Bambino morto nel pozzo a Gorizia, nessuna autorizzazione sul percorso

Bambino morto nel pozzo a Gorizia, nessuna autorizzazione sul percorso

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Bambino morto nel pozzo a Gorizia, nessuna autorizzazione sul percorso

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 23 Mar 2024
Copertina per Bambino morto nel pozzo a Gorizia, nessuna autorizzazione sul percorso

Ieri pomeriggio la nuova udienza sulla tragedia avvenuta nell'estate 2020, in aula anche i genitori: «Seguire le precedenti udienze per noi sarebbe stato troppo doloroso».

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Erano presenti anche i genitori del piccolo Stefano Borghes – il tredicenne che cadde fatalmente nel pozzo del parco di Villa Coronini il 22 luglio del 2020 – all’udienza tenutasi ieri al Tribunale di Gorizia. «Seguire le precedenti udienze per noi sarebbe stato troppo doloroso», hanno commentato, prima che l’avvocato Salvatore Spitaleri – il loro rappresentante per la parte civile – li accompagnasse gentilmente all’uscita, al termine della sessione.

Il processo
Una seduta che, come da previsioni, è stata lunga e allo stesso tempo non meno amara delle altre di un processo che vede ancora imputati, con l’accusa di omicidio colposo, il presidente della Fondazione Palazzo Coronini Cronberg, Rodolfo Ziberna, con gli altri componenti del Curatorio: l’ex direttore della Biblioteca statale isontina Marco Menato (Paolo Menato e Christian Serpelloni), l’allora assessore regionale alla Cultura Tiziana Gibelli (Franco Dal Mas e Pierfrancesco Scatà), la direttrice del Servizio Ricerca, musei e archivi storici dell’Erpac Raffaella Sgubin (Francesco Donolato), il commercialista Maurizio Boaro (Enrica Lucchin) e il componente cooptato supplente Bruno Pascoli (Franco e Dario Obizzi).

I testimoni
Ben sette erano i testimoni convocati ieri davanti alla giudice Cristina Arban, attraverso i quali – incalzati dalle domande del pubblico ministero Ilaria Iozzi e dei difensori degli imputati – sono state rievocate le tragiche ore dell’incidente e i giorni a questo immediatamente precedenti. La prima a essere ascoltata è stata Annamaria Gaudenti che, insieme a Gabriele Brumat, era l’animatrice del centro estivo “Estate tutti insieme” presente nel parco al momento della tragedia. Con lei, e poi con Brumat, si è cercato di ricostruire tutta la fase organizzativa e preparatoria della caccia al tesoro. Un’operazione non semplice, specialmente in ragione della giovane età dei testimoni, contraddistinta anche da inevitabili – tanto quanto comprensibili – momenti di commozione.

È emerso, per esempio, che, almeno da parte degli educatori, nessuna richiesta di autorizzazione venne presentata ai gestori del parco. «Sia quando siamo andati a posizionare le “lanterne” – come in gergo tecnico sono definite le tappe nelle sessioni di orienteering – sia quando siamo entrati nel parco il giorno della caccia al tesoro, non abbiamo incontrato nessuno della Fondazione».

Non solo. In merito all’itinerario dell’attività, Brumat ha affermato di essersi ispirato direttamente a una precedente sessione di orienteering organizzata sempre al Coronini dalla sua scuola, il liceo scientifico “Duca degli Abruzzi”. Proprio in virtù di quell’esperienza, il ragazzo avrebbe proposto i luoghi delle varie tappe, sette in tutto, dove posizionare i pennarelli legati con un filo a un biglietto numerato. E sempre Brumat aveva appoggiato il fatidico biglietto numero 7 sulla lamiera che chiudeva il pozzo dentro il quale precipitò Borghes: «Posizionai la “lanterna” sul coperchio, a 15 centimetri dal bordo».

Successivamente, la guida e dipendente della Fondazione Valentina Randazzo avrebbe confermato, pur sempre rimanendo nel vago, che una scuola aveva precedentemente chiesto l’autorizzazione a svolgere attività di orienteering nel parco: «In quel caso si concordava con gli insegnanti su cosa fare».

È riapparso ieri un altro dei protagonisti della vicenda: l’allora facente funzioni direttore della Fondazione Palazzo Coronini Cronberg, Enrico Graziano. Quest’ultimo aveva già concordato con la pm Iozzi una pena di un anno, 11 mesi e 10 giorni con la sospensione condizionale. Accertate, quindi, le sue responsabilità penali, la sua testimonianza è tornata utile per ricostruire i rapporti tra il suo ufficio e il Curatorio della Fondazione.

Se il difensore di Ziberna, Montanari, si è soffermato soprattutto sul Registro giornaliero dei controlli per la sicurezza – «mai riscontrata alcuna segnalazione relativa al pozzo» ha dichiarato Graziano – Donolato, difensore della direttrice Erpac Sgubin, ha chiesto più dettagli sul funzionamento del Curatorio.

La pm ha cercato anche di ricostruire il potere di spesa dell’ufficio di Graziano e quanta autonomia avesse rispetto alle delibere del Curatorio. «Al di là delle spese ordinarie necessarie al funzionamento della struttura, come l’acquisto di carta e altro materiale di cancelleria, potevano succedere necessità, registrate poi sempre nel bilancio consuntivo, legate al passaggio di trombe d’aria con conseguente caduta di alberi. In casi come questi – la spiegazione dell’ex direttore – chiamavamo la ditta senza ricorrere al Curatorio».

Ieri è stato sentito anche Nevio Chetti, uno dei residenti della zona, dalla cui casa è ben visibile il parco e il pozzo. Chetti non ha mai notato alcuna anomalia sul pozzo e ha confermato il fatto che generalmente non c’era alcun controllo all’ingresso del parco. Cosa confermata anche da Randazzo, che ha ricordato come, in genere, l’accesso al parco fosse libero e che si faceva pagare un biglietto solo in caso di visite guidate.

Sarebbero dovuti comparire al banco dei testimoni anche i due addetti alla sicurezza Federico Costadura e Matteo Turcutto, che avevano optato per il rito abbreviato. Lo scorso 4 dicembre la Corte d’appello di Trieste ha condannato Costadura – responsabile nel 2020 del servizio prevenzione e protezione della Fondazione – a un anno e 8 mesi di reclusione per omicidio colposo aggravato, e assolto il consulente Turcutto.

A sorpresa, la legale di quest’ultimo, Alessia Buffon, ha fatto riconoscere alla giudice Arban l’inammissibilità della loro testimonianza, non essendo ancora decorsi 90 giorni dal verdetto di dicembre. I due coimputati potranno comunque essere sentiti in fase di esame delle parti – ai sensi dell’articolo 210 del codice di procedura penale – nel corso della prossima udienza, confermata tra una settimana, nel pomeriggio di giovedì 28 marzo, quando si prevede l’inizio della discussione. La discussione sarà poi rinviata alle 10 di venerdì 19 aprile e, in caso di necessità, alle 14 del 3 maggio.

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