L'INTERVISTA
Memorie di confine: verso una «riconciliazione possibile»

Marta Verginella al convegno PoSIG di Gorizia: «Solo una prospettiva transnazionale può trasformare la memoria in occasione di incontro».
Al convegno “Sulla strada della pace?”, svoltosi a Gorizia nell’ambito del progetto europeo PoSIG – Political Science, Integration & amp; Governance (a cui l’Università di Trieste ha aderito come unico ateneo italiano, individuando proprio Gorizia come sede di riferimento), è intervenuta la storica slovena Marta Verginella, docente all’Università di Lubiana e autrice di numerosi saggi sulla memoria e sui processi di nazionalizzazione nell’Europa centro-orientale.
Nella sua relazione, Verginella ha ricordato come le difficoltà di riconciliazione nelle terre di confine affondino le radici già nell’Ottocento, con i processi di nazionalizzazione che incrinarono la convivenza in un territorio multietnico. A questo si sommarono i traumi della Prima guerra mondiale, le politiche di italianizzazione del Ventennio, le migrazioni forzate e le violenze della Seconda guerra mondiale e del dopoguerra.
Per leggere questa vicenda, la storica ha richiamato il concetto di Enzo Traverso della “lunga guerra civile europea”: un ciclo che va dal 1914 agli anni Cinquanta e che spiega la lentezza e la fragilità della riconciliazione in quest’area.
Verginella ha sottolineato come la memoria pubblica sia stata a lungo utilizzata in chiave politica, con la creazione di narrazioni parallele: da un lato i monumenti partigiani, dall’altro i ricordi delle foibe e dell’esodo. «Sono due universi della memoria che raramente si incontrano», ha osservato, notando come in Italia la Giornata del Ricordo abbia generato anche un forte turismo scolastico legato all’esodo e alle foibe, mentre in Slovenia l’attenzione si sia concentrata sulle vittime delle purghe partigiane.
Rispetto al presente, Verginella ha richiamato la necessità di strumenti condivisi: manuali di storia transnazionale, progetti didattici comuni, musei capaci di parlare a entrambe le comunità. Ha ricordato l’esperienza della commissione storico-culturale italo-slovena, che aveva prodotto un documento comune, mai però adottato pienamente a livello politico.
La conclusione è un invito a uscire dalle cornici nazionali e ad assumere una prospettiva transnazionale: «Solo così possiamo ridurre le sacche di ostilità e aprirci alla conoscenza reciproca. È un compito difficile, ma è l’unico che può trasformare la memoria del confine in un’occasione di incontro».
Un passaggio che acquista ancora più significato oggi, con Gorizia e Nova Gorica già Capitale europea della cultura 2025.
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