Andos Gorizia al fianco delle donne operate al seno da oltre 39 anni

Andos Gorizia al fianco delle donne operate al seno da oltre 39 anni

l'iniziativa

Andos Gorizia al fianco delle donne operate al seno da oltre 39 anni

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 17 Ott 2025
Copertina per Andos Gorizia al fianco delle donne operate al seno da oltre 39 anni

Fra ginnastica dolce e corsi di pittura, l’associazione supporta le donne promuovendo la diagnosi precoce e stili di vita sani.

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Per combattere il nulla bisogna cavalcarlo. Ed è con determinazione e leggerezza che sono nate le Maldobrie, squadra di donne operate al seno in cui pagaiava l’ex vicepresidente Andos Gorizia Alessandra Fiorini, portata via nel 2020 dallo stesso drago contro cui lottava. A restituircene il ricordo è anche la tradizionale campagna di “Ottobre rosa” per la diagnosi precoce del tumore alla mammella, neoplasia più frequente nella popolazione femminile. «Un medico canadese – racconta il presidente di Andos Gorizia Rosa Benedetich - cominciò a studiare un gruppo di donne operate che pagaiavano, scoprendo che il movimento stimolava la circolazione linfatica». Una disciplina che da allora si è diffusa in tutto il mondo, a supporto della riabilitazione postoperatoria da carcinoma alla mammella.

«La nostra associazione – spiega – nacque 39 anni fa come supporto alle donne operate». Dieci anni prima venne fondata l’Andos nazionale, un vero punto di riferimento per quante in molti casi avevano subito amputazione del seno. «Fungeva da supporto alle donne operate – precisa - quando gli interventi prevedevano l’asportazione di tutti i linfonodi ascellari». Una pratica che provocava linfedema al braccio, oggi meno diffuso grazie a manovre che prediligono il “solo” prelievo del linfonodo sentinella. «Anni fa – rammenta - c’erano molte signore con il braccio gonfio e limitazioni importanti. Le volontarie imparavano a fare il linfodrenaggio per arginare il disturbo». «Storicamente – conferma il vicepresidente Adelino Adami - l’associazione nacque per il recupero psicofisico delle pazienti operate di tumore al seno. La prima attività proposta era quella contro una delle complicanze più frequenti di allora, il linfedema. Nel corso degli anni l’attività venne ridotta sia per interventi meno demolitivi, sia per le direttive nazionali, che inquadrano il trattamento come pratica medica».

Fra le proposte attuali, in primis spicca l’attività motoria di ginnastica dolce due volte a settimana con una fisioterapista. In collaborazione con la piscina comunale vengono poi affiancati corsi di acquagym, e non mancano camminate all’aria aperta, fondamentali «per la ripresa psicofisica e come attività terapeutica» per quante sono ancora in trattamento. Al 2018 risale invece l’idea del “dragon boat”, disciplina sportiva di origine cinese che prevede di pagaiare su imbarcazioni decorate con la testa e la coda di un drago. Autentica riabilitazione in cui l’atto del vogare allevia l’infiammazione e al contempo contribuisce a creare rete sociale anche intorno alla donna sola. Una malattia complessa, quella senologica, che incide su autostima e relazioni isolando la paziente con pesanti ricadute sulla qualità di vita. Di qui il supporto psicologico offerto dall’associazione, che può essere estesa anche ai familiari delle pazienti. «Di solito sono per lo più le donne, a chiedere aiuto – interviene la psicologa Samantha Degenhardt – in momenti molto diversi del loro percorso. Non è detto che desiderino parlare subito con qualcuno. A volte hanno bisogno di tempo e si aprono solo a conclusione delle terapie con la necessità di rielaborare la propria esperienza». A guardarsi indietro come in un album di foto sbiadite sarà una donna aperta alla speranza di una nuova vita nonostante il doloroso vissuto.

«Si tratta di un trauma – specifica - perché la persona prima riceve la diagnosi di tumore, poi si sottopone a cure e trattamenti». Dalla perdita dei capelli della “chemio” alla ferita talvolta vistosa fino alle ustioni cutanee provocate dalla radioterapia, il percorso di trasformazione attraversa tappe obbligate, e soltanto dopo attenta introspezione potrà portare a rinascita. Come la fenice risorge dalle sue ceneri ancora più splendente, così la donna potrà riscoprire la bellezza al di là delle ferite. «È un intervento in cui perderanno una parte di sé – rimarca – nonostante la tendenza sia la pratica conservativa. In ogni caso ci sarà un prima e un dopo. C’è il prima della diagnosi e poi il dopo, con tutte le paure che s’innestano». In primo luogo, la paura della morte e l’idea di abbandonare a se stessi i propri cari. «Molta differenza intercorre poi fra quelle donne che possono avere una rete di familiari o amicizie sulle quali poter fare affidamento, e altre che invece non ne hanno». Sentieri diversi che si aprono su baratri e voragini, spesso sfociando in depressione come «risposta a un adattamento», anche se non è possibile generalizzare e ciascun caso è a sé. «Entrando in associazione possono ricevere supporto – prosegue - ma non sempre scelgono di farlo, perché considerano talmente pesante convivere con la diagnosi che tutto ciò che ricorda la malattia viene evitato».

Se presso la Lega navale di Monfalcone si allenano le “mule del Drago”, in via Scodnik a Gorizia - sede dell’associazione isontina – si può anche dipingere con le maestre Rosanna e Mary e partecipare a mostre. «Il corso di pittura è una delle attività che dura da anni – aggiunge Adami – iniziato con una maestra che teneva il corso due volte a settimana». A seguire le sue orme furono altre allieve, ancora oggi disponibili a supportare nuovi gruppi. E nell’anno della Capitale europea transfrontaliera il 42esimo Congresso Nazionale Andos non poteva che svolgersi a Gorizia, occasione per organizzare una mostra di quadri, supportata dalla Camera di Commercio che ha fornito lo spazio espositivo. Il tema proposto lo scorso giugno, è il caso di dirlo, calzava a pennello: “L’arte che cura e la cura dell’arte”. Perché il nulla divora Fantàsia, scriveva Michael Ende nel suo romanzo, ma Atreyu lo combatte a cavallo del fortunadrago, superando le difficoltà e ritrovando infine se stesso. 

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