la storia
L'inferno di Haiti visto da Gorizia, Nicole e gli sforzi per dare un futuro ai bambini
Dopo il sisma in agosto, la situazione è ulteriormente peggiorata. L'impegno per aiutare la popolazione martoriata.
È il 14 agosto quando un terremoto di magnitudo 7.2 colpisce Haiti. In un attimo, migliaia di case vengono spazzate via, infliggendo un nuovo doloroso colpo a una popolazione già in ginocchio. La notizia, però, trova poco spazio sui media, anche perché contemporaneamente gli occhi del mondo sono tutti puntati su quanto sta accadendo in Afghanistan. Da Gorizia, invece, quelli di Nicole Primozic sono ben fissi su quanto sta accadendo sull’isola, che lei ha conosciuto bene nella sua infanzia. Lì infatti è nata 42 anni fa, prima di trasferirsi in Italia.
La sua è la storia di una persona che è riuscita a sfuggire a quell’inferno senza fine, un Eden nei Caraibi che cela disgrazie e miseria. Grazie all’operato delle suore missionarie, infatti, Nicole venne adottata da una famiglia di Savogna d’Isonzo quando aveva 9 anni, rimanendo comunque legata a quell’angolo di mondo. Oggi, il suo impegno per aiutare la popolazione locale è portato avanti con l’associazione Pane condiviso, di cui è membro, il cui scopo è togliere i bambini dalla strada, destino che condanna tantissimi a una vita di stenti e vessazioni.
“Haiti è sempre stata abbandonata - spiega la donna - aldilà degli aiuti arrivati in occasione delle tragedie passate, come il terremoto del 2010. Perché non si riesce a far uscire la popolazione da questa situazione? Manca lavoro e sanità”. Proprio undici anni fa, l’isola fu oggetto di quello che è stato classificato come uno dei sismi più devastanti della storia umana, venendo poi seguito nel 2016 dalla forza distruttrice dell’uragano Matthew. La furia della natura non ha fatto altro che acuire un abisso già presente nella società locale, tra poveri e ricchi.
“Laggiù non esiste una classe media - sottolinea - ma si passa dall’estremamente povero all’estremamente ricco. C’è la dittatura più cruda”. Dopo l’era di François Duvalier, dal 1957 al ’71, il potere passò al figlio "Baby Doc” fino al 1986, quando venne deposto. A luglio, il presidente Jovenel Moïse è stato assassinato, contribuendo ad aggravare l’instabilità. Nel frattempo, nella capitale Port-au-Prince e negli altri centri abitati, la vita dei singoli rimane sempre più attacca a un filo, vedendosi case ed edifici rasati al suolo dalla furia della terra.
Molte di queste strutture erano già di loro fatiscenti, spesso costituite da qualche mattone e legno montati su per permettere un minimo di riparo. Ora, per milioni di abitanti - ce ne sono oltre 10 milioni nel Paese - non c’è più nemmeno quello. L’impegno delle realtà associative non si ferma, quindi, e la stessa Nicole è in prima fila: “Vogliamo costruire una casa per accogliere le ragazze anche dopo la fine della scuola, perché altrimenti rischiano di finire sulla strada. Qui sono destinate a diventare schiave e prostituirsi, scomparendo nel nulla”.
La donna ha raccontato il suo legame con lo Stato caraibico nel libro “L’inferno ti fortifica” e la storia non è finita qui. Appena pochi giorni fa, infatti, grazie a internet è riuscita a rintracciare una sua sorella, rimasta laggiù e che non vede da quando era piccola. Un’emozione grandissima che lei stessa racconta piena di euforia, anche perché l’impresa sembrava impossibile, visto che tantissimi non sono nemmeno registrati nei registri pubblici. Ora, invece, Nicole ha ritrovato parte del suo passato, impegnata a offrire un nuovo futuro a molti altri bambini.
Foto UNICEF Haiti
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