LA PUBBLICAZIONE
‘La storia dimenticata’ del monfalconese Gregoretti racconta le tragiche vicende migratorie dalle valli orientali del Friuli

Il libro raccoglie le testimonianze di quattro emigranti e le loro esperienze parallele che il destino ha unito seppur in tempi diversi: Ferruccio Clavora, Walter Drescig, Graziano Crucil e Dino Chiabai.
Nei giorni scorsi, il racconto delle vicende dell’emigrazione friulana di confine è stato il tema del tradizionale incontro “Lezioni di Storia” organizzato dall’associazione Clape nel Mondo a Monfalcone. È stata l’occasione per la presentazione del dal libro dal significativo titolo: “La storia dimenticata”, curato dal presidente del sodalizio, Lucio Gregoretti, che raccoglie le testimonianze di quattro emigranti di ritorno con le loro esperienze parallele che il destino ha unito seppur in tempi diversi: Ferruccio Clavora, Walter Drescig, Graziano Crucil e Dino Chiabai. Dalle sue pagine ne emerge un bilancio preoccupante di decenni di vita di una comunità - quella della Slavia Friulana - che rischia di scomparire numericamente per lo spopolamento delle vallate che negli anni a ridosso del secondo dopoguerra hanno alimentato il flusso dei nostri connazionali che si sono recati a lavorare all’estero e ora sono parte onorata di tante altre nazioni. Il volume si propone di contribuire a far maturare una coscienza attiva dell’importanza del fenomeno.
Gli italiani che vivono nella Penisola sono poco meno di 58 milioni, ma altri 5 milioni vivono al di fuori dei confini dell’Italia. Altri 70, forse 80 milioni di persone, figli o nipoti, comunque discendenti di emigranti italiani, sparsi in tutti continenti, mantengono con la terra di origine affinità culturali, interessi di vario tipo e comunque un rapporto di istintiva solidarietà.
«Inoltre – commenta l’autore - se ci fosse la consapevolezza che circa la metà della popolazione argentina, vale a dire 16 milioni di persone, che più di 20 milioni di cittadini brasiliani, che oltre il 10% dei residenti negli Stati Uniti, quindi 25/30 milioni di persone, sono di origine italiana, sarebbe meno difficile capire l’importanza del ruolo che queste comunità possono svolgere se inserite organicamente in un disegno strategico di sviluppo del nostro Paese quali “ambasciatori” nel campo culturale ed economico».
Per Gregoretti dunque, l'emigrazione italiana di massa non può però essere ricordata unicamente come un residuo del passato. «Essa va raccontata come un insieme di esperienze umane, di grandi sacrifici, di realizzazioni collettive dai quali trarre motivi di fierezza. Dopo essere stati “recintati con disprezzo” a Ellis Island, prima di poter entrare negli Stati Uniti, molti dei nostri migranti hanno conosciuto il successo raggiungendo eccellenze in tutti i campi: politico, sociale, artistico, sportivo. Una storia dimenticata che è parte dell’identità del nostro Paese» conclude.
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