la storia
Capo Nord conquistato in Panda, avventura lunga 11mila km partita da Gorizia

Robert Tabaj, Simone Lamo e Cristina Marussig sono partiti in Panda da Sant'Andrea, raggiungendo in 14 giorni la parte più settentrionale della Norvegia.
«Dopo 11mila chilometri e attraversando ben 14 paesi diversi, siamo ritornati tutti sani e salvi, inclusa la nostra mascotte Vržotin». L'entusiasmo è ancora vivo, nella voce di Robert Tabaj, che lo scorso 10 agosto, con Simone Lamo e Cristina Marussig, è rientrato a Gorizia dall’edizione 2024 di Poles of Inconvenience dopo aver compiuto l'impresa di raggiungere Capo Nord.
La manifestazione automobilistica – organizzata dal gruppo britannico The Adventurists, celebre per il Mongol Rally – più che una competizione è una vera e propria festa per gli appassionati dei viaggi “on the road”. Per parteciparvi le regole sono poche ma chiare, e la principale resta sempre quella sul mezzo da scegliere per l’impresa: qualsiasi tipo di mezzo, anche a trazione umana o animale, purché – così prescrive il regolamento – «sia piccolo, scadente e privo di comfort».
La scelta di klapa Engine – il team composto dai tre goriziani di Sant’Andrea – è ricaduta su una Fiat Panda del 2002. «Ci siamo dovuti adeguare in fretta – spiega Robert – perché da mesi ci stavamo preparando al Mongol Rally con una vecchia Zastava modello 128. Quando il programma è cambiato e abbiamo deciso di partecipare all’edizione europea, abbiamo acquistato questa Panda usata, risparmiando così l’auto di fabbricazione jugoslava per il Mongol Rally del prossimo anno».
Un'altra caratteristica della gara è che non c’è un itinerario prestabilito. C’è solo una data di partenza – il 12 luglio, da qualsiasi luogo si preferisca – e una data di arrivo, il 7 agosto, in una base aerea abbandonata a 30 chilometri da Praga, teatro di una vera e propria festa di chiusura della manifestazione. Con tutte le squadre dotate di un sistema di geolocalizzazione istantanea, la classifica finale sarà determinata dai punti raccolti raggiungendo i vari “poli del disagio” disseminati in un’area estesa tra il Maghreb, l’Anatolia e l’intero continente europeo.
La meta
Nel caso di Klapa EnGINe, però, un obiettivo minimo da raggiungere c’era: raggiungere Capo Nord, in Norvegia, ben oltre il Circolo polare artico. Obiettivo raggiunto la sera di venerdì 26 luglio. “Sera” per modo di dire, visto che a quelle latitudini non fa mai del tutto buio d’estate. Ragione per cui non è stato possibile contemplare i bagliori fluttuanti dell’aurora boreale. «Eh! – sospira Tabaj, che a Capo Nord era già stato due estati fa, da motociclista – Vederla dal vivo sarà per noi senz’altro la scusa per una nuova avventura nella stagione invernale».
Più che soddisfacente è stata anche la raccolta fondi da destinare in beneficenza: «Con 2mila euro – afferma sempre Robert – abbiamo ampiamente superato il requisito minimo di circa 600 euro richiesto dall’organizzazione. Così, mentre la destinazione della quota di partecipazione era vincolata all’ong ambientalista Cool Earth, noi abbiamo deciso di donare la restante parte alla fondazione triestina Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin».
Non solo. Spiega sempre l’avventuriero che quest’anno la somma è stata raccolta solo da privati, risparmiando possibili sponsor più «grossi e istituzionali» al prossimo anno, quando punteremo a una meta ben più distante. Quella di quest’anno sarà anche stata un’impresa più contenuta, per estensione territoriale, eppure la quantità di luoghi e Paesi visitati è stata ragguardevole.
Robert li snocciola uno dopo l’altro, quasi in automatico, senza neanche rifletterci: «Entrati in Austria da Tarvisio, abbiamo raggiunto Monaco di Baviera. Da lì, abbiamo cercato di attraversare tutta la Germania il più velocemente possibile, facendo ricorso anche all’Autobahn, per raggiungere la Danimarca e sbarcare in Norvegia. Qui abbiamo visitato anche le isole Lofoten. Raggiunto il punto più estremo del nostro viaggio, Capo Nord, abbiamo cominciato il viaggio di rientro, passando per la Finlandia, la Svezia, i Paesi baltici, la Polonia e, infine la Cechia, per tagliare il traguardo a Praga».
«Solo di carburante – svela Simone, in veste di “ragioniere” del gruppo – abbiamo speso circa 1.200 euro». Certamente i consumi di un veicolo di oltre vent’anni non sono limitati dalle tecnologie attuali, eppure i vantaggi che ha comportato non sono irrisori. Conferma infatti Robert, che i pezzi di ricambio sono facili da reperire sul mercato, anche a buon prezzo. Mentre, per quanto riguarda il pernottamento, l’Europa settentrionale è il paradiso dei campeggiatori: «In Scandinavia – spiega – le norme sono molto meno stringenti, rispetto a quelle delle nostre parti, e, salvo poche eccezioni, si può piantare una tenda quasi ovunque, sempre mantenendo una distanza minima rispetto ai terreni di proprietà privata».
Gli incontri
Non sono mancate anche le occasioni per conoscere persone lungo la strada – «in tanti si sono dimostrati curiosi e hanno cominciato a seguirci sui social» – e altri partecipanti alla competizione, individuabili istantaneamente grazie alla mappa condivisa e al gruppo WhatsApp.
«In particolare – racconta sempre Robert – ci ha colpito una squadra composta da due persone provenienti da non so quale Paese anglosassone, perché stava sostando più del solito in un luogo lungo la costa norvegese. Quando li abbiamo incrociati ci hanno spiegato che, in origine, sarebbero dovuti partire in tre: purtroppo il terzo componente dell’equipaggio, una loro affezionata amica, era morta prima della partenza. La sua richiesta, prima di spirare, era stata quella di avere le proprie ceneri sparse dal promontorio di un fiordo norvegese. Desiderio che avevano appunto realizzato in quei giorni, prendendosi una pausa per commemorare insieme il lutto».
La prossima avventura
Di episodi ne ha da raccontare, il trio di Sant’Andrea. E chissà quanto altro potrebbe aggiungere Vržotin, la loro inseparabile piantina di verza, peraltro simbolo del loro rione goriziano. In vista del 2025, la loro speranza è che torni accessibile Ulan Bator, la capitale della Mongolia da qualche anno preclusa al Mongol Rally per una serie di complicazioni geopolitiche, legate soprattutto all’attraversamento della Russia.
«Una cosa è certa, viste le condizioni in cui versano ora i poveri ammortizzatori della Panda, faremo molta più attenzione a questo aspetto meccanico», conclude Robert riferendosi alla Zastava. Pensando alle distanze e ai luoghi che in quel caso si troverebbe a percorrere, la sua affermazione sembra quasi ironica.
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