L'ALBUM
Dall’insegnamento alla World Music School all'ultimo album pubblicato a luglio: il pianista Dimitri Candoni racconta la ‘sua’ musica

Venerdì 19 settembre alle 20.30 in Sala Luttazzi-Magazzino 26 a Trieste il Maestro suonerà insieme a Stee Jayjay e altri artisti. (Foto: Valeria D'Alberto).
Una carriera tutta in salita, quella del pianista Dimitri Candoni. Dopo il diploma e le specializzazioni come concertista e Maestro collaboratore vince numerosi premi in concorsi nazionali e internazionali. Oltre un centinaio i concerti tenuti in Italia e all’estero, ma il suo percorso interseca anche quello del regista Marcello Crea, per il quale collabora alla colonna sonora del film “Todo se puede”. Al 2019 risale invece la pubblicazione del cd “Italian Melody Travel” in collaborazione con l’associazione Hobbies University. Oggi Candoni è organista al duomo di Monfalcone, affiancando l’insegnamento del pianoforte alla World Music School alla composizione di brani. Fra questi, “La longue attente” e “Les pas fatigues” hanno ricevuto il plauso del Capo dello Stato al Quirinale, per poi confluire nel suo primo album “Trésors”, pubblicato quest’estate e disponibile su tutte le piattaforme digitali.
Dal diploma al Tartini di Trieste agli svariati festival, fino a contribuire alla colonna sonora per il film “Todo se puede” (2021) e poi arrangiare il primo concerto pianistico dedicato a “Star Wars”. A breve terrai il prossimo concerto con Stee Jayjay a Trieste. Dove trovi quest’infinita energia creativa?
Rispondo ricordando un concerto che tenni due anni fa al Teatro Comunale di Monfalcone. Si dice che il suo palco metta pressione, soprattutto agli artisti autoctoni. Finora ho sperimentato solo emozioni positive, che mi hanno ricordato come sia quello il mio posto, il mio ruolo e la mia vita. Il mondo dello spettacolo è complesso, ma sono convinto che sia necessario sviluppare fino in fondo la propria passione, curando repertori e scelte stilistiche a partire dal look e proponendo programmi innovativi di qualità. È il fine che dovrebbe perseguire il vero artista, in primis per servire al meglio la musica e tenere col fiato sospeso chi ascolta. L’entusiasmo del pubblico che con te si emoziona è la più dolce delle ricompense, che mi stimola a guardare avanti per realizzare sempre nuovi progetti.
Dopo “Italian melody travel” del 2019 la novità di quest’estate è l’album “Trésors”, uscito in luglio e disponibile su tutte le piattaforme digitali. Fra le tracce, “Apollon et Daphné”, “Berceuse”, Prelude”… Che genere musicale possiamo attenderci, e a quali maestri ti sei ispirato?
I primi 4 brani - scritti tra il 2007 e il 2008 - hanno un’impronta impressionista, in quanto risentono dell'influsso di Debussy e Ravel. I successivi scritti nel corso degli ultimi due anni si possono definire minimalisti, con un’atmosfera che si avvicina a quella di Yann Tiersen. Nel complesso i brani hanno un sapore vagamente francese. Il disco è stato recentemente presentato al prestigioso canale radio Opus 94 di IMER in Messico, l’equivalente della nostra RAI.
Il titolo del tuo ultimo album si può spiegare con quanto hai scritto sui social: «La musica è un tesoro che si svela a chi lo cerca con curiosità e passione». Ritieni che possa anche arricchire lo spirito e consentirci di guardare la realtà con obiettività maggiore?
Certamente, in tal senso la curiosità è fondamentale. È necessario avere lo spirito aperto a ciò che non conosciamo. La passività e l’ascolto distratto sono l’atteggiamento di chi dimostra superficialità e non sa cogliere le occasioni per divertirsi.
Trascorri spesso le tue vacanze a Grado: quanto l’Isola del Sole ti ha influenzato in questo percorso creativo?
Sulla diga di Grado ho avuto l'ispirazione per "Fontaines Lumineuses", un mio brano del 2008, presente in "Trésors" e ispirato al dialogo tra lo scroscio regolare delle fontane e lo sciabordio più irregolare e mutevole delle onde del mare. È una località molto rilassante.
Fra la spiritualità di Ludovico Einaudi e il romanticismo di Fryderyk Chopin, quale si avvicina di più alla tua espressività artistica?
A dire il vero Einaudi non l'ho mai eseguito e non rientra tra i miei autori preferiti; per contro, Chopin l'ho eseguito numerose volte anche durante concorsi ed esami. A torto viene considerato un autore delicato e rilassante, mentre ad affascinarmi è il suo temperamento focoso e ardente. Ma gli autori che sento a me più vicini sono Liszt e Ravel: l’uno per i virtuosismi e l'intensità delle sue composizioni, l’altro per il sapiente uso di timbri e armonie, unito a innovazione e desiderio di sbalordire.
Al momento sei docente di pianoforte al World Music School di Monfalcone: quanto ti ripaga insegnare con passione nella città in cui sei nato?
L’insegnamento mi riempie di entusiasmo, e il team di insegnanti e tecnici con cui collaboro è straordinario sia sul piano artistico che umano. Monfalcone è una città complessa in cui la musica tende a essere sottovalutata, richiede grande tenacia e competenza per metterne in risalto il valore. L’intento di noi docenti è accendere la scintilla dell'amore per la musica nei nuovi allievi, trasmettendo non solo la tecnica ma anche gioia ed emozione.
Come guardi al futuro della musica in Europa e oltreoceano? L’Italia offre possibilità di sviluppare il proprio talento?
Nell’epoca attuale la tecnologia digitale sta rivoluzionando il modo di fare musica. Dagli anni ’90 a oggi la rivoluzione digitale ha stravolto le fondamenta stesse del business musicale, così che distribuzione e vendita di supporti fonografici sono state sostituite da servizi in streaming. Sull’onda delle piattaforme chi fa musica abbraccia i social per interagire direttamente con i fan. E questo da un lato è un bene, in quanto si facilita la diffusione della propria musica evitando ostacoli, dall'altro offre all’ascoltatore un'infinità di proposte, compreso quelle di musica "spazzatura". Nel nostro Paese le opportunità per sviluppare il proprio talento non mancano; rare sono piuttosto le opportunità per valorizzarlo. Spesso le istituzioni sottovalutano l’ambito culturale e musicale, pur senza esserne consapevoli. Così che gli artisti faticano a trovare spazi e sostegni economici, per lo più a causa di scarsi investimenti e di un sistema di distribuzione di opportunità non sempre equo. Contribuendo purtroppo allo sfruttamento professionale e alla valorizzazione di pochi artisti emergenti.
Nell’era del rumore senza senso e del suono delle guerre c’è ancora spazio per una musica che accresca lo spirito?
Me lo auguro davvero, perché ha un potere immenso. Si dice che la musica insegni ad ascoltare e a guardare dentro se stessi. In realtà non si limita all’ascolto: la musica è un’energia vitale che accompagna, guarisce e ci connette con il resto del mondo.
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