Sempre più ragazze colpite da disturbi alimentari, in duecento chiedono aiuto a Monfalcone

Sempre più ragazze colpite da disturbi alimentari, in duecento chiedono aiuto a Monfalcone

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Sempre più ragazze colpite da disturbi alimentari, in duecento chiedono aiuto a Monfalcone

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 15 Mar 2021
Copertina per Sempre più ragazze colpite da disturbi alimentari, in duecento chiedono aiuto a Monfalcone

I disturbi alimentari coinvolgono principalmente le donne, cala l'età media. Il lavoro dei medici e dei volontari per aiutare le più fragili.

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Sono circa 200 le persone che orbitano attorno al Centro disturbi alimentari dell’ospedale di Monfalcone, l’unico presente nell’ex provincia di Gorizia. Oltre 500 tra il 2018 e 2021. Una situazione che vede sempre più richieste di aiuto, in particolare dal mondo femminile (che include il 90% dei pazienti), e con un’età media che si sta abbassando velocemente tra l’adolescenza e l’infanzia. Il quadro è stato tracciato questa mattina proprio al San Polo, in occasione della Giornata del fiocchetto lilla, evento nazionale dedicato alla sensibilizzazione sulla tematica. Una condizione di disagio che con la pandemia si è aggravata, tanto che le stime a livello nazionale indicano un aumento del 30% dei disturbi.

Proprio la definizione stessa di questa problematica è importante, come sottolineato dalla presidente dell’associazione Fenice Fvg, Donatella Martini. Tutto ciò, infatti, si scontra sui pregiudizi riguardo all’ossessione per il proprio aspetto fisico, ma si tratta di “una malattia psichiatrica vera e propria. Le ragazze malate non sono delle egocentriche, ma è un disturbo più profondo, nell’anima”. I suoi effetti, peraltro, esplodono spesso all’interno delle famiglie, con ripercussioni su tutti i componenti. Anche perché “non abbiamo percorsi brevi, per aiutare queste persone servono anni di sostegno”. I cicli durano in media 5 anni e costringo anche a viaggi lunghi.

Alcuni, infatti, decidono di affidarsi agli specialisti nei centri di Portogruaro, Pisa e in altre parti d’Italia, nella speranza di ritornare a una vita normale. La sfida, però, è soprattutto con sé stessi: “È una malattia che da sicurezza - spiega ancora Martini -, con la mente che sconfigge la fame. Il cambiamento spaventa, perché si teme di ritornare fragili una volta superata e, così, è la malattia stessa a decidere”. Sul fronte sanitario, la direttrice del dipartimento di Salute mentale di Asugi, Elisabetta Pascolo-Fabrici, ha ricordato le difficoltà che stravolgono le vite delle più giovani, con la paura di diventare adulte che le porta a compromettere la loro crescita.

Ciò che serve è incrementare le risorse, anche per sopperire alla mancata prevenzione che viene lasciata quasi esclusivamente ai volontari, nelle scuole e nello sport. In questo senso, “incontreremo a breve la direzione sanitaria - anticipa la dottoressa -, per discutere sul budget per dare forza a questo settore”. Prossimamente, infatti, l’Azienda sanitaria dovrà approvare il documento di programmazione 2021-2023 e l’obiettivo è far rientrare questa struttura tra i punti finanziabili. Anche perché “c’è una domanda sommersa - commenta la direttrice dei servizi socio-sanitari, Maria Chiara Corti - e bisogna indirizzare queste persone ai servizi prima che sia troppo tardi”.

Monfalcone rappresenta un modello virtuoso, soprattutto dopo la riorganizzazione del 2017, con uno dei pochi punti regionali che aiuta sia maggiorenni che minorenni, utilizzando anche il centro diurno aperto dalle 8.30 alle 18. “Qui c’è una realtà che funziona - l’intervento della sindaca Cisint -, due mesi fa ci siamo incontrati con la Fenice e abbiamo iniziato a mettere i puntini sulle i. Siamo a disposizione per dare una mano”. Le persone in Friuli Venezia Giulia con disturbi alimentari sono oltre 700 e tra Monfalcone e Trieste (al parco San Giovanni) sono due i centri dedicati, che accolgo pazienti anche dalla Bassa Friulana. Il tutto portato avanti da un’équipe che non si è fermata nemmeno con il lockdown.

Le patologie più note sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata (Binge eating). Tra le attività proposte, nell’ultimo anno è stato attivato il progetto Colletiva Dca, un’iniziativa pensata soprattutto per i giovani che non possono andare a scuola a causa del Covid e che ha positivamente impattato sul loro percorso terapeutico. Si tratta di laboratori creati presso il Centro e nel territorio in collaborazione con il privato sociale, che hanno ampliato l’offerta delle alternative riabilitative in modo da raggiungere le persone che non si potevano più avere contemporaneamente nei locali del centro (teatro, sartoria, patchwork, mosaico, maneggio). Iniziative che servono anche a confrontarsi con l'altro.

Foto: evelina zachariou/Flickr

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