la celebrazione
Gorizia ricorda la sua comunità ebraica, «lottiamo contro l'antisemitismo»

Oggi la commemorazione del Comune con gli Amici di Israele e la Regione, domani la mozione sull'anti-semitismo in Consiglio comunale.
Il Giorno della Memoria, oggi, non può più essere solamente la commemorazione di quanto accaduto. Il Giorno della Memoria anche a Gorizia deve essere l’occasione per riflettere su quanto sta accadendo e, in questo senso, ha ancora più ragione Liliana Segre quando dice che il ricordo di quanto successo la accompagna ogni giorno: come dovrebbe essere per ciascuno di noi. Questo il messaggio sotteso agli interventi delle autorità presenti alla commemorazione di questa mattina nel piazzale Martiri della Libertà, dove è stata deposta una corona sulla lapide che ricorda le vittime della Shoah.
Rimandata di ventiquattr’ore per rispetto al sabato ebraico, la cerimonia non poteva ignorare quanto sta accadendo nel mondo, con le tensioni date dall’opportunità di celebrare questa giornata e le manifestazioni annunciate in diverse città, la recrudescenza degli episodi di antisemitismo (con un aumento che in Italia ha superato il 200%, mentre negli Stati Uniti è giunto addirittura al 400%) e la guerra nella Striscia di Gaza che, punto di partenza di questa situazione delicata, ha portato ad associare le stragi attuali al genocidio conclusosi il 27 gennaio del 1943 con l’apertura dei cancelli di Auschwitz.
«Gorizia ha pagato un altissimo tributo con la deportazione di 70 persone fra cui un bimbo di appena tre mesi, un fatto che fa letteralmente accapponare la pelle. Per questo motivo martedì sarò a Ferrara per presenziare alla cerimonia di intitolazione di una scuola primaria proprio al piccolo Bruno Farber mentre domani nell’ordine del giorno del Consiglio Comunale è presente un’articolata mozione contro l’antisemitismo sottoscritta da tutti i gruppi di maggioranza e dalla Slovenska Skupnost». Così il sindaco Ziberna dopo il minuto di silenzio osservato davanti al monumento che fronteggia la Stazione Centrale, alla presenza del Questore e dei rappresentanti di tutte le forze armate e associazioni di combattenti .
Sull’importanza di questo momento commemorativo è tornato brevemente il consigliere regionale Antonio Calligaris che è poi passato a delle riflessioni sull’attualità:« Ricordare la Shoah è giusto anche per ribadire che non si può dire o fare ciò che si vuole in giornate come questa: non bisogna permettere di giocare con le parole e un genocidio è un genocidio, come quelli vissuti dal popolo ebraico e armeno».
«C’è grande commozione nel ricordare il 27 gennaio e, il prossimo anno, le celebrazioni cadranno nel momento in cui la città sarà vestita a festa per la Capitale europea: sarà un’occasione per dimostrare che qui c’è una cultura unica e non bisogna cadere nella trappola dell’omologazione di ciò che sta accedendo adesso con quanto successo durante la Shoah. Anche in queste terre qualcuno ha cercato di attuare una pulizia etnica e, nel caso dei nazisti, si è trattato di una volontà scientifica di annullamento di un popolo, qualcosa che non ha avuto eguali nella storia e che speriamo di non vedersi ripetere» ha dichiarato l’assessore regionale Sebastiano Callari.
Contrappuntato da una lucida competenza capace di destare commozione l’intervento di Lorenzo Drascek, presidente dell’associazione Amici di Israele che ha voluto innanzitutto ringraziare Livia Rosenbaum per averlo sostenuto nel suo incarico e averlo spronato a intervenire il occasione delle passate celebrazioni del 27 gennaio. Anche per lui impossibile prescindere da quanto sta accadendo in questo periodo a Gaza: «Ciò che è successo il 7 ottobre è inaudito: il giorno dopo ero a Trieste in Comunità e ho visto il terrore negli occhi delle persone».
«Le aggressioni, le uccisioni, gli stupri di cui si è avuta notizia hanno richiamato eventi che tutti, nella comunità ebraica, hanno conosciuto nelle loro famiglie e adesso c’è la paura che possa accadere qualcosa semplicemente camminando per strada: non si è più liberi di indossare la kippah, la stella di David o altri segni di riconoscimento per timore di aggressioni. Noi europei – ha proseguito Drascek – siamo quelli dell’Umanesimo, dell’Illuminismo ma il Novecento ci ha consegnato dei grandi buchi neri: la Prima Guerra Mondiale e la Shoah, un evento unico e irripetibile. Non devono esserci mistificazioni al riguardo: lo stato nazista aveva messo in piedi una programmazione sistematica e tutto l’apparato statale del Reich era volto a selezionare, cercare, stanare, mettere sui treni e portare nelle zone di sterminio».
Viste le tensioni del momento le comunità ebraiche si sono interrogate sull’opportunità di celebrare questa giornata e se adesso l’antisemitismo è cresciuto in modo esponenziale è essenziale chiedersi se la società abbia sbagliato qualcosa. Prosegue Drascek: «Come cittadini e istituzioni pubbliche non dobbiamo lasciar passare quelli atteggiamenti che possono iniziare il meccanismo dello sterminio che, gli storici ci insegnano, ha portato a scollegare la comunità ebraica dalla società tedesca: il primo “diverso” che è stato eliminato dalla società è stato chi ha avuto una parola contraria alla dittatura, quindi i giornalisti, attori, pittori, poeti, tutta la galassia intellettuale».
«Poi si è passati a chi ha un colore di pelle diversa come i rom, i sinti, gli zingari e dopo ancora a chi era inutile allo Stato come i disabili, i pazienti psichiatrici. Tutto questo è stato agevolato dalle leggi e anche in Italia abbiamo avuto le leggi razziali che hanno contribuito a creare le liste da cui lo sterminio anche della comunità goriziana. Un secondo compito – prosegue il presidente degli Amici di Israele - è quello delle comunità stesse che hanno fra i loro cardini la parola “zachor”, il dovere di ricordare. Il popolo ebraico è il popolo del libro, che duemila anni fa ha deciso di scrivere la propria storia nella Bibbia con tutti gli eventi più importanti, fausti e infausti perché queste date segnano la memoria di una persona».
«Sono date che racchiudono radici, insegnamenti, modalità di comportamento delle persone all’interno della società mentre ad Aushwitz chi entrava non era più una persona, ma un numero, un pezzo che si poteva cambiare quando si rompeva nella macchina del lavoro. Questo insegnamento deve essere vissuto ogni giorno: dal passato dobbiamo sapere come comportarci nel presente ma dobbiamo anche porlo in prospettiva nel futuro, con il rispetto della persona, della società e degli altri».
Rimani sempre aggiornato sulle ultime notizie dal Territorio, iscriviti al nostro canale Telegram e Whatsapp, seguici su Facebook o su Instagram! Per segnalazioni (anche Whatsapp e Telegram) la redazione de Il Goriziano è contattabile al +39 328 663 0311.

Occhiello
Notizia 1 sezione

Occhiello
Notizia 2 sezione
