IL DISEGNO ANTI-FONDAMENTALISMO
No a burqa e niqāb, matrimoni forzati e fondi 'neri' per moschee: FdI presenta a Monfalcone la sua proposta di legge
All’incontro in sala del Consiglio la senatrice Tubetti, la deputata Kelany e l’europarlamentare Ciriani. Focus anche su politiche migratorie e rimesse verso l’estero.
Gremita la sala del Consiglio comunale in piazza della Repubblica a Monfalcone per l’appuntamento del pomeriggio di oggi sabato 15 novembre che ha visto i politici rappresentanti di Fratelli d’Italia presentare alla cittadinanza la proposta di legge nazionale contro il fondamentalismo islamico avanzata circa un mese fa dal partito.
Sono stati la deputata responsabile del dipartimento immigrazione Sara Kelany, la senatrice Francesca Tubetti e l’europarlamentare Alessandro Ciriani a introdurre e discutere i principali punti della proposta. Diversi gli esponenti del Consiglio comunale monfalconese di FdI e di altre liste presenti all’incontro, assieme anche al sindaco Rodolfo Ziberna e alla vicesindaca Chiara Gatta di Gorizia.
A prendere la parola per prima è stata Kelany. La deputata ha preso le mosse dai «risultati del governo Meloni consolidatisi sul territorio nazionale» in termini di politiche migratorie, con notevoli diminuzioni percentuali sia di sbarchi che di arrivi via terra. «Si soffre però per la cascata di complessi problemi di integrazione generata dalle politiche migratorie degli ultimi dieci anni – le sue parole – con un eccesso di immigrati che non si sono voluti adeguare alle regole italiane».
A detta della parlamentare di FdI, però, l’Italia vive una «situazione migliore» rispetto ad altri Paesi europei, motivo per cui «è possibile elaborare una “ricetta” risolvere questi problemi anche in contesti locali come quello di Monfalcone». Su queste premesse si basa la proposta depositata dal partito per una legge che vada contro il “separatismo islamico” – così lo ha definito Kelany -, ovvero la «creazione di enclave, luoghi separati dal territorio che vogliono preservare norme e usanze in contrasto con le regole dell’Italia e poco compatibili con il mondo occidentale».
I punti della proposta, illustrati sempre da Kelany, si concentrano sull’impedire «mortificazioni della donna» come la completa copertura del volto con burqa e niqāb, ad esempio allargando le disposizioni della legge del 1975 dalla sola sicurezza pubblica a ragioni di cultura e religione; sulla necessità di trasparenza – e, in caso contrario, di divieto – dei finanziamenti esteri e «non in chiaro» verso i luoghi di culto musulmani in Italia, nonché sulla possibilità di chiuderle qualora al loro interno avvenga diffusione di «messaggi di odio, ad esempio verso la religione cristiana o ebraica, o contenuti estremisti». Altre norme centrali nel documento depositato sono l’inasprimento delle pene per matrimoni forzati o combinati e il divieto della pratica dei cosiddetti “certificati” di verginità.
Ciriani, in seguito, ha fornito una panoramica su come il tema della difesa dei confini, degli arrivi e dei rimpatri sia affrontato a livello europeo. L’eurodeputato pordenonese ha sostenuto la percepita «necessità di distinguere chi realmente ha diritto alla protezione internazionale e chi no» e di un’«immigrazione di qualità per contribuire alla crescita socioeconomica dei vari Paesi». Aspetti che implicano un «cambio di punto di vista sistematico», un «passaggio dalla garanzia del diritto a migrare al concetto di “diritto a restare”»; per Ciriani resta infine fondamentale l’aspetto culturale, perché «senza una visione o un “filtro” improntati su di esso non esistono inclusione e integrazione».
L’ultimo argomento, affrontato da Tubetti, riguarda invece le rimesse che i cittadini arrivati in Italia da altre nazioni inviano all’estero, verso il loro Paese d’origine. La senatrice, componente della Commissione Finanze e Tesoro, ha contestato le quote pro-capite inviate verso Paesi come il Bangladesh a causa del loro “sottrarsi” dalla «normale conservazione del denaro in Italia» e «al calcolo dell’Isee, creando un’assurda disparità tra i contribuenti italiani e i lavoratori stranieri». Tubetti ha riconosciuto come la pratica delle rimesse sia stata normalmente portata avanti nel secolo scorso anche da «coloro che sono emigrati all’estero dal Friuli Venezia Giulia», ma a suo avviso l’attuale situazione pende a discapito dei «meccanismi di costruzione delle graduatorie per le misure di sostegno al reddito e quindi per l’accesso a servizi come gli asili e le case popolari».
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