L'episodio
Urla e minacce in Pronto soccorso a Monfalcone, interviene la polizia

Sul caso intervengono anche i sindacati minacciando scioperi. Vito stigmatizza il gesto, «fortemente preoccupati».
L’aggressione è avvenuta nella mattinata di domenica 18 agosto a Monfalcone, nel Pronto Soccorso dell’ospedale San Polo: fortunatamente, nella negatività dell’episodio, si è trattato solo di aggressione verbale con alcuni danni materiali a una porta che è stata divelta. In seguito all’episodio il personale del Pronto Soccorso ha prontamente chiamato le Forze dell’Ordine utilizzando la linea telefonica dedicata e già attiva in tutti i presidi di Pronto Soccorso di ASUGI. L’aggressore ha lasciato il Pronto Soccorso prima dell’arrivo delle Forze dell’Ordine. Il personale, in virtù dell’accaduto e in ottemperanza a quanto previsto dal protocollo aziendale “Prevenzione della violenza a danno degli operatori” ha già provveduto alla segnalazione interna.
Asugi ha rassicurato la popolazione, «ricordando che all’interno di tutti i Pronto Soccorso dell’Azienda è attivo un sistema di registrazione degli episodi di violenza e di supporto agli operatori coinvolti e che da oltre un anno, sono attivi i protocolli “linea punto-punto” per le chiamate di emergenza dirette alle Forze dell’Ordine. Inoltre per tutto il personale sono attivi moduli di formazione interna sulle tecniche di analisi del contesto, individuazione delle situazioni a rischio e tecniche di de-escalation». L’azienda rimarca di aver fornito tutto il materiale in proprio possesso alle Forze dell’Ordine che stanno accertando quanto accaduto per risalire al violento.
Lo definiscono un «grave episodio di violenza» Stefano Bressan, Segretario Generale UIL FPL FVG, e Luca Petruz, Segretario Regionale NURSIND FVG. «Non c è sicurezza per gli operatori sanitari, in primis al pronto soccorso, di Monfalcone: non si tratta di un servizio secondario ma è la porta di ingresso di migliaia di utenti, i numeri sono in aumento in quest’ultimo anno tanto che l’isontino supera gli accessi di Cattinara. E non si dica che i casi più gravi vanno all’hub. Vengono accolti nello spoke trattati stabilizzati e poi giustamente inviati agli ospedali dove vi sono specialità adeguate. Accanto a questo non mancano ripetuti episodi di violenza. Ed inoltre si è registrato un inadeguata risposta al numero dell’emergenza dedicato al PS di Monfalcone, tant’è vero che per fare intervenire la pattuglia della polizia sono state necessarie 2 telefonate da parte degli infermieri del Pronto Soccorso, questo è totalmente inaccettabile».
Secondo i sindacati «a Monfalcone gli infermieri e i medici sono la metà di quelli di Trieste, il turno è composto da un insufficiente numero di infermieri, cinque per turno con anche 12 ore di servizio, rispondono non solo agli interventi di pronto soccorso ma escono in ambulanza e danno assistenza in medicina d’urgenza che giace all interno del Pronto Soccorso con un tasso di occupazione del 160%. I posti letto di quest ultima infatti non sono mai stati incrementati anche se in un noto documento regionale DGR 1965 risultano nell isontino come semi intensiva mancanti ancora ad oggi 7 posti letto, ricordiamo l importanza di tale assistenza , indispensabile per rispondere con tempestività ai cittadini più gravi». Sono glis tessi sindacalisti ad annunciare, in caso di mancata risposta alle numerose richieste, «di proclamare lo stato d’agitazioneo lo sciopero».
Sul caso è intervenuta anche la politica, con la segretaria dem Sara Vito che ha rimarcato: «Ormai i Pronto soccorso sono diventati una trincea avanzata in cui il personale sanitario si espone a rischi che non dovrebbero far parte dei suoi compiti. Torniamo a ribadire una forte preoccupazione per questa escalation di violenza contro i medici e contro ogni operatore sanitario. Certo serve aumentare le misure di sicurezza, telecamere e vigilanza, ma non basta agire su questo fronte. Vanno aumentati gli organici, altrimenti le aggressioni in Pronto soccorso sono destinate ad aumentare, anche perché sta venendo sempre meno la funzione filtro dei medici di base. Non sono serviti gli inasprimenti di pena e le sanzioni votati con una legge ad hoc nel 2020 e manca un investimento sulle azioni di rafforzamento del rapporto medico-paziente, mentre aumenta un disagio sociale che si sfoga nei luoghi più imprevisti».
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