5 Stelle, l'addio della deputata Sabrina De Carlo: «Movimento pavido»

5 Stelle, l'addio della deputata Sabrina De Carlo: «Movimento pavido»

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5 Stelle, l'addio della deputata Sabrina De Carlo: «Movimento pavido»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 10 Ago 2022
Copertina per 5 Stelle, l'addio della deputata Sabrina De Carlo: «Movimento pavido»

La deputata non si ricandida, le critiche al Movimento: «Continuerò a lavorare sul territorio».

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Sabrina De Carlo ha lasciato il Movimento 5 Stelle. La deputata triestina candidata nel collegio uninominale di Gorizia nel 2018 ha ufficializzato ieri la propria decisione, scegliendo di non ricandidarsi all’imminente tornata elettorale e levandosi diversi sassolini dalla scarpa. Un percorso, il suo, “lungo 11 anni - spiega lei stessa - ma è soltanto negli ultimi tre che quella con il partito è diventata una relazione complicata. Potrei paragonarla a una di quelle storie dove sei così innamorato da non vedere i difetti del partner”.

“Quando inizi a notarli - rimarca la 34enne -, hai investito così tanto in un rapporto e speri che con un po’ di tempo e tanto impegno le cose potranno migliorare. Fino a quando ti rendi conto che purtroppo non è così. Ho rispettato il mandato e gli impegni presi con i cittadini fino alla fine del mandato e le mie riflessioni presenti e future sono il risultato dell’evoluzione del pensiero e delle aspettative della società. I partiti sono infatti l’espressione e il riflesso di questa evoluzione”. Netto il giudizio sugli ultimi 12 mesi.

Per De Carlo, il M5s è stato “pavido. Al primo posto nella lista di priorità si è preferito inserire le alleanze strutturali con partiti inaffidabili. In Parlamento, questo atteggiamento ha limitato fortemente il nostro lavoro, fino quasi ad annullarlo. Sui territori ha fatto sì che, in occasione delle elezioni amministrative, si prediligessero situazioni dove esistevano i presupposti per accordi con i partiti di sinistra, a discapito di altre dove eravamo presenti. Si è preferito non mettersi in gioco”, anziché preservare la propria presenza.

Un atteggiamento, questo, attuato soprattutto in “tutti quei comuni dove era stata conquistata e mantenuta con grande fatica. Per non parlare dei continui ostacoli interni al partito: Casaleggio, Rousseau, la questione del Tribunale di Napoli, Di Maio, solo per citarne alcuni”. Proprio la fuoriuscita del ministro degli Esteri è stata una scelta per un “proprio tornaconto personale”, attacca la deputata, “ha coltivato e diffuso per molto tempo un malessere, con l’obiettivo di colpire e danneggiare il suo partito e la comunità”.

Sul tavolo, alla vigilia di quella rottura, c’era anche il tema della riorganizzazione territoriale del Movimento. Un progetto fallito? “Purtroppo sì. Di Maio, poco prima di dimettersi da capo politico, aveva fatto un tentativo, nominando i cosiddetti ‘facilitatori’ che, col venir meno del suo incarico, hanno concluso il proprio lavoro ancor prima di iniziarlo. Dopo due anni di rinvii, siamo arrivati agli Stati Generali, i cui esiti sono stati disattesi con la caduta del Conte II. Con il nuovo corso, lo scorso dicembre sono stati assegnati nuovi ruoli”.

“Il comitato di cui facevo parte - rileva - ha consegnato in meno di 15 giorni il lavoro sull’organizzazione territoriale che tuttavia, dopo ben 8 mesi, non ha ancora avuto risposta e si trova tuttora al vaglio dei vertici”. Non parla però di terremoto interno alla forza politica, quanto di “una ristrutturazione che non troverà compimento prima delle elezioni politiche. Ma già adesso è difficile parlare ancora di Movimento 5 Stelle, per chi come me l’ha vissuto per un decennio”. In ogni caso, il 25 settembre non ci sarà il suo nome sulla scheda elettorale.

"Per le elezioni politiche non correrò con altre forze politiche e nei prossimi mesi continuerò a lavorare per il territorio, incontrando i cittadini, portando all’attenzione delle istituzioni competenti le necessità delle realtà locali. Se in futuro ci sarà la possibilità di continuare a farlo anche all’interno delle istituzioni con un progetto valido, credibile e lungimirante, farò le mie valutazioni”. Infine, il bilancio dell’esperienza al governo con il Pd, tanto da dire che l’ex presidente del Consiglio si è spostato troppo a sinistra.

“Il prossimo autunno - ancora De Carlo - sarà drammatico per il nostro Paese, e quando un medico si trova davanti una persona in fin di vita, deve fare il possibile per salvarla, con tutti gli strumenti che ha a disposizione. La tenuta sociale di milioni di persone all’interno del nostro Paese è una cosa seria ed è sbagliato che una cura adeguata venga negata a causa di preconcetti ideologici. Purtroppo il Movimento ha dichiaratamente smesso da tempo di appoggiare in modo pragmatico le buone idee, indipendentemente dall’origine, ed è un approccio penalizzante nel quale è difficile riconoscersi”.

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