Bambino morto nel pozzo a Gorizia, dissequestrata l'area dopo quattro anni

Bambino morto nel pozzo a Gorizia, dissequestrata l'area dopo quattro anni

in parco coronini

Bambino morto nel pozzo a Gorizia, dissequestrata l'area dopo quattro anni

Di Daniele Tibaldi • Pubblicato il 19 Giu 2024
Copertina per Bambino morto nel pozzo a Gorizia, dissequestrata l'area dopo quattro anni

Il provvedimento è stato emesso un mese e mezzo dopo la sentenza di condanna di primo grado a carico del Curatorio, ora il pozzo verrà restaurato.

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A seguito del dissequestro disposto ieri dal Tribunale di Gorizia, è stata riconsegnata oggi alla Fondazione Palazzo Coronini Cronberg la zona del pozzo. Il provvedimento è stato emesso un mese e mezzo dopo la sentenza di condanna di primo grado a carico del Curatorio della fondazione per la tragica morte, nel luglio 2020, dell’allora tredicenne Stefano Borghes.

Il restauro del parco
Per l’attuale direttore, Claudio Polverino, «si tratta di un passaggio importante per la prosecuzione dei lavori di restauro, resi possibili grazie a un importante contributo del Pnrr». Ricorda sempre il direttore con una punta di orgoglio: «Quel bando, la cui graduatoria risale al 21 giugno 2021, vide la fondazione piazzarsi, a livello nazionale, tra le prime 50 sulle oltre mille partecipazioni. Andammo persino meglio di Miramare. Ciò dimostra la qualità del lavoro dell’organico dell’ente, nonostante le sue ridotte dimensioni».

Spiega sempre Polverino che «si tratta di un restauro “filologico”, basato sullo studio che l’agronomo Eraldo Antonini fece nel 2009 esaminando centinaia di immagini d’epoca, da fine Ottocento agli anni successivi alla Grande guerra». Non si tratta, quindi, di una mera manutenzione: l’obiettivo è quello di ricreare il parco così come concepito in origine dalla famiglia Coronini.

«Il parco, con tutto il suo patrimonio arboreo, storico e culturale, è un’opera d’arte – afferma il direttore – e in quanto tale necessita di un restauro. Il progetto tiene conto anche del recente studio sullo stato di salute degli alberi, sulla base del quale è stato deciso cosa poteva essere salvato e cosa no». Chiarisce Polverino che «in diversi casi il taglio delle piante è stato necessario per dare rilevanza agli elementi architettonici del parco, come il tempietto e le varie statue». Non solo. «Saranno riqualificati i sentieri e i vari percorsi saranno dotati di codici Qr, grazie ai quali poter facilmente accedere alle informazioni sui vari elementi della tenuta».

Per quanto riguarda il luogo dell’incidente, il pozzo verrà restaurato in quanto manufatto sotto la tutela Soprintendenza alle belle arti. «Naturalmente sarà messo in sicurezza con tutti i criteri previsti dalla legge – puntualizza il dirigente – e la cisterna a cui è collegato, sul fondo, consentirà il recupero delle acque piovane da utilizzare per il sistema di irrigazione del parco».

I lavori dovrebbero completarsi entro la fine dell’anno. Aggiunge sempre Polverino: «Per il 2025 si potrà tornare a pensare di ospitare eventi come il Festival del cinema “Amidei”, con un’area ad hoc che potrebbe essere la parte bassa del parco, quella che si affaccia su via Italico Brass».

L’incidente
Il sequestro del pozzo risale all’incidente che quattro anni fa costò la vita del piccolo Stefano, durante una caccia al tesoro organizzata dal centro estivo “Estate tutti insieme”. Borghes, mentre festeggiava la vittoria della gara, precipitò per oltre 30 metri all’interno di un pozzo che non era mai stato considerato come pericoloso nemmeno nel documento di valutazione dei rischi disposto dallo studio udinese incaricato.

La vicenda ha visto sul banco degli imputati – oltre ai componenti del Curatorio, presieduto dal sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna – anche l’allora facente funzioni direttore della fondazione, Enrico Graziano, che aveva concordato con il pubblico ministero una pena di 1 anno, 11 mesi e 10 giorni, il responsabile del servizio prevenzione e protezione della fondazione, Federico Costadura – condannato in appello a 1 anno e 8 mesi di reclusione – e il consulente Matteo Turcutto, assolto sempre in appello.

Foto Tibaldi

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