A MONFALCONE
Piano regolatore e tutela del pubblico interesse, il Comune contro il ricorso del Centro Darus Salaam

Il consigliere delegato Cisint difende l'atto, «no ai tentativi di sovvertire le decisioni dell'Aula».
La giunta comunale di Monfalcone ha deciso di costituirsi parte nel ricorso presentato al Tar dal Centro Culturale Islamico Darus Salaam per l'annullamento della delibera votata dal Consiglio comunale di interpretazione autentica delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore relative ad un aspetto di destinazione d’uso. Della tematica se n’era occupata la penultima seduta del Consiglio Comunale, quella dello scorso 26 febbraio (qui il link dell’articolo).
Nello specifico, la questione centrale su cui si era dibattuto in Aula era l’interpretazione autentica dell’articolo 7 comma 2 delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente Piano Regolatore Comunale. Un argomento che il vicesindaco reggente Antonio Garritani aveva definito «di carattere quasi esclusivamente tecnico» ma sul quale «l’ufficio dedicato all’urbanistica ha ritenuto necessaria l’espressione del Consiglio comunale».
Nel concreto, per l’amministrazione comunale la questione riguarda la necessità di fornire una chiara ed inequivocabile interpretazione della definizione di “servizi e attrezzature collettive” cioè le «superfici di unità immobiliari o aree destinate a opere pubbliche o di pubblico interesse, nonché le strutture ricettive a carattere sociale» - e delle modalità per la loro destinazione d’uso.
A tal riguardo quindi era stata emanata una delibera dell’amministrazione, la quale ha specificato che la destinazione d’uso per servizi e attrezzature collettive può essere attuata solo mediante un progetto, il quale va valutato dall’amministrazione comunale per verificare che esso rispecchi effettivamente un interesse pubblico qualificato. Sul punto, le opposizioni si sono subito dimostrate contrarie definendo il provvedimento una modifica sostanziale del Piano.
«All’integralismo islamico cittadino – osserva oggi, 7 maggio, il consigliere comunale incaricato alla lotta alla radicalizzazione islamica, Anna Maria Cisint - non è bastata la decisione del Consiglio di Stato che ha bloccato le loro violazioni urbanistiche nel funzionamento dei loro centri, ora vorrebbero anche sovvertire le decisioni dell’assemblea comunale che sono state assunte per fornire una interpretazione autentica nel contesto del Piano Regolatore. Interpretazione autentica consentita dalla legge vigente.
In pratica, la questione riguarda l’articolo 7 delle norme di attuazione relativamente alla destinazione d’uso per le attività riguardanti “servizi e attrezzature collettive».
La legge regionale in materia disciplina ed esplicita le relative casistiche e proprio richiamandosi a questa norma, la delibera assunta chiarisce che, laddove risulti ammessa la destinazione d’uso per servizi e attrezzature collettive, questa deve intendersi attuabile solo mediante progetto approvato dall’Amministrazione Comunale che ne riconosca un interesse qualificato.
«La definizione contenuta nella legge regionale - rileva l’ente in una nota - è inequivocabile nello stabilire che la valutazione l’interesse pubblico deve emergere dall’esame concreto delle singole fattispecie al fine di riconoscere un interesse qualificato rispondente ai fini perseguiti dall’Amministrazione Comunale».
«Ancora una volta - conclude Cisint - i centri islamici vogliono porsi al di fuori del rispetto delle norme e dei criteri stabiliti per tutti i cittadini che peraltro sono stati sempre seguiti imparzialmente dalle diverse amministrazioni comunali proprio nel senso stabilito dall’interpretazione autentica delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore, in linea con la loro applicazione uniforme e corretta sulla base della legge vigente».
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