Barbara Pellizzon apre la sua mostra 'Fuori posto' al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia

Barbara Pellizzon apre la sua mostra 'Fuori posto' al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia

L'esposizione

Barbara Pellizzon apre la sua mostra 'Fuori posto' al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia

Di Margherita Furlanut • Pubblicato il 18 Giu 2025
Copertina per Barbara Pellizzon apre la sua mostra 'Fuori posto' al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia

Iniziativa che sarà aperta fino al 7 settembre. Il progetto vede la luce come dialogo tra archeologia e arte contemporanea, rialutando oggetti ripescati dalle pieghe del tempo.

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Un gioco di equilibrio tra leggerezze e ponderosità, tra presente e passato e tra oblio e memoria. Una mostra che ci ricorda quanto siamo incredibilmente fragili e incredibilmente umani di fronte a un passato così lontano eppure così recente, che lega indissolubilmente le nostre vite e quelle degli antichi a un filo rosso ininterrotto che si riflette sulle scelte della nostra quotidianità.

Queste le premesse per la nuova mostra inaugurata il 14 giugno ad Aquileia, che continuerà a essere fruibile al grande pubblico fino al 7 settembre 2025 nel Museo Archeologico Nazionale. Le opere sono frutto dell'ingegno creativo di Barbara Pellizzon, un'artista versatile che da sempre si è posta l'obiettivo di raccontare la fusione tra passato e presente tramite materiali di recupero provenienti dalla quotidianità. Grazie a diversi incontri e alla cooperazione con la direttrice del Museo Archeologico di Aquileia, Marta Novello, questo progetto ha potuto vedere la luce sotto forma di un dialogo tra archeologia e arte contemporanea, una rivalutazione di alcuni oggetti ripescati dalle pieghe del tempo ed esposti sotto una nuova luce.

Il titolo della mostra, “Fuori Posto”, si riferisce a un presupposto esistenziale dell’artista, un sentimento viscerale che la fa sentire di non appartenere mai al momento giusto e allo spazio giusto. Questo Barbara vuole sottolinearlo principalmente grazie ai materiali che utilizza nelle sue opere; sia attraverso l’alternanza di materiali caldi e freddi, sia attraverso la storia vera e propria di questi manufatti, che evidenziano come il potere dell’arte sia capace di ridestare una connessione tra oggetti apparentemente trascurati e dimessi e le persone che hanno vissuto in relazione a essi.

La mostra non si sarebbe potuta realizzare senza il prezioso contributo di Daniele Capra, il curatore artistico dell’esposizione, che ricorda quanto in realtà la modernità e il passato antico possano essere vicini. «In quanto italiano, sento la responsabilità di considerare qualcosa che proviene dal passato come qualcosa di durevole, che sopravvive ancora oggi», afferma Capra, il quale spiega come la selezione di opere permette all’occhio del visitatore di collegare fra loro oggetti che apparentemente sembrano disposti in maniera casuale. Per tutte le opere si è cercato di evocare una lavorazione antica, che permetta accostare per similarità – la maniera in cui, peraltro, sono catalogati gli oggetti nei depositi - i materiali utilizzati dagli antichi con quelli appartenenti alle sculture della mostra.

Daniele dice di provenire da un’altra formazione – infatti ha studiato pianoforte al conservatorio ed economia politica all’università - ma è solo dopo aver accettato di collaborare ad alcune mostre come curatore senza alcuna competenza pregressa che scopre la sua vera vocazione. Daniele sostiene di essersi «formato lavorando», imparando dai propri errori e da quelli dei colleghi, e che la sua esperienza di curatore è «un po’ come stare in una relazione»; solamente esercitandosi e sbagliando una persona capisce ciò di cui realmente ha bisogno.

La mostra consiste in quattordici opere, disseminate «rispettosamente e irrispettosamente allo stesso tempo», per citare le parole di Daniele, per la nuova zona dei depositi del Museo Archeologico; un percorso affascinante, che associa intimamente le diverse realizzazioni "site specific" al luogo in cui sono esposte. L’idea di utilizzare le sale risistemate dei depositi come sito di esposizione parte dal concetto di uno spazio che possa legare presente e passato, un luogo di sovrapposizione, contraddizione e contrapposizione che possa rivalutare anche tutti quei manufatti antichi che non sono esposti nel corpo principale, i reperti rovinati, “fuori posto”, appunto.

“Fuori Posto” rompe dunque le regole del museo tradizionale, sfida il visitatore a distinguere le opere di arte moderna dai reperti, si discosta dalla normalità del museo ma si intreccia perfettamente con la storia di quei manufatti di epoca romana che sono pervenuti fino a noi, seppur rovinati dall’inclemenza del tempo. In un tempo in cui il passato sembra spesso distante, “Fuori Posto” ci ricorda che ogni frammento, anche il più rovinato, ha ancora qualcosa da comunicarci. 

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