IL GIALLO DI POGGIO
Il caso Mezzalira, l'autopsia sui resti umani trovati sarà decisiva
La comparazione della mandibola coinciderebbe con la dentatura dell’uomo scomparso nel 2019 ma la conferma definitiva arriverà dal Dna. Il 16 dicembre l’incarico ai periti nominati dal Gip.
Un nuovo progresso nelle indagini sul caso di Vito Mezzalira, il triestino di origini modenesi scomparso nell’estate del 2019 a 66 anni. La procura si prepara ora a un passaggio decisivo: l’autopsia sui resti umani emersi tra il 6 e il 7 novembre nel giardino della villetta di via Nuova, a Sdraussina, la casa che l’ex dipendente di Poste Italiane aveva scelto per trascorrere la pensione in tranquillità. L’udienza per il conferimento dell’incarico ai periti è stata fissata dalla Gip Caterina Caputo per il 16 dicembre alle 14.30, momento in cui verranno stabiliti tempi e modalità dell’esame autoptico.
Parallelamente, emerge un dettaglio che sembra avvicinare in modo significativo l’identificazione delle ossa rinvenute. La comparazione tra la mandibola recuperata e la dentatura di Mezzalira — documentata da lastre radiografiche effettuate nel 2019 — avrebbe dato esito coincidente. La conformazione dell’arcata dentale, per sua natura unica, rappresenta infatti un elemento molto forte dal punto di vista probatorio. Va ribadito che questo esame è un elemento sì indicativo e importante ma decisivo sarà il Dna.
Nonostante ciò, dagli uffici della Procura filtra il massimo riserbo: nessuna conferma ufficiale sul punto, in attesa degli accertamenti formali anche se il Gip ha accolto la richiesta della difesa: con questa formula sarà dunque il Giudice per le indagini preliminari a muoversi rispetto alle indagini preliminari della procura.
In vista dell’autopsia, la giudice Caputo nominerà come periti la medico legale Alessia Viero e l’anatomopatologa Debora Mazzarelli. La Procura, rappresentata dal pm Giulia Capella, si avvale già del professor Stefano D’Errico, direttore della Medicina legale dell’Università di Trieste, e del dottor Manuel Gianvalerio Belgrano, responsabile della Radiologia dell’Asugi.
Le difese dei tre indagati hanno invece scelto come consulenti il dottor Raffaele Barisani e il dottor Lorenzo Cociani. A rappresentare le parti ci sono gli avvocati Giovanni Di Lullo e Alberto Polacco per la compagna di Mezzalira, Mariuccia Orlando, e per il figlio di lei, Andrea Piscanec; mentre Moreno Redivo, fratellastro della donna, è assistito dagli avvocati Antonio Cattarini e Maria Pia Maier. L’udienza del 16 dicembre arriva dopo la riserva formulata dalle difese, che avevano contestato la procedura sull’accertamento tecnico non ripetibile disposto dal pm e chiesto un incidente probatorio. La Gip ha accolto la richiesta e fissato il nuovo passaggio istruttorio.
Nei confronti di Orlando, Redivo e Piscanec la Procura di Gorizia ipotizza i reati di concorso in omicidio volontario, concorso nella sottrazione di cadavere e truffa aggravata e continuata, quest’ultima legata al presunto incasso della pensione dell’uomo anche dopo la scomparsa. A sollevare per prima il velo sulla vicenda era stata la sorella di Vito, Domenica, residente a Mantova, che da tempo nutriva sospetti alimentati da comportamenti anomali e, soprattutto, dai prelievi di denaro che continuavano nonostante l’assenza di notizie del fratello.
La svolta è arrivata con la nuova ispezione eseguita quest’anno al civico 7 di via Nuova. A due anni dall’ultimo sopralluogo, gli inquirenti sono tornati nella proprietà dopo che alcune immagini satellitari avevano mostrato, sul retro della casa, un pozzo sigillato con il cemento. Gli scavi effettuati tra il 6 e il 7 novembre, con il supporto dei carabinieri del Nucleo investigativo, dei vigili del fuoco, dei Nos e del cane molecolare Klaus, hanno portato alla luce sacchi di plastica nascosti nel pozzo. Da quel momento le indagini hanno subito un’accelerazione decisiva.
Contattato dalla nostra redazione, l’avvocato Cattarini ci spiega che l’incidente probatorio permetterà di portarsi avanti rispetto al dibattimento “di rito” e di «fare contradditorio», quindi a ricavare qualsiasi elemento aggiuntivo da condurre direttamente dal giudice che nomina i suoi periti che conducono l’incidente probatorio.
Ci si trova difronte ad una fase direttamente giurisdizionale. Tutto questo avviene perciò a garanzia della terzietà di chi condurrà l’incidente probatorio che permetterà di “beneficiare” di una fase “garantita” e più diretta rispetto ad una precedente – seppur giuridicamente prevista – fase di indagini. Di terzietà del giudizio ci riferisce anche l’avvocato Di Lullo. Ciò significa che l’istituto richiesto dalle difese garantirà alle parti di poter intervenire e così «di uscire dal buio» e fare luce sui reperti rinvenuti e sulle problematiche effettivamente connesse alla causa del decesso
Foto di S.F.
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