Intavolazione del Darus Salaam a Monfalcone, il Tar boccia il ricorso del Centro Islamico

Intavolazione del Darus Salaam a Monfalcone, il Tar boccia il ricorso del Centro Islamico

LA SENTENZA DEFINITIVA

Intavolazione del Darus Salaam a Monfalcone, il Tar boccia il ricorso del Centro Islamico

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 26 Lug 2025
Copertina per Intavolazione del Darus Salaam a Monfalcone, il Tar boccia il ricorso del Centro Islamico

L’immobile di via Duca d’Aosta è ora a tutti gli effetti di proprietà comunale. I giudici amministrativi hanno respinto integralmente le argomentazioni della comunità musulmana.

Condividi
Tempo di lettura

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia - riunitosi in Camera di Consiglio lo scorso 15 luglio - ha respinto in via definitiva il ricorso presentato dal Centro Culturale Islamico Darus Salaam contro il Comune di Monfalcone a seguito dell’intavolazione dell’immobile di via Duca d’Aosta da parte dell’Ufficio Tavolare Regionale, atto che permette l’acquisizione del bene al patrimonio comunale ai sensi dell’articolo 45, comma 3 della Legge Regionale 19 del 2009. La sentenza è firmata dal presidente Carlo Modica de Mohac di Grisi' e prevede che le spese di lite siano compensate. Nel testo della sentenza il ricorso è stato presentato dal presidente onorario del Centro, Bou Konate, tramite il legale Vincenzo La Torraca - dopo la notifica del verbale conseguente all’accertata inottemperanza all’ordine di ripristino della destinazione d’uso - è definito dalla sentenza «integralmente infondato».

Nello specifico, il Tribunale illustra agli articoli 8 e 9 della sentenza le prospettazioni avanzate dai ricorrenti e ritenute «non condivisibili». In particolare l’articolo 9 riprende l’articolo 45 della Legge Regionale 19 del 2009 sulla cui base è stata emessa l’ordinanza dirigenziale del novembre 2023. Sono stati quindi i termini temporali attentamente esaminati dalla Corte a far sì che il ricorso sia risultato non accoglibile. 

La motivazione è riscontrabile all’articolo 8.1 che così recita: «Dalla ricostruzione cronologica ora esposta risulta evidente che, essendo scaduto il 23.2.2024 il termine per ottemperare all’ordinanza con ripristino della destinazione d’uso direzionale, a decorrere dal 24.2.2024 presso l’edificio del Centro culturale ricorrente, sito in via Duca d’Aosta n. 28, non poteva essere praticata l’attività di preghiera. Dai plurimi verbali di accertamento, redatti a seguito dei sopralluoghi effettuati dalla polizia locale nel periodo dal 24.2.2024 al 24.6.2024 (anteriormente alla pubblicazione della sentenza di questo Tribunale n. 200/2024, intervenuta il 27.6.2024) è emerso l’utilizzo dell’immobile a fini di culto, con mancata ottemperanza dell’ordinanza comunale di ripristino. A fondamento del verbale di accertamento dell’inottemperanza in questa sede impugnato il Comune ha legittimamente posto i verbali relativi ai sopralluoghi eseguiti nel periodo antecedente la pubblicazione della sentenza di primo grado, nonché i verbali relativi agli accertamenti posti in essere successivamente al deposito di tale decisione, atteso che nella propria motivazione questo Tribunale ha affermato che “la destinazione d’uso direzionale (art. 5, comma 1, lett. e) della l.r. 19/2009) propria dell’immobile non comprende l’uso del culto”».

E ancora i giudici all’articolo 8.2: «Come condivisibilmente evidenziato dalla difesa del Comune, l’accoglimento del ricorso di primo grado con la citata sentenza n. 220 del 27.6.2024 non sposta i termini della questione, alla luce della richiamata decisione del Consiglio di Stato di accoglimento dell’appello avverso detta sentenza con effetti ex tunc. Né risulta accoglibile il rilievo di parte ricorrente secondo cui la sentenza 220/2024 di questo Tar avrebbe travolto “oltre al provvedimento impugnato, anche atti amministrativi che ad esso abbiano dato esecuzione o attuazione”, facendo riferimento ai verbali di accertamento della Polizia locale».

