la storia
VIDEO/Brazzano: l'antico orologio vive ancora grazie alla tenacia di Dario e Andrea

Da ormai quattro anni, ogni giorno, salgono il colle per ricaricare i meccanismi. «Non è un peso, è uno di famiglia».
San Giorgio a Brazzano ha uno stile che parla una lingua sua. È un nido decadente ma dallo sguardo fiero: con il suo campanile merlato sfida le Valli, sfida l‘abbazia di Rosazzo e sfida pure la torre di Mortegliano. Sembra dirle, col desiderio d’una bonaria tenzone: “Si faccia avanti!”, conscio di una storia secolare e pieno d’orgoglio puramente storico. Le scale incastrate dalla sapienza di centinaia di mani, quella campana ligia al dovere da cinque secoli e la ruvida forma medievale.
San Giorgio sa fermare il tempo, prendendo le lancette dell’orologio e facendole roteare al tempo che vuole lui, col ticchettio lento e inesorabile di quella macchina che nel Seicento pose il tritolo alla sicurezza sociale della controriforma. Nel legno dorato di quell’altare ho risentito le preghiere della Pieve, le suppliche in almeno tre lingue, il fluire del Judri più a valle.
Mi sono fermato davanti a questo antico strumento, davanti alla caparbietà e allo zelo di Dario e Andrea nel continuare, giorno dopo giorno, a dare vita a questo orologio e farlo muovere: il pignone alza la bacchetta e la catena intona, il breve concerto di ogni ora palpita per istanti che possono dirsi, almeno qui, eterni.
La sua storia si perde nei meandri del Medioevo friulano tanto che i primi documenti che ne parlano sono del 983, precisamente nel diploma con cui l’Imperatore Ottone II donava cinque castelli al Patriarca di Aquileia Rodoaldo e firmato l’11 giugno: lì vi è citato un certo “Braitan”. Per una prima notizia bisogna andare al 1093 in quanto Pieve donata dal patriarca Voldarico e di suo fratello duca Arrigo al monastero di Rosazzo.
“Sembra possibile – ci sottolinea l’Archeocarta Fvg – che a causa dell’incendio del 1601 assieme alla chiesetta di San Giorgio, costruita sul colle di Brazzano, siano andati distrutti anche numerosi documenti e, di conseguenza, abbia cancellato la storia più antica del castello. Nonostante questo fatto siamo a conoscenza di alcuni eventi che lo riguardano. Per esempio, nel 1257 venne atterrata dal conte Mainardo di Gorizia, in lotta contro il patriarca Gregorio di Montelongo".
"Nel 1315 si ha notizia che la città di Cividale si oppose alla sua ricostruzione. Nello stesso anno si apprende che questo luogo passò in mano a Vernardo di Trussio, feudatario dei signori di Zuccola, in quanto il casato di Brazzano probabilmente legato ai signori di Orzone si era oramai estinto. Andata in rovina la struttura difensiva, nel XVI secolo venne costruita una chiesa sui suoi resti ed una torre venne trasformata in campanile. La chiesa venne poi restaurata agli inizi del Novecento. La chiesa di San Giorgio è semplice e si presenta con una facciata in cui architrave e stipiti del portale sono in pietra del Carso”.
Se all’esterno vari sono i reperti – tra cui un sarcofago del terzo secolo d.C. – l’interno è molto semplice con una pianta rettangolare a navata unica e abside. “All’interno, si trova un’acquasantiera del 1550 e un notevole altar maggiore ligneo del 1563, attribuito allo scultore cividalese Girolamo Ridolfi. Questo fu riletto e restaurato in maniera piuttosto invasiva nel 1881 da Francesco Bardusso. Ripartito in due piani, con tre nicchie ciascuno, quello alla base presenta al centro San Giorgio e il drago; quello superiore presenta la Madonna con il Bambino. Entrambi affiancati da statue di santi. In cima un gruppo ligneo che rappresenta l’Eterno Padre".
"A fianco di questa scultura c’erano due statue rappresentanti l’Annunciazione, rubate nel 1968. Proprio a seguito di questo furto, per proteggerla, è stata spostata nella canonica della parrochiale di Brazzano la statua lignea dipinta che originariamente era qui conservata, rappresentante la Madonna con Bambino, opera dell’udinese Giovanni Martini (1470/75 – 1535). Questa era collocata al centro dell’altare destro, pure intagliato e dipinto dal Martini nel 1521, con statue laterali di Pietro e Paolo. Anche questo altare fu restaurato dal Bardusso, che modificò in maniera ancora più determinante l’opera”, riferisce ancora l’Archeocarta. Il campanile, invece, di venti metri, presenta bordature ghibelline.
Di interesse storico vi sono anche alcuni reperti antichi, inseriti in una nicchia che si trova sopra la porticina laterale di ingresso della chiesa. Secondo lo studioso Sergio Tavano - documentò negli anni Sessanta il patrimonio storico e artistico della chiesa di San Giorgio approfondito poi assieme ad Antonietta e Giorgio Bergamini in “Cormons quindici secoli d’arte” del 1975 - si tratta di parte un sarcofago risalente probabilmente al tardo terzo secolo d. C. Sopra questo pezzo di sarcofago, pure murato, vi è un frammento di marmo con un’iscrizione che risale alla metà del secolo VIII.
Il tempo scorre, e lo sa bene l’orologio che lo scandisce per l’intera comunità. A dargli vita, giorno dopo giorno, salendo sul colle a ricaricarlo, Dario e Andrea, amici che si sono ritrovati anche nell’amore per il paese, la comunità e le proprie tradizioni.
“Per noi non è affatto un peso, anzi”, raccontano. A iniziare è stato Dario, qualche anno fa, viste le difficoltà dovute all’avanzare dell’età dei predecessori che, uno alla volta, sono anche “andati avanti”. “Per noi di Brazzano, San Giorgio è un punto di riferimento ma anche l’anima del paese”, tanto che l’annuncio delle morti non viene dato dal campanile della chiesa parrocchiale, dedicata a San Lorenzo e incastonata tra le case, bensì proprio da San Giorgio. Che con i suoi due orologi scandisce il tempo e la vita. Poi, Dario ha coinvolto anche Andrea e, a turno, scambiandosi le chiavi, proseguono una tradizione antica e unica in tutta l’arcidiocesi di Gorizia. Amicizia e passione, amore per il proprio territorio e consapevolezza di un’unicità che ha superato gli anni e la modernizzazione come la brezza che accarezza le merlature.
Le consorti e le famiglie non si lamentano di un simile impegno, “sono contenti”, dicono i due custodi, “alle volte facciamo anche baruffa su chi andrà il giorno seguente a ricaricarlo, è diventato uno di famiglia”.
La semplicità, tra le vecchie assi di legno, è di casa nel campanile di San Giorgio. E non è difficile ritrovare i due amici a godere la vista della pianura friulana e del Collio sorseggiando un bicchiere di un vino di casa, puro e schietto come il friulano vero. Poesia che diventa palpabile e si anima a ogni ticchettio del grande vecchio, a ogni lieve sussulto dei pesi in pietra e del lento incedere di quei bracci meccanici che si insinuano nella muratura fino a raggiungere le lancette, al di fuori di un piccolissimo spiraglio di luce. San Giorgio sa fare anche questo, raccontare il tempo, comandarlo e farlo tacere, in un istante piccolo e grande allo stesso tempo, come il movimento di quei meccanismi tanto arcani quanto contemporanei.
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