La situazione
Viaggio nel laboratorio di un artista colpito dall'esondazione del Judrio: lo scultore Stefano Comelli cerca una nuova normalità
Attrezzature e opere d'arte ancora da completare completamente sommerse. Qualcosa si è salvato ma creare una stima è difficile. «Non c'è alcuna certezza».
«Stefano, come sta il suo laboratorio?». La domanda che pongo è semplice e quanto mai difficile e pesante da digerire. Dall’altro lato del telefono l’artista, Stefano Comelli, classe 1969, colpito dall’esondazione di Judrio e Versa nell’omonoma frazione di Romans d’Isonzo nella notte tra domenica 16 e lunedì 17 novembre, aspetta qualche breve secondo e mi risponde: «È un grande punto interrogativo».
Il fatto è che, come per tutti gli abitanti del paese, qualsiasi cosa si trovasse al piano terra è rimasta a mollo tutta la notte e il giorno successivo. «C’è qualcuno che mi dice che asciugandosi alcune cose torneranno a funzionare ma dobbiamo testare macchinario per macchinario», racconta. Per un artista le mani e la testa sono tutto ma, chiaramente, senza alcune macchine è impossibile proseguire.
Solo qualche mese fa, proprio a Versa, dietro la chiesa della Lauretana, anch’essa duramente colpita dall’esondazione e inondata di fango, Comelli ha firmato una propria opera in ricordo del poeta, giornalista e scrittore friulano nativo del piccolo paese friulano lambito dal Judrio, Celso Macor.
E proprio Macor, in modo quasi profetico, aveva raccontato di questi fiumi, del Judrio, del Torre, del Versa, in ‘Aghis’, raccolta nelle ‘Puisiis a Viarsa’: «Aghis ch’a vês partât l’orê di Diu/tal scosàin da lienda/grevia di montanis/…», “Acque che avete portato il volere di Dio/nel mistero della leggenda/ greve d’alluvioni…”.
E nel tempo anche Comelli aveva raccolto attrezzi per plasmare legno e pietra. Lo stesso legno che, nel disastro dell’esondazione, ha viaggiato, in pezzi, ed è stato ritrovato per il paese. Una materia prima che doveva trasformarsi in lavoro per il periodo natalizio che ormai è alle porte. «Uno l’ho già consegnato ma un altro no ed era in laboratorio». Laboratorio che conteneva cinque motoseghe, venti pezzi vari tra pialle e utensili per la levigazione, «resistono solo gli scalpelli a mano», dice quasi scherzando.
Il laboratorio è stato colpito interamente sia all’interno che all’esterno. Qualcosa si è salvato «galleggiando, come alcuni libri che ho trovati asciutti perché hanno navigato sopra un tavolo, ma un’altra scultura, che era su un altro tavolo in bilico, è caduta in acqua e ora avrà bisogno di essere risistemata».
La casa al primo piano è stato il pensiero successivo, «anche perché un altro luogo dove dormire l’abbiamo» e per fortuna «la macchina dei soccorsi ha funzionato. Romans è una grande realtà di associazioni, e in tanti si sono mossi per aiutare e organizzare eventi a favore del paese».
Sui ristori non si pronuncia, anche perché la normativa lo inquadra come libero professionista «ma non c’è alcuna certezza, nemmeno con le assicurazioni. A meno che non venga istituito un fondo diverso da quello dei commercianti resta un grande dubbio».
Così si cerca una nuova normalità in un laboratorio che, seppur disastrato dall’acqua, lentamente si rianima anche perché ci sono allestimenti per parchi natalizi da finire e sculture da consegnare. «È mancato un avviso perentorio, quello sì. Il fatto che la gente non sia potuta uscire di casa e mettere in salvo qualsiasi cosa è paradossale», racconta. «Anche perché un livello di acqua così alto non si era mai visto nemmeno nel 1998». Ora, però, è il momento di concludere il grande lavoro iniziato rimboccandosi le maniche «e poi si faranno tutte le constatazioni del caso». Vero è che «è probabile che l’acqua ritorni e spero si possa imparare da tutto ciò».
A dare una mano all’artista è la figlia Rebecca che, oltre a essersi messa a lavoro fisicamente, ha attivato in questi giorni una raccolta fondi, come varie altre realtà e privati del paese, per un primo, concreto sostegno all’attività del padre (raggiungibile cliccando qui) con l'obiettivo di raggiungere almeno 10mila euro. In pochi giorni la cifra ha già superato i 3mila. «L’alluvione che lunedì 17 novembre ha colpito Versa ha sommerso completamente i laboratori di mio papà. Mio papà è uno scultore e purtroppo tutta la sua attrezzatura da lavoro è finita sott’acqua, rendendola inutilizzabile. Per permettergli di ripartire – scrive Rebecca sulla piattaforma GoFundMe – e continuare il suo mestiere, stiamo cercando un aiuto per ricomprare gli strumenti essenziali, tra cui: compressore, motoseghe, saldatrici, trapani e altre attrezzature da scultura. Ogni contributo, anche piccolo, può fare davvero la differenza».
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