IL FUNERALE
L’ultimo sentito saluto a Fabrizio Janke, «ha conosciuto sofferenza e dolore senza mai smettere di credere nella vita»
Quasi un centinaio i presenti alla chiesa di San Nicolò a Monfalcone. L’invito di don Flavio Zanetti a «vedere ogni vita tale qual è» e a «cogliere ogni occasione per fare del bene».
“Fuori” dalla chiesa, dopo la notizia, la condivisione del cordoglio, di un commento o di ricordi è stata numerosa e diffusa. Più circoscritto ma profondamente condiviso l’ultimo saluto, oggi 15 novembre, a Fabrizio Janke nella chiesa dei Santi Nicolò e Paolo a Monfalcone.
Un’ottantina all’interno, quasi cento con chi ha atteso fuori dall’edificio, i presenti ai funerali per l’improvviso decesso dell’uomo sessantaduenne che – come ricordato nell’omelia da don Flavio Zanetti – «molti hanno conosciuto in varie occasioni».
Ma, ha sottolineato il parroco, «oggi non è tanto importante fare elogi o ricordi, quanto stare vicini a nostro fratello Fabrizio in questo momento di passaggio tra una fase e l’altra della vita». Una vita da «vedere tale qual è», ha proseguito don Zanetti: «Il signore conosce sia il bene che Fabrizio ha fatto che le sue difficoltà e i suoi limiti».
L’invito a tutti del parroco di Monfalcone è stato quello di «raccogliere il tempo che ci è dato come occasione per fare qualcosa di buono», poiché «non sempre giustizia e amore regnano in questa prima fase della vita», ma «noi dobbiamo lottare affinché ciò possa accadere cogliendo ogni occasione possibile per fare del bene». Un invito, anche, alla preghiera al di là del proprio “grado di fede”, «davanti allo schiaffo con cui ci arriva il momento della morte».
Hanno partecipato al momento anche i parenti più prossimi di Fabrizio. Condivisa, poi, con tutti i presenti un’emozionante testimonianza da parte di un cittadino che lo ha conosciuto da vicino. «L’ho incontrato la prima volta quando vestivo la divisa. Cercava parole di conforto e sapeva restituirle con un sorriso che arrivava dritto al cuore. Ha conosciuto sofferenza e dolore, ma non ha mai smesso di credere nella vita».
Ricordata, al microfono, anche la sua grande passione per il ballo e per la musica: un atto liberatorio che ha attirato la simpatia e l’attenzione di quasi ogni frequentatore di feste e sagre bisiache, ma che ha sempre celato un significato intimo ed emotivo. «Attraverso la musica riusciva a trasformare la malinconia in movimento, la fatica in energia: danzava libero, per sentirsi più leggero».
Con la consapevolezza condivisa che «ogni vita, specie la più fragile, merita cura, attenzione e memoria nell’oggi più che nel domani», il feretro è stato accompagnato fuori dalle porte di san Nicolò. L’ultimo viaggio lo porterà nel luogo collegato ad un’altra delle sue passioni, ovvero la pesca: dopo le esequie, il corpo sarà cremato e le ceneri disperse in mare, privatamente, «per lasciare Fabrizio libero nel suo posto felice».
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