L'amicizia di Sagrado e Branik nata dalla tragedia, quei gesti di umanità nell'orrore

L'amicizia di Sagrado e Branik nata dalla tragedia, quei gesti di umanità nell'orrore

la commemorazione

L'amicizia di Sagrado e Branik nata dalla tragedia, quei gesti di umanità nell'orrore

Di federico de giovannini • Pubblicato il 28 Set 2024
Copertina per L'amicizia di Sagrado e Branik nata dalla tragedia, quei gesti di umanità nell'orrore

A 80 anni da quel tragico giorno, le due comunità si sono ritrovate per non dimenticare quell'orribile vicenda che vide tra la gente gesti spontanei di aiuto.

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Durante la cupa mattina del 15 febbraio 1944, una colonna di camion e carri armati guidata da nazisti, fascisti e collaborazionisti accerchiò il paese di Branik sul Carso sloveno (oggi in comune di Nova Gorica), dandone alle fiamme le case e rastrellando gli abitanti, ormai solo anziani, donne e bambini. Fu una violenta azione di vendetta all’attacco sferrato alcuni giorni prima dai partigiani a un convoglio di rifornimenti diretto al vicino avamposto fascista; per rappresaglia oltre 200 case vennero distrutte, mentre 527 furono le persone imprigionate e condotte alla stazione ferroviaria di Sagrado per essere stipate nei vagoni e deportate nei campi di sterminio in Germania.

A oltre ottant’anni da quel tragico giorno le due comunità, i loro rappresentanti politici e numerosi esponenti delle sezioni di Anpi, Associazione nazionali ex deportati e Associazione invalidi di Ggerra della provincia di Gorizia e della Primorska, fra cui anche alcuni superstiti della deportazione, si sono incontrati oggi a Sagrado. Lo hanno fatto per ricordare il doloroso avvenimento e celebrare la resilienza dimostrata a quel tempo dalla comunità locale.

Quel 15 febbraio, infatti, i cittadini di Sagrado fecero tutto ciò che era loro possibile per lenire il dolore delle vittime del rastrellamento di Branik che attendevano la deportazione con gesti spontanei di aiuto, conforto e solidarietà. Una dimostrazione di come umanità e fratellanza sopravvivono anche nei momenti più bui della storia, la cui memoria si è mantenuta viva in tutti i decenni successivi e ha contribuito nel 2004 all’istituzione ufficiale del gemellaggio fra le due località.

La commemorazione è cominciata con un silenzioso ritrovo davanti al campo di internamento di Sdraussina (oggi Poggio Terza Armata), dove nel biennio 1942-43 venne recluso e torturato un gran numero di abitanti della Slovenia. In seguito, una breve visita alla stazione di Sagrado da cui partirono i treni per la deportazione, accompagnata da un’esibizione del coro partigiano di Šempeter. I presenti si sono infine spostati nel giardino Milleluci per la cerimonia ufficiale, aperta dai rispettivi inni nazionali, dall’ingresso di bandiere e gonfaloni e dal discorso del sindaco Marco Vittori.

«Stiamo per vivere il ventesimo anniversario di gemellaggio tra le due comunità, motivo per cui oggi intendiamo commemorare gli ottant’anni dal tragico rastrellamento e deportazione dei cittadini di Branik. Per molti anni anche la storia del campo di internamento a Sdraussina è rimasta sconosciuta, per poi emergere grazie al lavoro di storici locali e alle testimonianze dei deportati – così Vittori - vogliamo lanciare un messaggio di unione, pace e fratellanza, riaffermando la memoria di queste e di tutte le vittime e il nostro impegno per libertà, democrazia e diritti umani».

Hanno fatto seguito le dichiarazioni del sindaco di Nova Gorica Samo Turel, del presidente della sezione Aned di Ronchi dei Legionari Libero Tardivo e di Matevž Vidmar, rappresentante della comunità locale di Branik, improntate soprattutto sul valore della memoria storica. Fra un intervento e l’altro il già citato coro di Šempeter, il coro femminile “Danica“ e quello giovanile “Biseri” di San Michele del Carso hanno intonato canzoni popolari legate alla lotta partigiana, fra cui la slovena “Na oknu glej obrazek bled” e l’italiana “Bella Ciao”, suscitando un intenso coinvolgimento emotivo fra i presenti del pubblico.

Ha infine parlato Dora Levpušček, presidente dell’Associazione dei deportati della Primorske Isp, citando e ringraziando tutte le figure e le associazioni presenti alla cerimonia. Un intervento approfondito con cifre e dati sulle vittime di deportazione e altre vicissitudini sulla violenza patita dalla popolazione slovena durante la Seconda guerra mondiale e ancor prima, a causa dei soprusi del regime fascista, che Levpušček ha definito «il più terribile sistema di annientamento messo in piedi dall’essere umano».

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