Agenti feriti in piazza a Monfalcone, sindacato carabinieri chiede misure

Agenti feriti in piazza a Monfalcone, sindacato carabinieri chiede misure

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Agenti feriti in piazza a Monfalcone, sindacato carabinieri chiede misure

Di Redazione • Pubblicato il 11 Feb 2022
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Il sindacato dell'Arma denuncia «la mancanza cronica del personale», dopo i fatti in piazza.

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Continuano a far discutere i fatti accaduti tra domenica e lunedì a Monfalcone, con l'aggressione a due poliziotti e un carabiniere dopo aver cercato di fermare un ragazzo straniero. I tre agenti sono stati portati in Pronto soccorso e sulla vicenda è tornato il Sindacato italiano carabinieri (Sim), che punta il dito verso i numeri delle forze dell'ordine in zona, " pari a quella di un piccolo comune della provincia (a volte è presente una sola pattuglia per turno)" commenta la sigla in una nota.

Esprimendo la propria solidarietà verso i colleghi coinvolti nella vicenda, il Sim sottolinea che "parlare di tutela della salute e della sicurezza del carabiniere e dell’operatore di polizia, ad oltranza, potrebbe significare il sacrificio degli stessi interessi in capo al cittadino, con la vanificazione dei primari compiti cui è chiamata la forza pubblica. Il problema non è nuovo e può risolversi con le soluzioni già adottate dagli studiosi del diritto penale a proposito dell’applicabilità dell’esimente dello stato di necessità a coloro che sono giuridicamente tenuti ad esporsi al pericolo".

"L’estremo sacrificio o l’atto di eroismo non è richiesto a nessuno - prosegue la nota -, né tantomeno preteso dal carabiniere o dal poliziotto che sacrifichi il suo diritto all’integrità fisica o alla sua salute. A nostro parere, il dovere giuridico di esporsi al pericolo, trova il suo limite nella sicurezza che sa offrire l’applicazione puntuale delle specifiche tecniche operative che dovrebbero costituire il bagaglio professionale dell’operatore stesso. Se le tecniche operative hanno dimostrato che adottando una certa serie di accorgimenti è possibile aspirare con fiducia alla longevità, ebbene quello è il rischio cui è tenuto ad esporsi il carabiniere o il poliziotto".

Il sindacato definisce quindi "anacronistico ciò che è stato enunciato con le parole 'è dovere d’ogni militare (in guerra) di sforzare non meno l’anima che il corpo a fare l’estremo di ogni suo potere nel sopportare, con invincibile costanza, fame e sete, intemperie e fatiche, non avendo altro pensiero che l’adempimento del dovere. Nel combattimento non recede mai dal suo posto, salvo gli venga espressamente ordinato…anima con l’esempio i compagni e se graduato gli inferiori, mostrandosi primo ove il pericolo è maggiore…affronta intrepidamente ogni pericolo di ferita o di morte, persuaso che, di quante belle e gloriose azioni può onorarsi l’umana natura, niuna uguaglia il morire per la patria'"-

"Immolarsi - così i carabinieri - non è oggi preteso da nessuno e, salvo casi eccezionali, crediamo che nell’economia del sistema non sia neppure utile". Da qui l'appello allo Stato sul fatto che "la mancanza cronica del personale, l’invecchiamento dello stesso e la troppa burocrazia negli uffici, l’insufficiente coordinamento e la collaborazione tra le forze di polizia e la magistratura, l’individuazione di tecniche operative condivise, fanno venir meno la primaria necessità del cittadino, ovvero la sicurezza percepita. Eventi come quello accaduto lunedì sera danno la percezione di una mancanza di controllo e perdita di autorevolezza da parte delle forze dell’ordine".

Foto di archivio

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