La situazione nel Cpr di Gradisca infiamma gli oppositori, flash mob per la sua chiusura

La situazione nel Cpr di Gradisca infiamma gli oppositori, flash mob per la sua chiusura

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La situazione nel Cpr di Gradisca infiamma gli oppositori, flash mob per la sua chiusura

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 24 Apr 2021
Copertina per La situazione nel Cpr di Gradisca infiamma gli oppositori, flash mob per la sua chiusura

Nuova protesta in piazza organizzata dall'asseblea No-Cpr. Le accuse alle istituzioni e alle forze dell'ordine per la situazione.

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Sono scesi in piazza per protestare e chiedere nuovamente la chiusura del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr), aperto a Gradisca d’Isonzo il 17 dicembre 2019. L’assemblea No-Cpr-no-frontiere si è data appuntamento nel cuore della Fortezza contro le violenze che, denunciano, avverrebbero all’interno della struttura nei confronti dei migranti ospitati. Sia fisiche che psicologiche e anche alimentari, portando la testimonianza di alcune persone che vivono al suo interno. Il dito è stato puntato contro le forze dell’ordine, che secondo il collettivo eserciterebbe pressioni costantemente contro le richieste dei migranti. Una situazione che ha portato alla morte di due persone nel giro di sette mesi, attaccano. Presenti una cinquantina di persone.

Si tratta di Vakhtang Enukidze e Orgest Turia, l’ultimo scomparso a causa di una overdose di farmaci. Sul primo, invece, ci sono dei dubbi: “Noi abbiamo subito creduto e diffuso quella dei suoi compagni di prigionia - hanno spiegato in piazza Unità d’Italia - che, in cambio della loro testimonianza, hanno ricevuto dallo Stato italiano un decreto di espulsione e sono stati immediatamente deportati nei Paesi di provenienza”. Una situazione che non si è spenta nemmeno con l’arrivo della pandemia, anzi, sottolineano, mentre nella primavera 2020 “le deportazioni si erano fermate, i Cpr non hanno mai chiuso: nemmeno il rischio di un collasso sanitario e di una strage di essere umani intrappolati hanno potuto incrinarne l’esistenza”.

L’assemblea ha quindi attaccato le istituzioni, da quelle nazionali a quelle locali: “La sindaca Linda Tomasinsig, durante la pandemia, si è più preoccupata di assicurare alla sua cittadinanza che i migranti restassero dentro la struttura che alla loro reale condizione”. Sul banco degli imputati, poi, anche il “sistema globale neoliberista che prevede lo sfruttamento di molte aree della terra e di popolazione per il benessere di alcune specifiche aree, popolazioni e classi sociali. A causa di questo sistema, molte persone sono costrette a spostarsi contro la loro volontà; altre sono costrette a fuggire dalle bombe e dalla repressione; altre scelgono di muoversi per altre ragioni”. Da qui, la volontà di raccogliere gli appelli lanciati da queste persone.

Un lavoro analogo fatto dall’associazione Linea d’Ombra di Trieste, finita recentemente nel mirino della magistratura per indagini sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il collettivo ha espresso vicinanza a questa situazione e un esponente del sodalizio ha preso la parola, ringraziando per il supporto ricevuto dalla società civile in questi mesi. Solidarietà che accumuna le manifestazioni svoltesi contemporaneamente anche in altre città italiane, che trovano sedi altri Cpr. Evidenziato, poi, che “dopo oltre due mesi, il confinamento sociale ha trasformato de facto il Centro di accoglienza Cara in un altro Cpr, o campo d’internamento”. L’appello lanciato è quello di un’immediata chiusura, anche per far luce sulla gestione dell’attuale cooperativa.

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