la cerimonia
«Riconoscere il dolore altrui», Gorizia ricorda le foibe e chi fuggì da Tito

Consegnati i riconoscimenti in Prefettura, Lega nazionale: «Via la scritta Tito sul Sabotino».
“Non ci può essere una memoria condivisa”. Le parole del sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, sono perentorie e ferme, nell’angolo di largo Martiri delle foibe. Questa sera, come ogni 10 febbraio, in molti hanno ricordato il Giorno della memoria, momento particolarmente sentito per la storia della città e per la nutrita comunità di esuli stanziatasi qui dopo la Seconda guerra mondiale. “Tutt’altra cosa - ha rimarcato il primo cittadino - è riconoscere il dolore altrui”, puntando così più a un futuro in comune che a un passato.
Quello ormai è già scritto, mentre sul domani c’è la grande sfida della Capitale europea della cultura 2025. Un’occasione per la quale "vogliamo essere capaci di fare quanto è stato già avviato da altri - così il primo cittadino - riconoscendo i torti che gli altri hanno subito”. In questo quadro, però, Ziberna guarda con preoccupazione la lettura che si ha di quei fatti: “Molti sono ancora convinti che quelle vicende siano state una conseguenza normale di ciò che la popolazione di quelle zone aveva subito, ma i fatti sono avvenuti alla fine della guerra”.
Il vero responsabile di quelle morti, ha quindi aggiunto il presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, “è stata la violenza dell’ideologia criminale. Non si è trattato di uno scontro tra popoli o tra uomini. Essere qui oggi è un imperativo categorico”. Posizione condivisa dall’assessore regionale Sebastiano Callari, che ha puntato il dito contro “chi dice che tutto questo è revan-fascismo, ma noi vogliamo la verità. Ossia che quelle persone sono morte perché erano italiane, uccise perché si voleva uccidere l’italianità di quelle terre”.
“Dove sono quei morti, si trova un pezzo della nostra Italia”. Parole aspre scagliate soprattutto verso chi rilegge al ribasso il numero delle vittime, se non addirittura nega quel capitolo. Dal canto suo, la presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Maria Grazia Ziberna, ha ricordato anche le violenze subite da sloveni e croati durante l’occupazione italiana dei Balcani, nonché il ruolo avuto dalla resistenza dei partigiani contro il nazifascismo. Così come, ricordando le parole di Mattarella, “non è giusto che si nascondano i loro crimini”.
Il presidente della Lega nazionale, Luca Urizio, ha rinnovato la richiesta di cancellare la scritta Tito dal Sabotino. “Ipocrisia” è stato il termine più usato nell’intervento, rivolto anche al monumento per i partigiani del Tigr a Basovizza e al convegno organizzato dall’Anpi a Gorizia. L’obiettivo, ha rivendicato, è quello di erigere un monumento nuovo in cui denunciare le colpe del comunismo titino, ma il lavoro per il nuovo lapidario già annunciato è ancora lungo: serviranno infatti 38mila euro per realizzare il tutto, dopo i vincoli posti dalla Sovrintendenza.
Da qui, la richiesta di continuare con la raccolta fondi, al momento ferma a 14mila euro. Già all'inizio del suo intervento, il sindaco ha anche ringraziato il Quirinale per aver citato nuovamente Gorizia come esempio. Nel corso della mattinata, Il prefetto di Gorizia Raffaele Ricciardi ha consegnato due speciali riconoscimenti ai congiunti di altrettante vittime delle foibe, Umberto Abate (conferito al figlio Aldo) e Nicola Antonacci (al nipote Pierpaolo Pettini). Entrambi vennero deportati dalle forze jugoslave durante i 40 giorni di Tito, uno venendo prelevato direttamente a casa a Lucinico e l’altro in caserma.
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