Il dio bambino di Gaber nel corpo di Fabio Troiano, «la vita ti fa crescere»

Il dio bambino nel corpo di Fabio Troiano, «la vita ti fa crescere»

a monfalcone

Il dio bambino nel corpo di Fabio Troiano, «la vita ti fa crescere»

Di Timothy Dissegna • Pubblicato il 23 Mar 2023
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Ieri sera il monologo di Gaber e Luporini ha fatto tappa al Teatro comunale, viaggio nell'amore e in ciò che attra le persone.

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Si parte da un “non luogo”, una stanza dove la festa appena finita ha lasciato tutto a soqquadro. Bottiglie e sedie sparse segnano la geografia degli umori della serata, che anziché segnare una conclusione rappresenta l’inizio di una storia. Sullo sfondo, le musiche e le parole di Giorgio Gaber. Ieri sera, “Il dio bambino” ha fatto tappa al Teatro comunale di Monfalcone, raccontando una storia d’amore come tante ma proprio per questo speciale e personale, letta dagli occhi di un uomo dominato da un sé irrequieto.

A dare corpo e anima al tutto è Fabio Troiano, diretto da Giorgio Gallione, riprendendo l’opera scritta nel 1993 dallo stesso Gaber e Sandro Luporini. Un lungo monologo che inizia dall’eccitazione di un incontro, proprio a una festa, tra il protagonista e colei che sarà la donna della sua vita: Cristiana. Nome tanto simbolico quanto paradossale, in un rimbalzarsi di ruoli tra l’innamoramento perso ma non corrisposto all’infedeltà violenta e spasmodica, come per dimostrarsi qualcosa che è sfuggito dalla propria vita.

Una mappa dell’essere umano che ben si sposa con il Festival Geografie che proprio ieri ha riaperto i battenti in città. “Questo non luogo potrebbe essere ovunque - ha spiegato Troiano prima dello spettacolo nella nostra intervista - e quello che racconta Gaber è il sentimento che si prova per l’altra persona, una scintilla improvvisa che diventa amore, passione ma anche fatica e un qualcosa che ti strugge dentro. Una relazione che chiunque di noi può vivere o si può riconoscere, completamente o in parte in quello che è lo spettacolo”.

Attorno alla vicende del protagonista, che alterna le sue crisi con momenti di sana ironia tipiche dello stile gaberiano, ci sono le note proprio del cantautore milanese. “La sua genialità e di Sandro Luporini è di scrivere e trattare temi universali. L’amore è uno di questi, c’è stato e ci sarà sempre. Le relazioni tra persone ci saranno sempre, così come la passione che spinge una persona verso l’altra. È stato un tema centrale in Gaber”. Uomini però che fanno quasi a botte con un bambino dentro che rimane sempre vigile, quasi giudice.

L’immagine infantile ritorna spesso sul palco, sia come figura dispregiativa - come quando Cristiana definisce il suo vecchio compagno “un bambino, non un uomo” - sia come epifania della vita al termine dell’opera. “È la voglia di non crescere e non credere veramente a che cosa la vita ti pone davanti. Però, a un certo punto, la bellezza della vita è che ti fa superare questa cosa automaticamente, anche se tu non vuoi. Ti mette davanti delle situazioni per cui quel bambino che c’è in te improvvisamente cresce e diventa adulto”.

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