LA CERIMONIA
Ronchi, l’affettuoso omaggio delle comunità per Mario Candotto, «indefesso testimone degli anni più bui della storia europea»

Le voci dell’estremo saluto all’ultimo deportato ronchese ancora in vita. Il sindaco Benvenuto lo ricorda: «Siamo alla soglia tra ciò che Mario ha vissuto e ciò che noi scegliamo di non dimenticare».
Le sue parole sono indimenticabili e risuonano con forza come un testamento per le tante comunità che oggi, lunedì 4 agosto, gli hanno reso omaggio porgendogli l’estremo saluto. Le note di “Fischia il vento” hanno aperto il funerale civile di Mario Candotto, partigiano, deportato, testimone della Lotta di Liberazione e della Resistenza. A curare la cerimonia sono stati l’amministrazione comunale, Onoranze Funebri Bertogna e Anpi. Presenti anche diversi sindaci ed amministratori locali, il Comandante della Stazione dei Carabinieri Niccolò Grieco, il parroco monsignor Ignazo Sudoso e don Luigi Fontanot. Gremito il cimitero di Ronchi dei Legionari dove diverse persone sono intervenute per ricordarlo. La prima ad esprimere stima ed affetto per Mario è stata Marina Cuzzi, presidente dell’Anpi di Ronchi dei Legionari che ha riferito di «un vuoto che non deve lasciare spazio alla tristezza». «La sua vita è stata lunga, ricca di avvenimenti, curiosità e storie – continua Cuzzi – è stato un uomo di punta nell’opera di ricostruzione del Dopoguerra. Un uomo del dialogo, ricordiamo il suo sostegno convinto alla proposta di unione con Wagna e Metlika avanzata dal sindaco partigiano e deportato Umberto Blasutti». Tra i cipressi del camposanto erano presenti anche i labari delle consorelle associazioni Anpi di Opacchiasella/Opatje Selo e Salcano.
E ancora Cuzzi: «È stato un indefesso testimone degli anni più bui della storia europea, memoria e testimonianza di imperativi morali. Non ci sono mai stati rancori nelle sue parole che sono sempre state espressione del suo dovere morale. È stato un punto fermo, una fonte inesauribile di notizie. Quel “se devi far” e quel “se devi poder far” sono un monito per tutti». Immancabile il ricordo di sua madre Maria Turolo e di suo padre, Domenico Candotto. Con la voce rotta da una forte commozione è intervenuta la vicepresidente nazionale di Aned, Patrizia Del Col la quale ha definito Candotto «riferimento della crescita civile del territorio». «Mario lascia a tutti noi un’eredità enorme e fantastica – prosegue Del Col - era un uomo simpatico, ironico ma fermo nelle sue convinzioni. Sapeva esprimere entusiasmo nonostante il contesto deprimente che viviamo. Non è più il tempo della testimonianza ma c’è bisogno di una militanza concreta». A portare il suo saluto è stato anche Gianni Peteani, figlio della prima staffetta partigiana, Ondina. «L’affluenza registrata in questa nobile città lo scorso 25 aprile e lo scorso 24 maggio, è la misura di una forza che non ci ha abbandonato». Peteani ha anche dato lettura di un messaggio della scrittrice ungherese, Edith Bruck.
«Caro Mario, un altro partigiano che ci lascia! Grazie al sacrificio di tanti come te, possiamo dirlo a gran voce, anche se non direttamente, mia sorella Tatiana ed io (Andra) e con noi altri sopravvissuti siamo tornate a casa. Abbiamo conosciuto la tua storia, solamente ora che sei andato via, peccato, ma soprattutto conoscere la tragedia della tua famiglia deportata ad Auschwitz/Birkenau, ci lega ancora di più. Che la terra ti sia lieve caro Mario. Un abbraccio gigante a chi gigante è stato nella vita!» così il messaggio di Andra e Tatiana Bucci, bambine ad Auschwitz. Cordoglio anche da Clara Abatangelo, coordinatrice dei “Treni della Memoria” del Nordest italiano. «Ha scardinato per sempre l’idea di vittima che avevamo» perché «la memoria da sola non serve a niente, onorare i morti non basta ma bisogna onorare i vivi». A parlare di «uomo da una notevole vivacità intellettuale che aveva una spiccata vividezza dei ricordi e dal pensiero lucido» è stato pure il sindaco Andrea Dri di Porpetto, città nella quale Candotto nacque il 2 giugno del 1926. Dri ha espresso una riflessione su eventi e pericoli mondiali che si pongono in antitesi con pace e democrazia e ha condiviso la necessità di «riprendere contatto con il passato e fuggire dagli stereotipi».
«La vita di Mario Candotto è stata un’opera d'arte e un inno alla ribellione e alla libertà. Il circolo libertario Caffè Esperanto a Monfalcone, il gruppo di Ronchi dei partigiani, il festival antifascista “Če povem in Slovenia”: realtà che Mario ha conosciuto, apprezzato e con cui si è messo in dialogo. Compagno tra compagni. “Anarchia no xe caos. Una splendida idea anche se forse irrealizzabile” ci diceva. Protagonista fino alla fine, lucido e presente. L’ultima volta che ci siamo visti, il giorno del suo compleanno, ha avuto parole di condanna per il genocidio in corso a Gaza ad opera dello stato di Israele» così riporta in una nota il Circolo Libertario Caffè Esperanto di Monfalcone.
«Il vuoto che ci lascia Mario non è un vuoto qualsiasi, è un vuoto che pesa. Un vuoto che parla. Un vuoto che chiama ciascuno di noi a ricordare, a capire, a custodire – sono le parole del sindaco di Ronchi, Mauro Benvenuto – era testimone di una storia familiare lacerata dalla ferocia del nazifascismo, ma mai piegata. Un sopravvissuto. Ma non solo. Mario era un testimone. Una voce chiara in mezzo al rumore dell’oblio. Un uomo che raccontava l’orrore senza mai seminare odio». «Oggi noi, qui, non siamo solo all’ ultimo saluto – aggiunge il primo cittadino - siamo davanti a una soglia. La soglia tra ciò che Mario ha vissuto e ciò che noi scegliamo di non dimenticare».
Grande è il dolore degli affetti familiari. La figlia Monica ha equiparato la figura di suo padre alla «distruzione di una biblioteca», ne ha ricordato le radici mezzadre e povere, i racconti sulla dittatura e sulla guerra. Poi l’appello a «non correre il pericolo di vedere svanita la memoria» perché «i valori della libertà non sono affatto scontati». Per il nipote Alessandro era «papà e nonno che raccontava tante storie, sempre con il sorriso e con un buon bicchiere di vino in mano». «Punto di riferimento nelle manifestazioni – aggiunge – grande appassionato e cultore di musica classica. Aveva un’agenda sempre piena. Generoso, testardo e di buon cuore». Ronchi e tante comunità gli hanno voluto bene. La riconoscenza e la stima si fanno così un dovere civico indelebile.
Foto e video di Enrico Valentinis e Salvatore Ferrara
Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) la redazione de Il Goriziano è contattabile al +39 328 663 0311.













Occhiello
Notizia 1 sezione

Occhiello
Notizia 2 sezione
