Gorizia al centro delle tratte dei reati ambientali, Legambiente rivela i dati sulle ecomafie

Gorizia al centro delle tratte dei reati ambientali, Legambiente rivela i dati sulle ecomafie

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Gorizia al centro delle tratte dei reati ambientali, Legambiente rivela i dati sulle ecomafie

Di Redazione • Pubblicato il 18 Feb 2021
Copertina per Gorizia al centro delle tratte dei reati ambientali, Legambiente rivela i dati sulle ecomafie

Il report 2020 fa luce sull'incremento di ecoreati anche a Nordest. Il caso del deposito scoperto a Mossa.

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Il “virus” dell’ecomafia non si arresta né conosce crisi. Come illustrato nel rapporto Ecomafia 2020 di Legambiente, presentato ieri, nel 2019 sono aumentati i reati contro l’ambiente: sono ben 34.648 quelli accertati, alla media di 4 ogni ora, con un incremento del +23.1% rispetto al 2018. In particolare preoccupa il boom degli illeciti nel ciclo del cemento, con ben 11.484 (+74,6% rispetto al 2018), che superano nel 2019 quelli contestati nel ciclo di rifiuti che ammontano a 9.527 (+10,9% rispetto al 2018). Impennata anche dei reati contro la fauna, 8.088, (+10,9% rispetto al 2018) e quelli sugli incendi boschivi con 3.916 illeciti (+92,5% rispetto al 2018).

In Friuli Venezia Giulia, con 544 reati accertati dalle forze dell’ordine e dalle capitanerie di porto, si è toccato il punto più alto degli ultimi tre anni. Sempre nel 2019 sono state 345 le persone denunciate, 203 i sequestri effettuati, 8 le ordinanze di custodia cautelare eseguite, di cui quattro per reati relativi al ciclo illegale di rifiuti. Proprio i reati contro la fauna sono quelli che fanno registrare i numeri più significativi, con 234 illeciti accertati, 164 persone denunciate, 127 sequestri e 4 arresti. Da ricordare gli sviluppi tra Gorizia e Trieste dell’indagine “Lord of the rings”, partita dall’Umbria e condotta dalla Sezione operativa antibracconaggio dell’Arma.

Da segnalare, poi, il vero e proprio balzo in avanti degli illeciti riscontrati nel ciclo del cemento: ben 154, più che raddoppiati rispetto ai 75 accertati nel 2018. Complessivamente, nel triennio 2017-2019 i reati contro l’ambiente accertati in questa regione sono stati 1.488, con 1.162 persone denunciate, 544 sequestri e 8 arresti. Valutando nello stesso arco di tempo l’incidenza dei reati ambientali commessi per chilometro quadrato, il Friuli Venezia Giulia con 0,18 illeciti non è molto distante dalla Lombardia, dove si registrano 0,2 reati contro l’ambiente ogni kmq e supera, anche se di poco, il Veneto dove l’incidenza dei reati ambientali è di 0,17.

Un capitolo a parte merita il ciclo illegale di rifiuti (116 reati, 83 persone denunciate, 4 arresti e 46 sequestri), da monitorare con particolare attenzione, sia per il “riaccendersi” di rotte balcaniche nei traffici illeciti. Da segnalare, per la sua importanza, l’inchiesta messa a segno a fine maggio 2020 dai carabinieri del nucleo investigativo del Comando provinciale di Gorizia, da personale del Ros e del Gico della guardia di finanza di Trieste, nonché dallo Scico di Roma su un triangolo criminale con tre vertici (Gorizia, Belluno e Napoli) e diramazioni fin oltre il confine con la Slovenia. Tutto è nato dalla scoperta di un capannone stipato all’inverosimile di rifiuti a Mossa.

Era un nodo criminale strategico perfetto per passare agevolmente il confine, quindi far perdere facilmente le tracce. Secondo l’accusa della Direzione distrettuale antimafia di Trieste, i sei soggetti a capo dell’organizzazione criminale avrebbero smaltito illecitamente circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali, costituiti da “balle reggiate” (di un metro cubo l’una) di rifiuti plastici provenienti da un impianto di recupero di una società della zona di Belluno e da un’area dismessa che si trova a Borovnica, in Slovenia. Il materiale era stato abbandonato in un capannone industriale a Mossa (nella foto), di proprietà di due società con sede a Napoli e Gorizia.

Era stato poi adattato un varco d’accesso laterale per lasciare scaricare i camion – che erano stati messi a disposizione da ditte di trasporto slovene – in modo da evitare di essere visti durante le operazioni illecite. Gli investigatori hanno dovuto utilizzare un drone per monitorare gli scarichi di rifiuti (che avvenivano soprattutto di notte e alle prime ore dell’alba) e poter seguire i percorsi degli automezzi dal momento in cui entravano in Italia fino al capannone-discarica. Il sospetto degli inquirenti è che il capannone sequestrato sia solo uno dei tanti a disposizione dei trafficanti.

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