«Tali verbali infatti non sono stati impugnati ed inoltre il Consiglio di Stato ha ribadito nella sentenza di accoglimento dell’appello che i verbali della polizia locale “sono atti pubblici e, ai sensi dell’art. 2700 c.c. fanno piena prova fino a querela di falso dei fatti che gli agenti attestano essere avvenuti in loro presenza”» specifica la Corte all’articolo 8.3 che continua all’articolo 9: «Anche il terzo motivo, con cui parte ricorrente deduce che il provvedimento gravato è stato emesso sulla base di una norma – rappresentata dall’art. 45 LR 19/2009 (che a livello regionale risulta sostanzialmente riproduttiva dell’art. 31 DPR 380/2001) – che non sarebbe attinente alla fattispecie concreta, ove viene in rilievo un “comportamento” e non una attività edilizia abusiva, non risulta accoglibile alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato».

«In una vicenda analoga alla presente, in cui veniva in rilievo un’ordinanza di intimazione della cessazione dell’uso di un immobile come luogo di culto, perché contrastante con lo strumento urbanistico comunale, cui faceva seguito il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza e la trascrizione dell’acquisto del bene, il Supremo Collegio, nel confermare sul punto la decisione di primo grado, ha affermato che: “La seconda doglianza verte sull’applicazione dell’art. 31 del DPR 380/2001, che, non essendosi di fronte a opere abusive, ma solo di fronte a ‘comportamenti’, non potrebbe intervenire. Correttamente, ed in reiezione alla tesi dell’appellante, il TAR ha accertato il comportamento legittimo dell’ente locale sulla scorta della variazione essenziale ai sensi dell’art. 31. Una volta che è stato accertato il comportamento abusivo, la norma non consente più una discrezionalità da parte della pubblica amministrazione, dovendo l’ente locale applicare la sanzione tipizzata dal legislatore per la fattispecie considerata, accertata l’inottemperanza (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 4547/2017)” (Cons St sez. VI, 19.7.2021 n. 5437)».

«Va peraltro sottolineato che l’ordinanza di ripristino del 15.11.2023 è stata emanata sulla base dell’art. 45 LR 19/2009, che ne costituisce parte integrante della motivazione, così che a seguito della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 2821/2025 di rigetto del ricorso di primo grado, che era volto a contestare (in particolare con il secondo motivo di censura) la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere sanzionatorio-repressivo di cui all’articolo in parola, la corretta applicazione della norma al caso di specie non può più essere messa utilmente in discussione» scrivono i magistrati all’articolo 9.1.

La circostanza che la predetta ordinanza dirigenziale di ripristino immediato della legittima destinazione d’uso, pena l’acquisizione ipso iure del bene al patrimonio comunale ai sensi del predetto art. 45, abbia superato indenne il vaglio di legittimità del Consiglio di Stato, comporta l’applicazione del principio secondo cui qualora l’ordinanza di rimessa in pristino sia divenuta inoppugnabile, gli atti ad essa consequenziali possono essere impugnati solo per vizi propri (Ad plen n. 16/2023, cit.; Cons St n. 3565/2014)». Chiaro è anche quanto disposto poi dall’articolo 10: « A fronte della commissione di un illecito edilizio, il Comune è titolare dei poteri previsti all’art. 45 LR 19/2009 (a livello nazionale, dall’art. 31 DPR 380/2001), che contempla le diverse fasi in cui esso trova esplicazione». All’articolo 11, sono puntuali i riferimenti a quanto disposto dal Giudice Tavolare Regionale.

Il Comune è stato assistito dall’avvocato Teresa Billiani. I giudici amministrativi hanno quindi respinto totalmente le argomentazioni del Centro e riconosciuto la legittimità dell’azione dell’Ente. L’immobile è ora a tutti gli effetti di proprietà comunale. «Ancora una sconfitta per chi vuole imporre la Sharia nella nostra città, per chi vuole fare politica contro le regole del nostro Paese e della nostra civiltà. Una grande vittoria, che farà storia, per chi sta dalla parte dei cittadini e del rispetto della Costituzione e dei suoi valori» questo il commento del consigliere comunale delegato alla legalità e alla lotta alla radicalizzazione, Anna Maria Cisint.

Foto d'archivio Il Goriziano

Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) la redazione de Il Goriziano è contattabile al +39 328 663 0311.

Articoli correlati
...
Occhiello

Notizia 1 sezione

...
Occhiello

Notizia 2 sezione

...
Occhiello

Notizia 3 sezione