le storie
L'abbraccio di Savogna a Peter e Alojz, deportati e uccisi nei lager

Il ricordo di due deportati dai nazifascisti, la famiglia Tomsič era all'oscuro della sua attività partigiana.
Entrambi avevano superato abbondantemente i 30 anni quando i militari si sono presentati alle loro porte. Entrambi avevano una famiglia che non hanno potuto più riabbracciare. Oggi, mercoledì 25 gennaio, le comunità di Savogna d’Isonzo e Peci hanno voluto restituire idealmente quel calore che i figli di Peter Juren e Alojz Tomsič non hanno più ricevuto. I due deportati furono arrestati dai nazifascisti nel 1944, complice le accuse di supporto ai partigiani. In loro memoria, sono state deposte due pietre d’inciampo.
A collocarle sono stati il presidente della locale sezione dell’Anpi, Bernard Florenin, con il sindaco Luca Pisk. Il primo cittadino ha voluto ringraziare Robin Devetak e Juren Vojko, per aver preparato rispettivamente i bordi in marmo e gli incavi che hanno accolto le stolpersteine. “L’anno scorso - ha ricordato Pisk - abbiamo per la prima volta posizionato due pietre d’inciampo. Queste pietre sono dedicate alla memoria di coloro che non sono più tornati dai lager nazisti”. Ha quindi evidenziato il progetto dell’artista Gunter Demning.
Quest’ultimo, tedesco, è dal 1994 che gira l’Europa secondo il principio “una pietra, un nome”. Le pietre sono state quindi collocate fuori dalle case dove abitavano i due uomini catturati. Scomparsi rispettivamente l'8 gennaio 1945 e 3 novembre 1944, Juren e Tomsič erano nati a Merna: il primo era classe 1905 e abitava a Peci, il secondo era classe 1908 e residente a Savogna, l’unico del paese a essere stato ucciso nella Risiera di San Sabba. A entrambi gli appuntamenti erano presenti i loro figli, visibilmente emozionati.
Pierina, Vittoria/Vida e Ciril Juren hanno pianto il ricordo del padre Peter. Le prime due avevano 7 e 5 anni quando venne prelevato, ricordato alcuni frammenti di quei drammatici momenti. Davanti la casa di Alojz c’erano i figli Zdravko e Magda, insieme alla nipote - e giornalista della Rai - Betti Tomsič che ha voluto leggere un testo in cui ha ripercorso gli ultimi momenti di vita del nonno. Era meccanico e partigiano dell’Epl, venne dapprima portato in via Barzellini e quindi al carcere del Coroneo a Trieste. Nessuno sapeva della sua attività.
Ancora oggi, infatti, la famiglia non sa quale fosse il suo ruolo effettivo né perché fu torturato prima della fucilazione. I suoi cari, visitandolo al Coroneo, non riuscirono a riconoscerlo. Prima della deposizione della pietra, i bambini delle scuole hanno intonato un coro. A Peci, invece, Juren era contadino. Il 14 ottobre 1944 fu portato in carcere a Gorizia dall'SD, matricola n. 2411, e il 19 ottobre viene deportato in Germania. Il 22 ottobre giunge in campo di concentramento e il 4 dicembre viene trasferito a Buchenwald. Trasferito nuovamente, morirà di infiammazione polmonare.
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