Amianto, latenza lunga e trend costante: si continua a morire

Amianto, latenza lunga e trend costante: si continua a morire. Al via il progetto 'AmiantoAzbest'

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Amianto, latenza lunga e trend costante: si continua a morire. Al via il progetto 'AmiantoAzbest'

Di Rossana D'Ambrosio • Pubblicato il 30 Ott 2025
Copertina per Amianto, latenza lunga e trend costante: si continua a morire. Al via il progetto 'AmiantoAzbest'

Due incontri e due spettacoli tra Doberdò del Lago e Gorizia per tenere alta l'attenzione sulla piaga che colpisce ancora sia in territorio regionale che nella vicina Slovenia.

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Era da poco entrato l’autunno di quest'anno, quando a Doberdò del Lago si sono svolti i funerali dell’ennesimo ex lavoratore di Italcantieri deceduto a causa dell’esposizione all’amianto. Una piaga diffusa nell’intero territorio nazionale – ma anche in aree d’oltreconfine come Anhovo - per la quale Monfalcone detiene il triste primato, dopo Casale Monferrato un tempo sede dell’azienda Eternit. Per informare i cittadini sui rischi asbesto correlati l’organizzazione di volontariato Eara di Trieste – European Asbestos Risks Association – ha lanciato il progetto “AmiantoAzbest” in collaborazione con il comune di Doberdò del Lago e con il contributo della Direzione centrale FVG Cultura e Sport. «Il tema dell’amianto tocca molto la nostra popolazione – interviene l’assessore con delega ai Servizi socioassistenziali Giulia Cernic – soprattutto quanti erano impiegati nelle diverse aziende del monfalconese che in epoca non sospetta utilizzavano l’amianto». Un calendario scandito da tre incontri a coinvolgere anche gli studenti di Gorizia unitamente ai ragazzi di Doberdò, con l’obiettivo di diffondere consapevolezza e sensibilizzare la cittadinanza.

«Nel nostro piccolo paese – racconta il presidente di Eara Albano Marusic – tra Doberdò, Marcottini e Jamiano, maggiormente popolati, ogni anno muoiono almeno tre o quattro persone a causa dell’amianto». Albano è un ex esposto: prima di lui, che giù al porto ha lavorato 32 anni, a manipolare l’asbesto è stato anche suo padre. «Mio papà aveva le macchie pleuriche – rivela – che non necessariamente si traducono in tumore. Nel nostro piccolo paese di Doberdò – ammette con rassegnazione - si continua a morire. L’ultima notizia che ho appreso riguarda la madre di un mio amico, che per la terza volta è stata in ospedale per farsi aspirare i liquidi. Evidentemente lavava indumenti del padre o del marito». Quanti si ammalano, purtroppo, sono anche i bambini che un tempo giocavano dove la mamma lavava o stirava la tuta del papà, ormai adulti. Ad approfondire la tematica nell’ incontro di oggi – 30 ottobre – nella sala consiliare del municipio di Doberdò alle 18 sarà il dottor Luigi Finotto, direttore della struttura di Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro per Gorizia e Trieste. «Eseguiamo le indagini per le malattie professionali – spiega Finotto – indagando le eventuali responsabilità soggettive».

Indagini svolte per conto della Procura della Repubblica, ricostruendo la storia lavorativa nell’ambito della malattia per individuare un eventuale nesso di causa e i responsabili. Durante l’ampia carrellata si mostrerà l’estrema versatilità del materiale cancerogeno, le cui fibre inalate possono sviluppare placche pleuriche o asbestosi, ma anche mesotelioma e tumore polmonare. Nonostante l’articolo 21 del D.P.R. 303/1956 imponesse la tutela del lavoratore contro le polveri, le fibre galleggiavano in aria come particelle finissime e luccicanti con cui i bambini adoravano giocare. Ancora da accertare il coinvolgimento dell’amianto in altre tipologie di tumore – come colangiocarcinoma o il tumore del pancreas - ricerca che verrà approfondita in collaborazione con il dipartimento di Medicina diretto da Violetta Borrelli. «C’è una lunga latenza – prosegue – fra l’esposizione e la manifestazione della malattia». Smentito anche uno studio epidemiologico del 2000, secondo cui la curva dell’amianto sarebbe dovuta calare fra il 2015 e il 2020. «Siamo nel 2025 – rimarca – e invece la curva ancora non tende a diminuire, ci ritroviamo in una fase di plateau».

Un trend costante che nell’area giuliana isontina non intende arrestarsi: dal primo gennaio di quest’anno a oggi si sono registrati 24 casi di mesotelioma e 24 tumori polmonari nella sola area monfalconese, cui si aggiungono 99 placche e 11 asbestosi riscontrate tra Monfalcone e Trieste. «Quando uno si ammala – precisa Marusic - ha due possibilità: andare all’Asugi, oppure al Crua, dove c’è il dottor Paolo Barbina, chiamato anche quando la persona è già ricoverata e siamo vicini al decesso. Personalmente ho perso il suocero, che lavorava alla Eternit di Padova, e uno zio a marzo di quest’anno, affetto da versamenti polmonari». L’attività di Eara consiste nell’assistere gli ex esposti attraverso l’iscrizione nel registro regionale, facilitando spirometrie e visite di controllo. «La gente non conosce la prassi - specifica - e quando scopre la malattia l’intera famiglia tende a chiudersi in se stessa». Sono otto le associazioni nazionali che si battono per affiancare i malati – fra cui Eara - interagendo con il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità. «Abbiamo ottenuto un aumento di contributo a sostegno della famiglia – aggiunge - intorno ai 15mila euro. Siamo partiti con 7mila euro, per arrivare a 9mila e ora un po’ di più».

A seguire l’intervento del dottor Finotto sarà il 6 novembre alla stessa ora Donata Milazzi, che presenterà “La casa della giustizia perduta” nella traduzione slovena “Hiša zanikanih pravic”. Un memoriale di testimonianze raccolte fra Carso goriziano, triestino e oltreconfine, ma anche nella stessa Gorizia, a dimostrazione che il confine non ferma la malattia. Giovedì 13 novembre Giustina Testa incontrerà invece gli allievi di Biotecnologie del “D’Annunzio” con lo spettacolo “Amianto senza confini”, con testo e regia di Sabrina Morena. A metà mattinata lo stesso spettacolo verrà recitato a Jamiano per i ragazzi delle medie di Doberdò dall’attrice Elena Husu. Perché, se di amianto si continua a morire, la prima arma contro una patologia subdola e ancora poco conosciuta resta l’informazione e il supporto delle scuole.

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