«Monfalcone caso nazionale, serve integrazione e insegnare l'italiano»

«Monfalcone caso nazionale, serve integrazione e insegnare l'italiano»

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«Monfalcone caso nazionale, serve integrazione e insegnare l'italiano»

Di Salvatore Ferrara • Pubblicato il 27 Gen 2023
Copertina per «Monfalcone caso nazionale, serve integrazione e insegnare l'italiano»

Il commento del blogger Marco Barone, occhi puntati sulla dispersione scolastica e integrazione.

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Le questioni migratorie che coinvolgono Monfalcone o il territorio circostante più esteso fanno sempre notizia. Si va per esempio dalla trattazione di notizie sull'aumento del flusso di stranieri all'attribuzione della responsabilità di questo fenomeno, da destra a sinistra e viceversa. Si parla poi del rapporto che c'è o dovrebbe esserci tra sicurezza e processi integrativi. Abbiamo sentito parlare di accoglienza diffusa e di responsabilità sociale d'impresa. Infine, più o meno tutti auspichiamo che la città si trasformi da "caso" a "modello" nazionale per il resto del Paese.

Su tutti questi punti - utili a fare una premessa per raccontare alcune altre peculiarità della vita sociale locale - è intervenuto il blogger Marco Barone offrendoci una sua riflessione su scuola, società e lavoro. "Che Monfalcone sia un caso nazionale è oramai ben consolidato - scrive - perchè il 30% della popolazione residente è di nazionalità straniera, e parliamo di una città che corre verso i 30mila abitanti, in controtendenza rispetto ai comuni medio grandi del Fvg, che registrano invece un calo della popolazione. In questi ultimi anni vi è stato un chiaro e netto incremento dei cittadini stranieri".

Il blogger rimarca che "il sistema Fincantieri funziona così, se vuole essere competitivo nel mercato globale deve attingere manodopera da certe aree, di norma quelle più svantaggiate, dal Sud Italia si è passati al Bangladesh, e ne arriveranno delle altre, e se Fincantieri chiude baracca, nel monfalconese sarà il deserto totale". La questione sembra quindi "un cane che si morde la coda". E Barone continua: "Non è a Monfalcone che si decidono le sorti dei cantieri navali, e questo oramai è evidente. Da Fincantieri si possono ottenere solo delle compensazioni".

"Se non ci fossero i cittadini di nazionalità straniera, in un territorio che comunque è stato sempre composito e votato al pluralismo, fin dai tempi dell'Impero austroungarico, visto il tracollo delle nascite e calo demografico della nostra regione, destinata a scendere sotto un milione di abitanti nei prossimi decenni, si perderebbero una quantità importate di posti di lavoro, a partire dalla scuola. Chiuderebbero scuole e si ridurrebbero servizi". Per il blogger c'è quindi un problema di fondo ed è quello di cercare di avviare percorsi di integrazione e di insegnamento dell'italiano fin dalla scuola dell'infanzia.

Nello stesso tempo - cosa su cui non si sente mai affrontare alcuna riflessione a livello politico, mentre nelle scuole è ben noto - vi è un problema di dispersione scolastica importante che interesserebbe proprio la popolazione studentesca di nazionalità straniera. "Una questione che è generalmente tipica in Italia - dice ancora l'autore dell'intervento - e come hanno evidenziato diversi studi ministeriali, il fenomeno della dispersione scolastica colpisce maggiormente i cittadini stranieri rispetto a quelli italiani, sia nella scuola secondaria di primo grado, sia nel passaggio tra cicli scolastici e nella scuola secondaria di secondo grado".

In Friuli Venezia Giulia il tasso di abbandono scolastico nel 2021 si è attestato all’8,6%. Un dato inferiore alla media nazionale e già in linea con l’obiettivo europeo di scendere sotto il 9% a livello continentale entro il 2030. "Come è emerso però dai recenti studi, in regione restano comunque ampi i divari educativi sugli apprendimenti in classe ed a Monfalcone vi sarebbe, in base al censimento del 2011, l'uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione pari al 17,4%, dati ben sopra la media nazionale e regionale" sottolinea ancora Barone.

La scuola sembra faccia l'impossibile con le risorse e i mezzi a disposizione per favorire l'integrazione, ma "serve una prospettiva di visione diversa, una sinergia nazionale e non solo comunale, ed una misura di intervento straordinario per questo territorio" . Per il blogger quindi, se Monfalcone ha perso l’occasione di diventare "un modello a livello politico", sarà importante guardare, invece, verso quelli che in Italia ci sono e funzionano. A Prato ad esempio esistono pratiche laboratoriali, insegnamento della lingua italiana e straniera di riferimento, pratiche di mediazione culturale istituzionali, con il Comune come organo propositivo e non solo delegante verso le scuole, si è riusciti a creare ponti e non muri.

"Quando si parla di integrazione, di accoglienza, di inserimento non significa affermare solo la nostra cultura, la nostra lingua, o imporre divieti, ma valorizzare anche le lingue, e le culture di provenienza favorendo l’affermazione della propria identità culturale, affinché si possa lo studente sentire non più come ospite, ma cittadino monfalconese secondo il principio di reciprocità" così Barone in chiusura. Un principio cardine che andrebbe rispolverato per essere assaporato in più ambiti della società che fin'ora l'hanno ritenuto qualcosa di opzionale.

Foto Daniele Tibaldi

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