IL BOTTA E RISPOSTA
La norma per frenare i negozi etnici divide la politica regionale, Moretti e Bullian replicano all’emendamento di Calligaris
Il capogruppo Lega richiama un decreto legge del 2011 per «tutelare i centri storici da attività non coerenti». «Ossessionati dallo straniero» scrive il dem. Bocciato l’emendamento ‘inclusivo’ dell’esponente civico.
Durante la discussione in Consiglio regionale di ieri, mercoledì 12 novembre, incentrata sul disegno di legge per un Codice del commercio e del turismo condiviso in tutto il Friuli Venezia Giulia, è stato presentato in aula dal capogruppo di Lega Fvg Antonio Calligaris un emendamento – poi approvato e inserito come articolo 60 del Codice – incentrato sulla «tutela dei centri storici» da «attività non coerenti con il contesto urbano, storico e tradizionale».
Un emendamento, spiega Calligaris in una nota, che vuole “porre un freno” rispetto alla «sostituzione dei negozi tradizionali» stabilendo limitazioni all’insediamento di determinati esercizi commerciali sulla base di «criteri di qualità, decoro, sicurezza e coerenza con il contesto urbano e le tradizioni locali», in particolare a tutela di «alcune tipologie di esercizi di vicinato e botteghe artigiane».
La norma recepisce l’articolo 31 del decreto-legge nazionale 201/2011, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”. Entro 180 giorni, si apprende dall'esponente del Carroccio, la Giunta regionale dovrà dunque adottare specifiche linee guida per «garantire l’applicazione uniforme da parte dei Comuni dei principi nazionali in materia di libertà di apertura e insediamento delle attività commerciali».
«Salvaguardia della sicurezza» da attività che «spesso non rispettano regole, orari o norme igieniche», per evitarne il «proliferare» e un’«omologazione» che «snatura il tessuto storico e culturale dei centri urbani», al fine di favorire invece «la valorizzazione e la nostra identità territoriale»: questi i concetti espressi nella nota di Calligaris.
Un lettore che ha familiarità con il territorio non faticherà a riconoscere, tra le righe, il riferimento alla demografia e al tessuto commerciale di comuni con una forte componente multietnica come ad esempio Monfalcone. Si può dunque parafrasare parlando di “norma per frenare i negozi etnici”: interpretazione che sembra condivisa con convinzione dai consiglieri regionali Diego Moretti ed Enrico Bullian, i cui interventi di replica sono presto giunti alla stampa.
«L'ossessione della Lega per lo straniero non ha limiti, finendo per “inquinare” una norma al momento condivisa. Pensare di introdurre criteri discriminanti richiamando una norma del 2011 quando la stessa prevede la liberalizzazione del mercato e vieta esplicitamente discriminazioni è semplicemente illogico, propagandistico, inutile». Così scrive, in tono perentorio, il capogruppo in Consiglio del Pd Moretti.
«Le leggi per gestire questa situazione ci sono già, basta applicarle – prosegue l’esponente dem – la Lega, anziché illudere i cittadini sulla possibilità di escludere negozi non autoctoni, prenda atto della realtà che è fatta anche di multiculturalità: sia pragmatica, non ideologica».
Il richiamo a «stare al passo con i tempi rispetto alle nuove sfide che abbiamo davanti» arriva anche da Bullian, che sottolinea a sua volta la «tutela della libera concorrenza e il divieto di discriminazione tra operatori» richiamate nello stesso decreto legge del 2011, emesso sotto il Governo Monti.
Il consigliere di Patto per l’Autonomia-Civica Fvg si dichiara «curioso» a nome di tutto il gruppo di «vedere come la Giunta regionale declinerà le linee guida». Si farà fede ai «principi di ragionevolezza contenuti nei testi normativi», si chiede Bullian, o si seguirà la via della «forzatura interpretativa di Calligaris» con «l’intento di arrivare alla norma ‘anti-Kebab’»?.
Di segno opposto l’intervento alla seduta di ieri dell’esponente civico: «Ho presentato un emendamento per richiedere di introdurre un articolo apposito dedicato alla valorizzazione dei ‘negozi etnici’. Che piaccia o meno, questi esercizi fanno parte della realtà economica e sociale di molte città della nostra regione. Il mio intento è promuovere un migliore inserimento di tali realtà all’interno del nostro tessuto commerciale, anche attraverso collaborazioni con associazioni di categoria, Comuni e Distretti del Commercio e con campagne di marketing per valorizzare questa offerta complementare al commercio tradizionale».
Proposta bocciata, riferisce Bullian, nonostante il fatto che le sinergie da essa prospettate «avrebbero potuto consentire l’attivazione di corsi in materia igienico-sanitaria, di formazione sulla gestione del punto vendita in relazione al contesto urbano e sul rispetto delle norme e dei regolamenti vigenti». Un «quadro normativo equo, rispettoso, inclusivo e con una visione moderna e pluralista del commercio urbano», conclude il consigliere, esprimendo dispiacere per il fatto che «in un moderno Codice del commercio non ci sia nemmeno il tentativo di affrontare la questione».
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