la cerimonia
Anpi e Comune ricordano la Resistenza, 80 anni fa la battaglia di Gorizia

Oggi il ricordo di chi combattè contro i nazifascisti dal 1943, nella prima insurrezione in Italia contro l’occupazione. Presente l'assessore Romano.
Ottant’anni. Tanti, ne sono passati, da quelle lunghe giornate di sangue del settembre 1943. Giorni in cui la Brigata Proletaria combatteva duramente per liberare Gorizia occupata dai nazifascisti. Sloveni e italiani fianco a fianco, a centinaia perdendo la vita in nome della libertà. È stato per commemorare l’impresa contro il nazifascismo, che si è svolto oggi l’incontro nel piazzale Martiri della Libertà, di fronte alla stazione di Gorizia. Presenti all’evento, oltre ai rappresentati dell’Amp e all’assessore al Welfare Silvana Romano, intellettuali e comuni cittadini.
«Abbiamo scelto questo piazzale perché qui, dopo l’8 settembre, c’è stato questo tentativo disperato – ammette la presidente Anpi di Gorizia, Anna Di Gianantonio -. Non solo degli operai, della Bassa friulana, del Monfalconese e del Goriziano, ma anche dei soldati, ricordiamo il generale Malaguti, con la divisione Torino, impegnati a opporsi all’occupazione nazista. Noi da anni celebriamo questo momento, che ci sembra particolarmente importante proprio in vista di Go!2025, perché tiene tutti insieme, sloveni, italiani e anche forze dell’esercito. Un segno di unità nell’antifascismo, che è la radice della nostra costituzione».
«Siamo riusciti a mettere una seconda targa nel 2016, perché la prima fatta nel 1963 era molto generica. Parlava genericamente di “martiri”, mentre poi siamo riusciti a far capire di cosa si trattasse, e lo celebriamo ogni anno», afferma con orgoglio. Ricordando poi l’appuntamento di domani, quando alle ore 17 presso il Kinemax - alla presenza di illustri storici - si terrà un convegno proprio sulla battaglia di Gorizia. All’incontro c'erano Nevenka Troka, storica slovena, coordinata da Marcello Flores, storico che ha insegnato presso l’università di Siena e Trieste e che per primo ha citato in un libro sulla resistenza anche la battaglia di Gorizia.
Eroi e vittime che riaffiorano dal passato, accendendo i riflettori anche sull’attuale situazione di stallo europea e sulle migliaia di vittime innocenti. Una guerra che, nonostante gli insegnamenti, non porta con sé alcun valore. «Non credo che la guerra produca cose buone, lo studiamo negli effetti del primo e del secondo dopoguerra - riflette Di Gianantonio -. La guerra in sé porta lutti e soprattutto divisione fra i popoli. Quello che è importante è la lotta che si fa contro la guerra, per la pace».
«Un valore fondamentale su cui la nostra costituzione si basa», conclude. Una giornata importante, quella di domani, perché alle ore 11 si terrà anche un sit-in di fronte alla prefettura - cui Amp aderisce - alla presenza del presidente del comitato permanente per la pace di Gorizia e Nova Gorica. Una manifestazione che intende evidenziare le condizioni drammatiche in cui versano i migranti, «che da più di dieci anni dormono per strada o dietro Casa Rossa. Domani mostreremo la nostra indignazione», rimarca Di Gianantonio. «È importante e doveroso, ricordare, sia dal punto di visto storico che culturale», sostiene Marco Mosetti di Amp, riferendosi alla battaglia di Gorizia.
Dello stesso parere il pittore goriziano Franco Dugo, presente in piazza, che ha commentato come «ogni anno purtroppo sono sempre di meno. Bisogna esserci. Quest’anno sono contento perché vedo anche più giovani, e questo è importante». Mentre l’assessore Romano, in rappresentanza del Comune, sottolinea la necessità di ricordare tutte le vittime, dell’una e dell’altra parte. «Come in ogni occasione e ogni anno, è fondamentale il rispetto per tutti i defunti, di qualsiasi parte essi siano. Io sono qui per rispetto verso la storia. A prescindere dalla mia appartenenza politica».
«Non sono goriziana, ma ho avuto un suocero che è stato deportato dai titini. Ho avuto un padre che ha ricevuto la medaglia al valore da parte dell’Italia. Io rispetto tutti. Non sta a me giudicare la storia. Le mie idee personali non sono superiori al mio atto politico. La guerra non ci ha insegnato nulla, purtroppo. Dovrebbe insegnare a portare la pace, invece gli uomini si nascondono dietro le proprie idee e portano violenza da ambo le parti. Io rispetto tutti i defunti, ma la lora morte non ci ha insegnato niente. Le loro sofferenze, e le sofferenze delle loro famiglie, non ci hanno insegnato nulla», ribadisce l’assessore con rammarico.
A prendere poi la parola è stato l’oratore ufficiale Mirko Primožič. «La battaglia di Gorizia fu la prima insurrezione in Italia contro l’occupazione nazista. Si concluse con sanguinosi scontri e con la vittoria tedesca, ma segnò l’inizio della resistenza in Italia. Vittoria che è costata molte vite, fra italiani e sloveni», evidenzia Primožič. Sottolineando ai presenti come il Comune di Gorizia nel 1963 appose tre lapidi. Una presso la stazione, una al castello e un’altra nelle carceri di via Barzellini. Quest’ultima «visibile solo ai familiari che si recano in visita ai detenuti, al personale e alla nostra delegazione che entra per deporre una corona una volta all’anno».
«Nessuna di queste tre targhe nomina civili e partigiani contro i fascisti e delatori», ancora Primožič. Che alludendo alla realtà di confine, ha ricordato come spesso in città siano presenti cittadini italiani «che non sempre tollerano i cittadini sloveni». Fino agli episodi provocatori di Casa Pound e della X Mas, denunciando «un silenzio che dura da 25 anni. Nel parco della Rimembranza sono state apposte tre lapidi, in nessuna si ricorda i 489 partigiani caduti durante la Liberazione». Primožič riporta anche la recente vicenda dell’isola Arbe, in Croazia. Dove «l’Italia non ha incaricato nessuno a deporre una corona in omaggio alle vittime.
Mattarella ha invitato Nataša Pirc Musar ad aver pazienza. Sarebbe da citare la canzone delle mondine, “Se otto ore son troppo poche”. Se ottant’anni vi sembrano pochi…». Ottanta lunghi anni, durante i quali a stento si ricorda il senso della lotta. «Nel 2025 saremo capitale della cultura. In questi 15 mesi abbiamo assistito a concerti e manifestazioni da entrambe le parti. Ci auguriamo però che gli istituti scolastici di entrambi i Paesi introducano nei propri programmi la lingua slovena e la lingua italiana, per non dover ascoltare più i giovani comunicare fra loro in inglese», auspica Primožič, proponendo anche un progetto storico che meglio possa approfondire le ferite del nostro territorio.
«Nella sinistra i partigiani hanno portato libertà e pace, ed è ciò che vogliamo trasmettere ai giovani. Portare nelle scuole uno sguardo documentato, senza mistificare».
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