Gorizia, l'appello della cellula Coscioni sul fine vita nel ricordo di Eluana

Gorizia, l'appello della cellula Coscioni sul fine vita nel ricordo di Eluana

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Gorizia, l'appello della cellula Coscioni sul fine vita nel ricordo di Eluana

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 17 Feb 2024
Copertina per Gorizia, l'appello della cellula Coscioni sul fine vita nel ricordo di Eluana

Ieri sera l’incontro con la cittadinanza, organizzato dall’associazione Luca Coscioni in merito al testamento biologico e al fine vita. Le testimonianze.

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Lo sguardo rivolto alla finestra. Le parole, spesso di troppo, di chi gli sta accanto. Che sia un letto d’ospedale o quello della propria casa, l’agonia del fine vita è sempre un passaggio doloroso. Si è svolto nella serata di ieri – presso la sala Dora Bassi a Gorizia – l’incontro con la cittadinanza organizzato dall’associazione Luca Coscioni in merito al testamento biologico e al fine vita.

«La nostra cellula è nata dopo la raccolta firme per la richiesta del referendum che porti avanti il concetto di libertà – spiega Tiziana Mitaritonna, referente della cellula Coscioni di Gorizia – Non siamo nati per favorire la morte, ma per una scelta libera da attuare entro dettami precisi e normati, che purtroppo è difficile ottenere. Nessuno, né i sanitari, né i medici ospedalieri, né i medici di base, sono i nostri referenti immediati». Tutto questo lascia trasparire una mancanza da parte dello Stato, in una società in cui la morte «è diventata tabù».

La questione improcrastinabile da affrontare non è l’allungamento della vita, quanto il porre fine alle sofferenze dei malati incurabili. Secondo la giornalista e assessore al Go!2025 Patrizia Artico «la questione del fine vita tocca tutti, e ogni scelta porta con sé dolore». Appare dunque fondamentale «il confronto e il dialogo, nel rispetto delle opinioni altrui». Indispensabile è far fronte comune contro la volontà di non colmare il vuoto legislativo.

«Di fronte a patologie irreversibili che siano fonte di sofferenza intollerabile, è considerata ammissibile la richiesta del suicidio medicalmente assistito», spiega il consigliere regionale del Patto per l’autonomia-Civica Fvg Enrico Bullian, illustrando la sentenza 242 del 2019. «Ma la sentenza costituzionale si ferma qui». Laddove manca una prosecutio, diventa impellente una norma che codifichi gli atti che la Asl deve poter garantire. Bullian è primo firmatario della mozione sul fine vita, sottoscritta dai rappresentanti di tutti i gruppi consiliari delle opposizioni.

«Nella proposta di legge si parla di una commissione di esperti e di un comitato etico che verifichi come alla persona siano state spiegate le alternative, come le cure palliative e il consenso informato». Secondo la costituzione e la legge sul consenso, oggi è possibile interrompere le cure, «con la ricaduta che la morte in questi casi è lenta». Mentre con il suicidio assistito, l’autosomministrazione di un farmaco consente uno spegnersi maggiormente veloce. Un segno di civiltà per un Paese avanzato, che abbia il dovere di evitare l’agonia prolungata ai pazienti terminali.

L’Emilia Romagna ha scelto una strada differente, varando una delibera che istituisca un comitato etico. «Sono già stati annunciati ricorsi al Tar – spiega Bullian – ma è un primo segnale, il primo caso in cui si codificano i tempi». A portare la propria testimonianza è stata l’operatrice sanitaria Maria Rosa Putzu, secondo la quale è importante «accorciare i tempi della burocrazia» in quegli individui consapevoli di non avere speranza, la cui unica necessità è di «sentirsi amati». E ammettendo come sia ancora in vigore l’accanimento terapeutico, sottolinea la mancanza di una corretta informazione.

A prendere la parola è stato poi il presidente dell’Associazione Socialista liberale Alessandro Perelli, che ha riportato il caso giudiziario di Eluana Englaro. Era il novembre del 1992, quando la giovane si ritrovò in coma irreversibile a causa di un incidente stradale. Il padre Beppino iniziò una battaglia legale per sospendere l’alimentazione. Si trattò di un caso diverso, rispetto ai recenti portati alla ribalta dall’associazione Coscioni – come quello di Piergiorgio Welby, per il quale esisteva una dichiarazione dello stesso in cui si assumeva le responsabilità del fine vita – Mentre per Eluana non era presente alcuna documentazione.

Fu una battaglia legale che dovette far fronte a grandi difficoltà, in primis contro la Corte d’appello di Lecco, che si era pronunciata a sfavore della richiesta. Fino al 2007, quando una sentenza della Corte di cassazione annullò il provvedimento della Corte d’appello di Lecco. «Fu un pronunciamento fondamentale, perché la Cassazione ribaltò la sentenza, dando ragione al padre». E tuttavia lo scandalo dell’interruzione degli alimenti spinse il governo ad approvare un decreto-legge che evitasse la sospensione dell’idratazione.

L’allora presidente Napolitano rifiutò di firmare il decreto, definendolo “incostituzionale”, dando così il via libera definitivo. Eluana si spense il 9 febbraio del 2009, grazie a «una battaglia di legalità», che aprì la strada alla legge sul testamento biologico. «Questa vicenda è stata la vittoria di Beppino, non solo di legalità – ha sottolineato Perelli – ma di libertà e civiltà». Secondo Artico «si parla molto di qualità della vita, piste ciclabili e parcheggi, ma poco di quella che dovrebbe essere la serenità di spirito». L’assessore ritiene sia tempo di soffermarsi sulla «libertà di morire dignitosamente».

Numerosi ospiti sono intervenuti a margine dell’incontro, fra i quali il geriatra laico Oscar Louvier, per quarant’anni impegnato con pazienti senza speranza. «Ho avuto un paziente con la sla, nei suoi ultimi giorni mi ha fatto capire di non voler essere intubato. Il giorno dopo, mentre io e la sorella gli tenevamo la mano, si è addormentato», scivolando via serenamente. Il nucleo a disposizione di pazienti con gravi lesioni ha rimpiazzato l’hospice «che ora non ha più una sede», rimarca.

Situazioni drammatiche, che andrebbero affrontata con formazione e informazione, ed eventualmente con un referendum. «Abbiamo bisogno di una mobilitazione popolare – conclude Artico. Solo una mobilitazione popolare può portare a risultati importanti».

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