LA QUESTIONE
Caso Malnišče: la Regione interviene sulla discarica di Savogna, ma l’emergenza rifiuti abbandonati in FVG resta irrisolta
Fondi pubblici per bonificare aree private e una decina di siti ancora contaminati, l’Osservatorio Civico denuncia decenni di illegalità ambientale ignorata dalla politica regionale. Visintini, «Milioni di soldi pubblici destinati ad aree private, è una beffa».
Dopo oltre 27 anni è stato siglato l'accordo Regione–Comune di Savogna d'Isonzo per la bonifica da oltre 5 milioni di euro della discarica di Malnišče, ma continua a persistere una decina di casi in Regione dove pare esista un illegalità ambientale diffusa in da oltre 30/40 anni e risultano ancora una decina di casi simili di abbandono. Attualmente sembra che si preveda una soluzione definitiva per la discarica di Malnišče, situata nel comune di Savogna d’Isonzo; il problema risale al 1997, anno in cui una società con sede a Napoli dichiarò improvvisamente il fallimento, lasciando una montagna di materiali di scarto, conosciuti come "fluff", a ridosso del vicino fiume Vipacco. L’attività principale della discarica era il recupero e la triturazione di componenti plastici provenienti da autovetture, ma si ipotizza che fossero trattati anche altri materiali che hanno reso tutto il materiale accumulato una potenziale fonte di contaminazione dell'ambiente circostante. Con il fallimento della ditta, tutto il materiale plastico è rimasto in loco, lasciando la situazione irrisolta per quasi tre decenni.
Una situazione simile era stata individuata poi a Gorizia, in via Aquileia, dove, a 200 metri in linea d’aria con l’ospedale, si trovava un altro deposito con tre arcate di capannoni e il piazzale esterno pieno a ridosso della ferrovia. «L’ho notato alla fine degli anni Novanta viaggiando in treno sulla tratta Cormons–Trieste. Qui erano stipati 10.300 metri cubi di materiali classificati pericolosi, per lo più resti di automobili con rifiuti sia dentro che fuori il capannone» queste le parole del referente dell'Osservatorio Civico contro le illegalità della Regione, Marino Visintini.
Una storia iniziata nella primavera del 1997, nella zona artigianale di Savogna, quando la Ecological Service di Rovigo iniziò a stoccare e trattare gli scarti riutilizzabili nella zona; dopo pochi mesi, l'azienda cessò l'attività di conferimento e iniziò l'abbandono. A luglio del 1998 è Legambiente del Friuli Venezia Giulia, a firma Marino Visintini, a inviare un esposto sulla situazione ai diversi enti e, nello stesso periodo, l'amministrazione locale chiede dei preventivi per la bonifica. Nel settembre del 2000, la cifra predisposta dalla Geodesia di Udine era pari a 18,5 milioni delle vecchie lire. Nei primi anni del 2000, con un sostegno dalla Regione, dopo innumerevoli richieste dell'amministrazione comunale di Savogna d'Isonzo, la superficie esterna è stata coperta con un telo con un’operazione costata 500 mila euro, su una previsione di spesa di oltre 4 milioni di euro per una bonifica e ripristino dell'area, non affrontabile dalle casse del Comune.
Solo a fine novembre di quest’anno viene deliberato dalla Regione un contributo complessivo di 5.050.000 euro, dei quali 150mila sono stati stanziati per la progettazione, 3 milioni e 200mila per la bonifica e smaltimento e i restanti 1 milione e 700mila euro per la riqualificazione complessiva del terreno interessato che «risulterebbe un'area privata. Dopo il danno, la beffa» prosegue Visintini. Utilizzare grandi cifre di soldi pubblici, che sono derivanti dalle tasse dei e sui cittadini, per progettare, bonificare e riqualificare un'area privata – segnalando una decina di casi simili durante gli anni 2000, dove capannoni riempiti di rifiuti pericolosi a Manzano, a Pradamano, Pavia di Udine, Mossa, Aiello, in tempi recenti a Remanzacco, di nuovo nella zona industriale di Manzano e altri. «È una presa in giro – tuona Marino Visintini – e conferma ancora quello che stiamo dicendo e denunciando da alcuni anni: tra ostacoli, isolamenti e intimidazioni, come Osservatorio Civico contro le illegalità del Friuli Venezia Giulia, esiste un illegalità ambientale diffusa in Friuli da 30/40 anni». Il referente conclude spiegando che solo tramite una maggiore consapevolezza e mobilitazione dei cittadini si possono far emergere e sostenere le battaglie per tutelare l'ambiente e la salute pubblica.
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