le storie
Africa, Australia e Friuli nella mappa di Gusti, «mi ha cambiato la vita»
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Anche quest’anno la kermesse di Gorizia ripropone piatti già sperimentati, ma con tante novità. Le storie dei ristoratori giunti da tutto il mondo.
Si attraversano le strade di Gusti di frontiera a Gorizia come in un viaggio per il mondo, dove si incrociano storie, usanze e peculiarità culinarie caratteristiche dei diversi Paesi. Anche quest’anno la kermesse ripropone piatti già sperimentati, ma con tante novità. In Borgo Africa ritroviamo – insieme alle tradizionali spezie aromatiche – gli infusi contro i primi freddi dell’autunno. Si va dal melograno e mango al fiammeggiante ibisco disidratato, alle diverse varietà di tè con proprietà antiossidanti – nero al bergamotto, jasmine al gelsomino, verde con canapa e mango e infine melograno e mirtillo.
Di fronte allo stand degli oli essenziali - custoditi in speciali boccette dorate, a raccontare il fascino del lontano oriente - si trova lo stand dei ragazzi di Montpellier, dove Bryan Lecoeur prepara esotici sorbetti al cocco, al litchi, ma anche mango e ananas. Nello stesso borgo sorge lo stand “Aloha” degli chef Clarisa Quiblat e Oliver Chmelarz, che offrono tartare di canguro, oltre che coccodrillo in rotolo di sushi maki. E ancora, spiedini misti, hamburger o tagliata di zebra e canguro. «Non voglio avere un ristorante» confessa Chmelarz che ha girato il mondo, ma è originario dell’Austria, dove è tornato per assistere la madre anziana.
«Sono andato a Nizza, poi in America per quattro anni, dove mi sono occupato di commercio del tonno. Poi alle Isole Marshall, e infine abbiamo aperto ad Adelaide, in Australia, per esportare prodotti tipici come la kava kava, bevanda tradizionale delle isole del Pacifico. Io sono cittadino del mondo, purtroppo ho avuto un incidente fisico e del locale si occupa mia moglie», racconta apertamente sorseggiando la birra. Al momento abitano a Klagenfurt, ma stanno meditando di trasferirsi a Malta, dove il clima è più mite. «Abbiamo anche creato un’associazione no profit per rifugiati con l’idea di mettere in atto uno scambio culturale, perché non bisogna aver paura dell’altro», afferma con tranquillità, inframmezzando all’americano qualche frase in italiano.
Racconta che la carne di coccodrillo proviene da allevamenti del Sud Africa, il rinomato coccodrillo del Nilo. Mentre la carne di canguro è di provenienza australiana. «Abbiamo 40 milioni di canguri, in Australia, quindi c’è libera consumazione», ribadisce, spiegando come il numero elevato spinga il governo a misure di contenimento. Chmelarz critica poi il sistema europeo, fondato esclusivamente sul profitto e sugli affari. «Il valore importante è stare con la famiglia e i propri amici. Con questo lavoro lo stress non ha ragione d’essere, perché sei tu, il proprietario del tuo tempo».
“It’s your time, take your time”, ripete salutando come farebbe un amico di vecchia data. E una fiera di sapori è anche lo stand di Isaac Boateng, che grazie a Gusti di frontiera ha aperto un ristorante di cucina africana a Brescia. «Gorizia mi ha dato la spinta per aprire un locale tutto mio», racconta con orgoglio. «Ho iniziato a Gorizia prima del Covid, ho visto che la cucina piace e lo scorso anno ho aperto un ristorante a Brescia, oggi molto conosciuto. Spero che il prossimo anno possano prendere parte più stand dell’Africa», si augura con entusiasmo.
I piatti proposti vanno dall’attieke, di consistenza simile al cous cous, ma a base di manioca, servita con cipolle croccanti, al red red, dove gli ingredienti proposti sono i fagioli con olio di palma e platano. Alla base di molti piatti, oltre al platano fritto, c’è poi il genuino riso basmati, scuro perché insaporito da spezie e pomodoro. E ancora, spiedini di agnello con spezie conditi con la tradizionale salsa suya, di origine nigeriana, leggermente piccante, da accompagnare con la bevanda Palm wine o Asanka sobolo, analcolico fatto con zenzero, chiodi di garofano e ananas.
Questo è il terzo anno che è presente lo stand di Boateng, ma il tempo incerto ha rallentato un poco l’afflusso di commensali. «Speriamo di lavorare di più nei prossimi giorni», conclude con un sorriso. Fra i diversi stand di corso Verdi, non poteva mancare quello della birra integrale di Sauris, prodotta dal birrificio Zahre, a conduzione familiare. A parlare è Massimo Petris, che insieme al fratello Sandro produce birra in uno dei luoghi più magici e incontaminati del Friuli Venezia Giulia. «Siamo nati nel 1999, produciamo birra, sostanzialmente, e oltre che fare birra siamo agricoltori. Coltiviamo orzo per trasformarlo in malto e poi in birra».
«A Gusti siamo presenti con i nostri prodotti fin dai primi anni in cui ha avuto inizio la manifestazione. Le nostre birre sono “lagerizzate”, alcune a bassa fermentazione, altre ad alta. La caratteristica è che sono di tono più smorzato, per far sì che la gente possa avvicinarsi al mondo delle birre artigianali. Prevalentemente produciamo cinque sei birre, una bionda, una bionda alla canapa, una rossa “Vienna”, una rossa affumicata, un’american pale ale e, a spot, dal punto di vista stagionale, facciamo anche una stout». Spiegando poi come la clientela sia in prevalenza d’età compresa fra 40 e 50 anni.
«Prima si notava una percentuale di giovani maggiore. Il nostro lavoro è anche quello di favorire gli incontri sociali, in un momento in cui la gente è rientrata dalle vacanze e ritrova il piacere di stare in città. Penso che tutti i cittadini apprezzino, perché si tratta di una multietnicità che non è rivolta solo al turista. Poi, credo che sia importante soprattutto per i giovani, vivere appieno la città e creare punti di interesse. A Sauris siamo molto uniti, anche se il periodo di Covid ci ha messo a dura prova, e molti giovani abbandonano il luogo in cui sono nati. Ritengo che sia indispensabile dare ai giovani le opportunità di fare esperienze, ma anche di essere accolto nuovamente nella comunità. L’esperienza dei giovani crea gli imprenditori di domani».
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