Cento anni di Saksida a Gorizia, l'amico Vetrih: «Vi racconto la sua arte»

Cento anni di Saksida a Gorizia, l'amico Vetrih: «Vi racconto la sua arte»

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Cento anni di Saksida a Gorizia, l'amico Vetrih: «Vi racconto la sua arte»

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 23 Nov 2023
Copertina per Cento anni di Saksida a Gorizia, l'amico Vetrih: «Vi racconto la sua arte»

Venerdì si apre la mostra dedicata al grande artista, il ricordo del curatore Joško Vetrih: «Lo conobbi alla fine degli anni Settanta».

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Un gigante della pittura, Rudolf Saksida. Con i suoi paesaggi, gli animali fantastici e le vedute aeree della guerra che ha attraversato - comminando a piedi da Napoli fino a Gorizia, dove nacque un secolo fa – Saksida s’innalza come uno dei più grandi interpreti della storia dell’arte transfrontaliera. Sarà inaugurata nella serata di venerdì – presso il Kulturni dom di via Brass a Gorizia, - la mostra dedicata al “pittore cantastorie” scomparso nel 1984 nella stessa città che gli ha dato i natali.

L’evento verrà alla luce in occasione del 42esimo anniversario del teatro. “La mostra è stata ideata per il centenario della nascita di Saksida” – spiega il curatore della mostra Joško Vetrih. “Non è una grande mostra, è stata allestita sulla scorta dei quadri dei suoi familiari, più altri cinque o sei della KB Delniška Družba”. La società finanziaria gestisce la propria attività fra Slovenia e Italia, e possiede una propria raccolta di quadri, stimati fra i quattrocento e i cinquecento.

“I familiari hanno più di cento opere, fra la figlia Laila e il figlio Andrea. Ho dovuto scegliere solo alcune”, aggiunge con rammarico Vetrih. Il quale racconta l’incontro con Saksida e gli anni a Gorizia. “L’ho conosciuto alla fine degli anni Settanta, quando ero critico d’arte presso la galleria ‘Il torchio’, che stava vicino alla biblioteca”. Da Franco Dugo, a Giorgio Valvassori e Mario Di Iorio, gran parte dei pittori goriziani ha visto i propri esordi là. Oggi quella galleria non esiste più, ma Vetrih gli ha dedicato un libro – “La memoria del torchio” – scritto insieme a Maria Grazia Persoglia e all’ex sindaco Ettore Romoli.

"Il prossimo anno si celebrano i quarant’anni dalla sua morte. Al Torchio espose varie volte, dopo il suo ritorno da Trieste”, ricorda come fosse ieri. Un personaggio taciturno, riservato e schivo, che “aveva una sua linea. Quando lo accompagnavo a casa mi mostrava le lettere di Tullio Crali”. Quelle che oggi sono custodite al Mart di Rovereto, diretto da Vittorio Sgarbi. Saksida e Crali erano quasi coetanei: il primo classe 1913, l’altro del 1910. Crali lo aveva introdotto al mondo della pittura e al movimento futurista. Un esordio che nel 1942 portò Saksida alla Biennale, con la sua aeropittura.

Nelle fasi successive, abbandona il futurismo – di cui gran parte dei quadri venne persa durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale - per intraprendere una pittura più sognante e fiabesca. Da ufficiale addetto ai cannoni approda al mestiere dell’insegnante, che inizia a Capodistria. Qui, nel 1946, inizierà ad avvicinarsi alla pittura enigmatica di Carlo Carrà e Giorgio De Chirico. “Ma ancora non era la sua vera pittura”, rimarca Vetrih. Rientrato a Trieste, si avvia verso la ricerca di “un mondo ideale, in cui la realtà fittizia è fatta di stilizzazioni e rimandi simbolici".

"Un mondo fantastico e umano composto di piccoli tasselli cromatici”, fino a realizzare figure e oggetti “che sembrano costituiti da cubetti di legno, i precursori dei Lego”, commenta il critico goriziano. Vetrih, ottantasei anni alle spalle, ha al suo attivo centinaia di esposizioni. “Ho presentato più di quattrocento mostre, nella mia vita. Ormai sono stanco, questa è l’ultima che ho accettato di curare”. Dopo sei esami in Legge si laurea in Storia, inserendosi nel direttivo dell’Istituto di storia sociale e religiosa per tradurre testi. “Ho tradotto duemilacinquecento pagine dallo sloveno all’italiano”.

Durante il fascismo abita a Salcano, che allora era sotto Gorizia. “Mi sono ritrovato in piazza, fra i bombardamenti, ho dovuto rifugiarmi nel tunnel. Nel 1950 il governo italiano ci ha inserito nelle scuole italiane. Io ero in terza media e avevo diritto a concludere, sono andato dai salesiani a Pordenone, dove De Ambrogio, che andò a dirigere a Roma ‘Il meridiano 12’, mi insegnò l’italiano”. Vetrih ripercorre ancora l’idillio fra il discepolo Saksida e il proprio maestro. “A una di queste mostre avevano partecipato assieme, e molti avevano confuso i due. Rudolf ne era orgoglioso”.

Dopo gli esordi, a cavallo fra anni Sessanta e Settanta s’inserisce il periodo del surrealismo fiabesco. Accantonato il futurismo, il pittore dipinge “figure antropomorfe simili a marionette, manichini, dinoccolati robot”, ancora Vetrih. Durante gli anni Settanta l’artista abbandona i pennelli per realizzare i “Suonatori di pifferi”, utilizzando pastelli a tinte vivaci. “Ho dovuto scegliere un numero limitato di opere”, perché gran parte è custodita nei musei di Maribor, Capodistria e Fiume, e diventa complesso ottenerli in prestito. “Abbiamo raccolto solo le tele private”, aggiunge.

“Negli ultimi anni farà opere pessimistiche”, intrise di temi sul terrorismo, sulla morte e sulla guerra che gli era rimasta dentro. Le angosce lo tormentano, le mani gli tremano a causa del Parkinson. Della corrente realista sono visibili le tele che raffigurano la nonna, e una natura morta che richiama Giorgio Morandi. Della fase dechirichiana sono presenti le “Donne distese in spiaggia”, le bagnanti di “Salvore” e le “Navi in porto”, dove le cabine e le campiture di cielo con la barca in mezzo al mare rimandano alle marine di Carrà.

Momento di transizione che cederà poi il passo ai cubetti di legno della “Città morta”, in cui uno strano uccello sovrasta i palazzi, “con una concettualità che si avvicina a Fortunato Depero”. Una di queste tele materiche appartiene allo stesso Vetrih, che lo aveva ottenuto dopo aver perso una tela di Lojze Spacal, “allora molto richiesto in Slovenia”. Trentacinque opere che sarà possibile ammirare venerdì dalle ore 18 e fino al 14 dicembre. Con aperture dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 18, e nelle ore serali durante le manifestazioni culturali.

L'evento è promosso in collaborazione con la cooperativa culturale Maja di Gorizia, nell’ambito del progetto “Čedermaci današnjega časa”. Con il patrocino del Ministero per gli sloveni nel mondo, della Regione Friuli Venezia Giulia, dei Comuni di Gorizia e Nova Gorica, nonché dell’Unione culturale economica slovena (SKGZ), l’attività s’innesta sull’ormai collaudato sentiero di Go!2025.

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