Il fenomeno
28 marzo, la Giornata mondiale della consapevolezza sull’endometriosi: «Prevenzione fondamentale»

Per la diagnosi precoce è necessario sia diffusa l’informazione alla cittadinanza.
Montecitorio si è tinto di giallo, in parallelo alle innumerevoli attività che si sono moltiplicate nello stivale per la Giornata mondiale dell’endometriosi di ieri, 28 marzo. Proprio su questa patologia la nostra regione ha istituito anche la Giornata regionale per la lotta all’endometriosi, fissata il 9 marzo.
«La Giornata regionale è stata istituita il primo ottobre del 2012 – spiega la presidente dell’Associazione endometriosi, Fvg Sonia Manente – quando i governatori dell’epoca fecero riferimento alla settimana europea, già allora in vigore dal quattro al dieci marzo». Occasione duplice per sensibilizzare la popolazione e organizzare incontri s’una patologia cronica che colpisce in media il 10-15 % delle donne in età fertile. «La diffusione di informazioni corrette è un elemento centrale per migliorare la diagnosi precoce e la qualità di vita delle persone affette», rimarca la ginecologa Irene Badalini, dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste.
Una malattia con sintomi talvolta sottovalutati, per la quale le campagne di sensibilizzazione si rivelano indispensabili nell’indirizzarsi allo specialista. «Diversi i canali a disposizione della comunità per contrastare la disinformazione, a partire dalle scuole fino all’arma dei mass media - prosegue Baldini – ma allo stesso tempo è necessario offrire corsi di aggiornamento ai medici di base, che rappresentano il primo punto di riferimento per le pazienti». In ambito regionale, a supporto delle donne è attiva anche l’Associazione diretta da Manente, sul cui sito sono disponibili indicazioni per una dieta sana e le date dei convegni rivolti alla cittadinanza. «Siamo attivi tutto l’anno – così Manente - dandoci da fare per dar voce a queste problematiche. Il prossimo incontro si terrà a Gradisca il 16 maggio nella sala del Comune».Una problematica per la quale alcune donne non manifestano sintomi mentre altre accedono in pronto soccorso con dolori forti, spesso confusi con cause diverse. Perché l’endometriosi è subdola e può coinvolgere più apparati, così che il rischio è ottenere una diagnosi soltanto dopo anni di accertamenti. In media ne passano sette, ma i tempi possono allungarsi nei casi di sintomatologia sfumata non ascrivibile a un unico distretto. Nell’ambulatorio di endometriosi del Burlo si stima che solo lo scorso anno gli accessi per visite e controlli abbiamo oltrepassato le 500 unità. «Il nostro è un ambulatorio giovane – riflette Baldini – ma sta avendo una crescita esponenziale, come numero di accessi, sulla base di una richiesta da parte della popolazione. Correlata alla grandissima esigenza da parte delle pazienti ad avere un punto di riferimento in cui il dolore non venga ignorato. In molti casi le donne sopportano dolori cronici da anni, dopo aver girato in lungo e in largo senza trovare ascolto. Un problema diffuso ovunque, legato ancora a una scarsa conoscenza della malattia. Per questo le campagne di sensibilizzazione puntano molto sui sintomi».
Dal materiale informativo divulgato dall’istituto in eventi ai quali il Burlo partecipa con propri stand - come durante l’ultima Barcolana – fino agli incontri tenuti dagli stessi medici, l’ultimo dei quali svoltosi nel giugno del 2024. «Riteniamo che la diagnosi debba essere potenziata attraverso un accesso semplificato agli esami diagnostici – sottolinea – come l’ecografia transvaginale e la risonanza magnetica, ma anche creando centri specializzati con équipe multidisciplinari. È necessario investire sul sistema sanitario nazionale per ridurre i tempi di attesa di visite e interventi, spesso necessari per una conferma della diagnosi. Infine, oltre alle cure mediche è fondamentale garantire assistenza psicologica e programmi di gestione del dolore che includano farmaci, fisioterapia e approcci complementari basati su un’alimentazione antinfiammatoria. Che vadano ad affiancarsi alla ricerca, chiave per sviluppare terapie maggiormente efficaci e con minori effetti collaterali. Non da ultimo – conclude – è necessario un riconoscimento sociale e lavorativo dell’endometriosi, in primis nei casi più gravi, che consentano alle pazienti una maggior tutela sui luoghi di lavoro e una qualità di vita migliore».
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