Il sogno socialista della 'Nuova Gorizia’, a èStoria la genesi di Nova Gorica

Il sogno socialista della 'Nuova Gorizia’, a èStoria la genesi di Nova Gorica

DAL FESTIVAL

Il sogno socialista della 'Nuova Gorizia’, a èStoria la genesi di Nova Gorica

Di Agata Cragnolin • Pubblicato il 29 Mag 2025
Copertina per Il sogno socialista della 'Nuova Gorizia’, a èStoria la genesi di Nova Gorica

Diego Kuzmin racconta la nascita della città slovena spiegando il progetto e la premesse da cui è nata. L’architetto Ravnikar: «Costruiremo qualcosa che brillerà oltre il confine».

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Tra i vari incontri organizzati da eStoria, stamattina al Trvoski dom di Gorizia è intervenuto Diego Kuzmin, che ha raccontato della nascita della Nuova Gorizia. Storico dell’architettura e dell’urbanistica, Kuzmin è stato introdotto da Elisa Trani, vicepresidente di Italia Nostra Aps - sezione Gorizia, ente che ha curato la conferenza.

Alla fine della seconda guerra mondiale «da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico, una cortina di ferro è scesa attraverso il continente», come disse Winston Churchill nel ’46. Quello che allora era il territorio della Venezia Giulia italiana era stato diviso in due blocchi: la linea Morgan separava Gorizia e Trieste; che erano sotto il controllo degli alleati anglo-americani, dalla zona Jugoslava. Gorizia stessa, dalla metà del XIX secolo al 1948 aveva visto una drastica diminuzione della sua provincia: se prima il suo territorio si estendeva dalle alpi al mare, negli anni si era progressivamente ridotta, fino a divenire un cantone «infimo», con la sconfitta dell’Italia nel secondo conflitto mondiale. «Nel 1947, allora, si vedeva il filo spinato tagliare la città di Gorizia: dall’altro lato, la stazione Transalpina» racconta Diego Kuzmin.

Il governo jugoslavo decise di iniziare la costruzione di una nuova Gorizia perché necessitava di un nuovo centro amministrativo; sarebbe stata una nuova città testimone del nuovo governo socialista, che voleva risorgere al meglio dopo il conflitto bellico. La città avrebbe sostituito quella vecchia, almeno secondo i piani iniziali, e infatti la si voleva chiamare semplicemente Gorica. Si dibatté sulla migliore posizione geografica in cui collocarla, appoggiandosi a centri già esistenti: Aidussina, Salcano o Sempeter. Infine venne deciso di idearla ex novo.

«Il progetto non voleva essere affidato ad architetti locali – spiega lo storico – e si scelse un professionista riconosciuto in ambito internazionale, uno moderno, che avesse esperienza all’estero». Quell’uomo era Edvard Ravnikar, architetto sloveno che aveva lavorato per lo studio di Le Corbusier. Già autore del piano regolatore della città di Lubiana, Ravnikar realizzò anche la piazza della Repubblica di Lubiana e i suoi due grattacieli e il complesso commemorativo di Kampor sull’isola d’Arbe, in Croazia.

Confrontatosi sul progetto per la futura con il ministro degli interni sloveno Ivan Maček, Ravnikar promise «qualcosa di grande, di bello, di altero, qualcosa che brillerà oltre il confine» e che avrebbe portato alla luce il socialismo jugoslavo. La via magistrale sarebbe stata quella in cui si sarebbe strutturata la zona monumentale della città: Ravnikav si era ispirato al corso Mirabeau, in Aix-en-provence, in Francia. Una larga promenade in cui passeggiare, come si può trovare anche a Gorizia. Alla fine, la magistrale non ebbe mai la sua bella passeggiata di platani, perché all’approvazione del progetto Maček aveva detto che non c’erano abbastanza fondi per piantare gli alberi.

Kuzmin racconta che «Nova Gorica nasce con il lavoro volontario delle Brigate Giovanili». Tante sono le testimonianze fotografiche in cui sono immortalati giovani nel mezzo dei cantieri o gli edifici appena costruiti. Anche l’arte non si esime dal rappresentare il lavoro popolare del socialismo, come si può vedere nei dipinti di Rafael Nemec e Tone Kralj.

Negli anni, anche dopo l’eliminazione del confine fisico, i comuni di Gorizia e Nova Gorica non hanno mai collaborato congiuntamente dal punto di vista urbanistico. Per fare un esempio, sui server topografici come Eagle le mappe satellitari non permettono di vedere oltre il confine italiano: «Gorizia finisce con il mare» dice Kuzmin, riferendosi allo sfondo nero che limita con la città italiana. Così conclude l’architetto, con una proiezione delle due Gorizie unite che corrisponde alla visione di una città più grande e popolata; invito alla collaborazione, a una convergenza per far tornare tutto come prima della guerra.

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