Preval, trent’anni di rinascita dello storico Santuario festeggiati a suon di campane

Preval, trent’anni di rinascita dello storico Santuario festeggiati a suon di campane

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Preval, trent’anni di rinascita dello storico Santuario festeggiati a suon di campane

Di Ivan Bianchi • Pubblicato il 02 Mag 2025
Copertina per Preval, trent’anni di rinascita dello storico Santuario festeggiati a suon di campane

La prima rassegna internazionale richiama campanari da Italia e Slovenia. Ricordato l'intervento di Giovanni Paolo II e il lavoro per la ricostruzione.

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Hanno suonato mattina e pomeriggio, alternandosi tra suonatori italiani, sloveni, friulani, bisiachi. Hanno suonato a festa grazie al castello mobile di campane posizionato proprio vicino al santuario della Regina dei Popoli al Preval di Mossa. La prima ‘Rassegna internazional dai Scampanotadôrs’, organizzata dall’Associazione Grup Cultural Furlan – Scampanotadôrs di Mossa per ricordare i 30 anni dalla ricostruzione del santuario. Soddisfatto il presidente, Paolo Medeot, che ha coinvolto con il gruppo di campanari mossese varie associazioni e realtà economiche locali: primi fra tutti i donatori di sangue della sezione di Mossa della Fidas Isontina ma anche l’amministrazione comunale e l’Unità Pastorale che riunisce Mossa, Lucinico e Madonnina.

Alle 11 la celebrazione eucaristica, presieduta da don Maurizio Qualizza e concelebrata dal parroco, don Moris Tonso, ha preso parte anche il sindaco, Emanuela Russian, che ha ricordato il valore storico e simbolico del santuario: «In un tempo in cui i confini erano reali e pesanti, questo luogo fu un esempio ante litteram di abbattimento delle barriere. La fede popolare, la devozione e la cultura hanno reso possibile qualcosa che oggi diamo per scontato, ma che all’epoca fu straordinario». Ha poi sottolineato come questo spirito abbia guidato anche l’odierna candidatura a Capitale Europea della Cultura: «L’abbiamo raggiunta lavorando nel silenzio, affrontando difficoltà, anche contro certa politica. Il nostro santuario è stato antesignano».

La giornata si è arricchita ulteriormente grazie alla presenza degli scampanotadôrs, protagonisti della rassegna internazionale organizzata per l’occasione. «Sono lavoratori anche loro – ha commentato don Qualizza – che con le campane danno voce alla storia e alla fede». La sindaca ha rivolto un ringraziamento speciale al gruppo di campanari di Mossa e ai tanti giovani presenti: «A loro va il nostro grazie, perché fanno una scelta coraggiosa e controcorrente, mantenendo vive le tradizioni e costruendo ponti culturali».

Il santuario del Preval, immerso nel verde, si conferma ancora una volta non solo luogo di culto, ma spazio di comunione e memoria viva. Memoria che cade, come ricordato dallo stesso don Moris, il 14 maggio ma anticipata, grazie alla presenza dei campanari, proprio al 1 Maggio. Un «dono generoso e inusuale», come l’ha definito don Qualizza, capace di ispirare fede e unità ben oltre i confini geografici. Un santuario che è rinato trent’anni fa e che è stato ricordato assieme all’incoronazione della Madonna: «Se la consacrazione fu compiuta dall’arcivescovo Bommarco, l’incoronazione della Vergine avvenne a nome e con l’autorità apostolica di San Giovanni Paolo II. Un gesto ricordato nella bolla papale, ma spesso dimenticato, forse perché manca la memoria storica o la conoscenza dei “retroscena” vissuti anche in Vaticano, accanto a don Stanislao Dziwisz, segretario personale del Papa». Un legame profondo, quello tra il Preval e la Santa Sede, che ha trovato eco in una recente corrispondenza con il presidente Sergio Mattarella, come ha ricordato lo stesso sacerdote: «Gli ho scritto raccontando queste relazioni e gesti nati dal basso. Mi ha risposto con parole di stima e conferma».

Nel giorno di San Giuseppe Lavoratore, don Qualizza ha inoltre tenuto un’omelia intensa, intrecciando la figura del santo con il significato più ampio del lavoro nella società odierna. «San Giuseppe è stato l’uomo che, con grandezza d’animo, ha permesso a Maria di diventare Madre del Figlio di Dio», ha detto. Parole che hanno guidato una riflessione critica sull’attuale situazione del lavoro: «Oggi si lavora sempre, la domenica non è più giorno di festa. Si è persa la capacità di fermarsi, di contemplare, di vivere pienamente il tempo. Diceva don Tonino Bello: “Il sacrilegio più grave della nostra civiltà è la distruzione del tempo, e col tempo dell’amore, della fantasia, della bellezza, dell’arte”». Richiamando l’enciclica Laborem exercens, il sacerdote ha concluso come «il sudore e la fatica del lavoro offrano a ogni uomo la possibilità di partecipare nell’amore all’opera di Cristo».  

Foto di Ivan Bianchi, Emanuele Franco, Enrico Valentinis.

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