LE REAZIONI
Monfalcone, le Sinistre sulla riduzione delle classi a tempo prolungato alla Duca d’Aosta: «Equità e integrazione passano anche dalla mensa»

Mentre il Comune ‘non inverte la rotta’, interviene la Commissione regionale Pari Opportunità. Il caso arriva alla Camera.
Il taglio di due sezioni a tempo pieno alla Scuola Primaria Duca D’Aosta di Monfalcone ritenuto necessario da Comune e Ufficio Scolastico Regionale, fa discutere e genera molte reazioni critiche. Prima di tutti, «spiazzata ed incredula» - perché colta di sorpresa a pochi giorni dall’inizio delle lezioni del nuovo anno scolastico – è la comunità bengalese i cui figli sono iscritti a maggioranza in quel plesso scolastico.
A confermarlo è il consigliere del Pd, Sani Bhuiyan secondo il quale «i bambini non hanno colpe». «Non si può togliere futuro, integrazione e pari opportunità» afferma.
La situazione al momento è questa: le classi prime di nuova formazione sono tre. Una sola sarà a tempo prolungato (pare con un numero di alunni a maggioranza bengalese). Le altre due prime osserveranno l’orario “normale”. Questo il quadro in quanto si sono presentate meno richieste di tempo pieno rispetto al passato anno scolastico. Le iscrizioni per tale “indirizzo” sarebbero 20 in meno, pari ad una classe. Al momento non emerge alcun “dietrofront” del Comune. Una “mossa” invece auspicata ed attesa in queste ore dalle sinistre che intervengono sul caso.
Dunque c’è una classe in più a tempo normale e una sola a tempo pieno ma – per l’Ente – il servizio è garantito e la decisione finale – presa dopo accurate interlocuzioni – è dell’Ufficio Scolastico Regionale.
Per la presidente della Commissione Pari Opportunità del Fvg, Dusy Marcolin, l’affermazione «Le madri quasi sempre non lavorano» è «un’affermazione decisamente pesante».
«Una dichiarazione che probabilmente serve a giustificare scelte amministrative nelle quali non vogliamo assolutamente entrare, ma che come Commissione sentiamo il dovere di commentare».
«La conciliazione, il contrasto alla povertà educativa, le politiche per favorire l'emancipazione femminile sono temi centrali della nostra azione - continua Marcolin - sono proprio la carenza di servizi e, purtroppo, a volte le insufficienti politiche di conciliazione a impedire la piena partecipazione, soprattutto delle donne, al mondo del lavoro e alla vita sociale, creando e rafforzando il gender gap».
«Anche le amministrazioni pubbliche mettano in campo tutti gli strumenti per combattere questi divari ed è importante che ogni istituzione faccia la sua parte con l'ampliamento e non la riduzione di servizi a favore della conciliazione» conclude la presidente.
Il caso arriva anche in Parlamento tramite un’interrogazione rivolta al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara da parte della responsabile Istruzione del Pd, Irene Manzi.
Presa di posizione anche da parte della segretaria provinciale del Pd, Sara Vito. «La Giunta comunale non se la prenda con i bambini e il sindaco non ceda alla “cattiva maestra” Cisint».
Secondo l’esponente dem «manca lungimiranza politica» e quanto accaduto «è un’altra prova che l’amministrazione Cisint non vuole l’integrazione, ma emarginazione e tensione».
«Il sindaco faccia un urgente dietrofront, ripristini il servizio compromesso – è l’appello di Sara Vito - e anzi sostenga e migliori con più convinzione azioni e progetti che puntano all'integrazione». Ancora nessuna reazione ufficiale dall’assessorato regionale all’Istruzione.
«L’amministrazione torni a considerare i bisogni reali delle famiglie e degli studenti, e affronti il tema della mensa con strumenti adeguati, senza sacrificare un servizio prezioso per la comunità scolastica». È quanto sostiene Michela Percuzzi, consigliera comunale della Civica Insieme con Moretti.
A sostenere che il problema sollevatosi in città «apra l'attenzione su di un principio cardine della scuola, quello di garanzia del diritto allo studio» è la consigliera regionale dem Laura Fasiolo la quale sostiene che la richiesta del tempo pieno va garantita indipendentemente dal fatto che le madri o i genitori lavorino o meno, perché il tempo pieno non è un “parcheggio” per i figli dei lavoratori».
«Il tempo pieno ha una funzione centrale – sostiene Fasiolo - è formazione ed istruzione, supporto all’esecuzione dei compiti assegnati, è processo di socializzazione, è esplorazione e ricerca, è laboratorio. La condivisione della gran parte della quotidianità con i compagni di classe, i docenti e gli educatori è certamente uno strumento eccezionalmente valido di inclusione, integrazione sociale e di apprendimento linguistico specie per alunni alloglotti che praticano in famiglia un'altra lingua».
E ancora: «Il tempo pieno è funzionale anche alla prevenzione dell’educazione alimentare. E’ noto che nei nuclei di origine senegalese e bangladese si riscontrano i più alti tassi di diabete e di obesità infantile. Queste patologie sono correlate ed aggravate da un regime alimentare familiare scorretto e, anche in questo, la scuola può essere una valvola di prevenzione attraverso un servizio mensa qualificato che induca a comportamenti alimentari più sani ed equilibrati».
Non manca l’intervento di Monfalcone Civica e Solidale: «Le motivazioni addotte per questo taglio sono inaccettabili: troppe morosità nel pagamento della mensa, e allora si chiude il tempo pieno. Ma la mensa non è un servizio opzionale, è parte integrante del percorso educativo. È il momento in cui si impara a condividere, a rispettare i tempi e gli altri, ad avere una corretta alimentazione».
«Ricordiamo che a Monfalcone non esiste alcuna esenzione totale, tutti pagano – scrivono i consiglieri Cristiana Morsolin e Alessandro Saullo - le famiglie con Isee sotto i 5mila euro pagano comunque 1 euro a pasto, tra 5mila e 8mila euro si pagano 2,64 euro e tra gli 8mila e i 15mila euro si arriva a 4,70 euro a pasto».
«È evidente che le tariffe di Monfalcone sono troppo elevate rispetto alla capacità contributiva di molte famiglie, e che questo contribuisce alle morosità – concludono - d'altronde nella campagna elettorale del 2022 non a caso avevamo proposto la gratuità dei servizi mensa in tutti i plessi. La soluzione non è tagliare il tempo pieno, ma rimodulare le tariffe in modo più equo, aumentare le fasce di riduzione e garantire l’accesso al servizio anche alle famiglie in difficoltà».
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