Breve storia triste di uno sghiràt e del bipede che aveva fretta

Breve storia triste di uno sghiràt e del bipede che aveva fretta

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Breve storia triste di uno sghiràt e del bipede che aveva fretta

Di Ferruccio Tassin • Pubblicato il 29 Mag 2021
Copertina per Breve storia triste di uno sghiràt e del bipede che aveva fretta

Nel mezzo della natura animata, una piccola creatura cerca di sopravvivere insieme al caos umano. Il racconto di Ferruccio Tassin.

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Giornata da pigra serie, nella comunità animale di via Gorizia. Il picchio rosso trivella a cottimo tronchi e travi per larve quotidiane, e frulla al primo allarme. Tre grossi cani, abbaiano, con criteri personali, ai soliti passanti. Passeri, sparsi, intonano voli a breve raggio, rientrando in siepe a gozzo pieno. Merli e merle, saltellanti, guardano in tralice i prati, di verde tenero che ovatta la terra. Sfilano vermi come spaghi dal rotolo, e via! Due cagnetti generici, per visione indifferenziata dell’universo, abbaiano, con nervosa insistenza di acuti spaiati, a tutto ciò che si muove.

Cornacchie dal librarsi pesante, in rare apparizioni grigionere, annunciano il vento che va e viene in questi strani giorni di primavera. Fomiche, minute e lucide, marciano in lunghe - tratteggiate - code nere sui muri, come fossero uniche di consapevole organizzazione. Le lucertole affrettano i movimenti man mano che il sole sempre più comanda, e lumache di pezzatura varia si fermano pasciute, sull’erba rorida, in ombra, dopo una notte a pasteggiare sulle peonie in foglia e fiore. Di nuovo, c’è Hitler (per via di una “mosca” nera sul naso), un navigato gatto bianconero, da fronte del porto.

Centra, con agile salto, il vuoto tra i ferri battuti di un portone, forse a mendicare, servile, ma indipendente, un buono pasto. Pare aver timbrato il cartellino un laborioso sghiràt, uno scoiattolo, di cui nella Bassa si era perso anche il nome, per vero rimodellato, degenerando in scoiàttul, nel friulano “naturale” come il “ciaflûc” per i Comuni capoluogo. Era di quelli dal pelame rossiccio; elegante, un po’ ingrassato, ma trapezista di grido su alberi e tetti. Andava per noci in luoghi oltre la statale su cui minchioneggiano, da missili, bipedi umani in auto e moto.

Viaggi circospetti quelli dello sghiràt, faticosi, e redditizi per noci rastrellate di qua e di là. Il suo danzare leggero, forse inchiodato da folle auto, si è fermato su in mezzo a una carreggiata: era col muso rivolto al cielo e una zampa sul petto bianco, quasi in posa elegante di estrema protesta.

Foto di Николай Оберемченко da Pixabay

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