a scuole e ospedali, per questo poi la risposta israeliana colpisce questi luoghi. Quando poi le autorità israeliane dicono ai civili di allontanarsi dalle aree che verranno colpite, sono i componenti di Hamas a impedire alle persone di andarsene”. Un razzo dalla Striscia, peraltro, ha raggiunto anche una zona poco distante da Haifa.

Una notizia che getta ancora più apprensione tra chi abita nel Paese della stella di David. Parte della colpa di quanto sta accadendo oggi, Conti la imputa anche allo stesso presidente Benjamin Netanyahu: “È un criminale, sta utilizzando la guerra come occasione per dimostrarsi un leader forte, mostrando i muscoli. Paradossalmente, Hamas è riuscita a ricompattare gli israeliani molto più di quanto non stia facendo il governo”. Nel frattempo, la paura si taglia con il coltello, con le sirene che suonano nelle città per possibili, imminenti attacchi missilistici.

“La prima volta che l’ho sentita suonare ero in università e ci siamo rifugiati nei bunker. Mi sembrava di rivivere i ricordi della Seconda guerra mondiale di mia nonna”. Scene che ormai, in Occidente, sembravano essere pensabili solo in un film. Mentre infuria il conflitto, c’è mai il pensiero di tornare a casa? “Ho avuto la possibilità di farlo, la Farnesina mi aveva contattato prima del conflitto perché ci sarebbe stato un volo l’indomani. Ma qui ho la mia vita ormai, posso dare una mano anziché stare a casa dove non avrei potuto fare nulla per gli altri. La paura comunque c'è, è inevitabile”.

Su quanto invece arriva in Italia sulla guerra, la ragazza rileva una pendenza verso la Palestina: “Anche in Israele ci sono bambini morti. Questo conflitto si combatte molto con i media, bisogna capire cos’è reale e cosa no, da una parte e dall’altra”. Ciò che appare reale è che Gerusalemme ordinerà alle proprie truppe di entrare a Gaza, anche se nessuno sa quando: “Ho alcuni amici nell’esercito e anti-terrorismo che si stanno addestrando a combattere nei tunnel di Hamas e, se entreranno lì, sanno che non torneranno indietro”.

Nella foto: Chiara Conti sul confine tra Israele e Cisgiordania posto sul fiume Giordano. Si ringrazia Alessandro Mamolo per la collaborazione.

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